Dopo 37 anni Garzilli
'licenziato' dal Mattino

IL COSTRUTTORE, editore e tanto altro Francesco Gaetano Caltagirone è un democratico vero: se deve liquidare qualcuno non fa differenze tra uscieri e direttori. Al Mattino ha cominciato con l’azzeramento di poligrafici e amministrativi, è andato avanti con la decimazione della redazione, a giugno scorso ha tagliato il direttore Alessandro Barbano, in autunno si è liberato dei dirigenti Antonio Mastrodonato e Sergio Rossi e il 28 febbraio tronca il rapporto con il direttore amministrativo Massimo Garzilli.
Intanto ad aprile 2018 ha annunciato il trasferimento di amministrativi, redattori, della concessionaria di pubblicità Piemme dalla sede storica nel cuore di Napoli (di sua proprietà) al centro direzionale e a settembre li ha spostati tutti a torre Francesco (altro immobile di sua proprietà), affidando a giugno alla Gabetti la vendita del palazzo di via Chiatamone.
Del resto con lo spostamento di tutti i centri decisionali a Roma un direttore amministrativo a Napoli è un costo elevato e inutile. Per l'ordinaria amministrazione sono sufficienti il responsabile del personale Giovanni Santorelli e l’impiegata Cristiana Foli. Ed è probabile che a marzo, quando si riunirà il cda del Corriere Adriatico, uno dei sei quotidiani del Gruppo Caltagirone, Garzilli lascerà la presidenza del

consiglio di amministrazione.
Nato nel 1945, arriva al Mattino agli inizi del 1982, nel gennaio del 2008 va in pensione ed esce dalla gerenza ma continua a lavorare come consulente

Direttore e editore del 1982: Franco Angrisani e Angelo Rizzoli

esattamente come prima. Il 22 dicembre del 1981 Roberto Ciuni, travolto dal ciclone P2, lascia la direzione del Mattino e sulla sua poltrona si insedia l’irpino di Mirabella Eclano Franco Angrisani e poco dopo Garzilli sbarca al vertice dell’amministrazione del giornale. Ecco quello che scrive sul nuovo arrivato nel luglio 1982 il mensile Prima Comunicazione: “il direttore amministrativo inviato dal gruppo Rizzoli all’Edime per sostituire Arnaldo Benedetti non ha né la durezza manageriale né l’autorità per fare le bucce al direttore. Napoletano di origine, approdato all’ufficio del personale della Rizzoli dalla segreteria del democristiano Vincenzo Scotti quando era ministro del Lavoro, Garzilli è tornato a Napoli per diretta sollecitazione, si dice, della Democrazia Cristiana, che del Mattino controlla il 49 per cento, tramite la finanziaria Affidavit”. 
In quasi quaranta anni ha visto cambiare più volte i padroni e i direttori del giornale ma con tutti è rimasto saldamente in sella. Quando arriva a via Chiatamone l’editore è Angelo Rizzoli che nell’ottobre del 1985 cede le sue quote alla società Edigolfo degli imprenditori baresi Giuseppe Gorjux e Stefano Romanazzi che diventano soci di maggioranza dell’Edime, la società editrice del Mattino. Dieci anni più tardi Romanazzi vende le sue quote a Caltagirone che poi acquisterà dal Banco di Napoli la proprietà della testata con annessi immobili. Sul versante direttori dopo l’esordio con Angrisani lavorerà con Pasquale Nonno, Sergio Zavoli, Paolo Graldi, Paolo Gambescia, Mario Orfeo, Virman Cusenza, Alessandro Barbano e Federico Monga.
E la lunga serie di direttori era forse il suo vero cruccio perché si sarebbe visto benissimo in quell’elenco piuttosto che nei panni del direttore amministrativo. Un desiderio che ogni tanto tirava fuori proponendo

Cristiana Foli e Giovanni Santorelli

servizi, suggerendo campagne, indicando su quali fasce di lettori puntare. E nel 2002, in occasione dei suoi venti anni al Mattino, i redattori confezionarono su di lui un numero interno di quattro

pagine e in una intervista immaginaria una delle firme del giornale, Pietro Gargano, lo punzecchiò su questo vezzo.
La carriera scorre senza scosse con un solo grave incidente professionale che arriva nella primavera del 2007 quando si concludono le indagini sul fallimento della Diffusione napoletana, la società che distribuiva il Mattino dai cui conti sono spariti assegni per centinaia di migliaia di euro che attraverso terzi sono finiti nelle casse del giornale a saldo dei debiti accumulati dalla Diffusione. Il 21 giugno Garzilli viene rinviato a giudizio con l’accusa di concorso in bancarotta fraudolenta preferenziale.
Viene assistito da uno staff legale ‘importante’, gli avvocati Massimo Krogh e Marinella De Nigris, deposita la consulenza di uno dei maggiori civilisti italiani, Pietro Rescigno, ma è tutto inutile. Dopo tre anni e mezzo di udienze la sesta sezione penale collegio B, con presidente estensore Sergio Aliperti e giudici a latere Serena Corleto e Ornella Baiocco, il 21 luglio del 2011 deposita la sentenza con la quale condanna Garzilli a un anno e otto mesi di reclusione e al pagamento delle spese legali. E la vicenda probabilmente è finita lì perché secondo le indicazioni dei vertici della Corte d’appello di Napoli bisogna dare la precedenza ai processi con detenuti mentre gli altri giudizi, pur importanti, possono avviarsi a una morte dolce per prescrizione.