Mattino, decade il cdr
Se ne va Scamardella

È DECADUTO IL comitato di redazione del Mattino: al temine di giorni agitati sono arrivate le dimissioni di Gianni Colucci, rappresentante della redazione di Salerno e, il 17 ottobre in rapida successione, quelle di Bruno Buonanno (con Enzo Ciaccio e Francesco Romanetti componente della

terna di via Chiatamone), di Rosaria Capacchione eletta per le redazioni distaccate, e del rappresentante dei collaboratori. Fuori dalla partita la redazione romana, da mesi senza rappresentante sindacale dopo le dimissioni di Antonio Troise e da anni


Bruno Buonanno, Rosaria Capacchione e Gianni Colucci
comunque poco attiva e interessata alle questioni del sindacato aziendale.
Decisive sono state le dimissioni di Buonanno, un anno fa subentrato a Gianni Ambrosino, perché alle ultime elezioni per il cdr nessun altro redattore si era candidato, quindi Buonanno non può essere sostituito. Facciamo ora un passo indietro.


L'assemblea

Giovedì 16 ottobre non è stata una giornata facile per i redattori del Mattino: oltre quattro ore per un’assemblea insolitamente affollata, con punte di oltre quaranta  presenze, e alle 21 due ore per chiudere il giornale. Al centro della discussione, coordinata da Maurizio Cerino, le novità annunciate il 14 ottobre dal direttore Mario Orfeo al comitato di redazione: più che un piano organico, una serie di spostamenti e di notizie, una sorta di patchwork senza un filo rosso e, soprattutto, senza uno spiraglio sul futuro del giornale.
All'assemblea erano presenti molti degli ufficiali del giornale, presenze quasi mai casuali: dell’ufficio del redattore capo centrale il vicario Massimo Baldari, Armando Borriello e Francesco De Core; il redattore capo Antonino Pane; il responsabile dell’Italia Carlo Nicotera; il capo servizio Maria Chiara Aulisio; i vertici della cronaca Vittorio Del Tufo e Paolo


Francesco Romanetti e Enzo Ciaccio

Russo. In molti hanno preso la parola. Oltre ai componenti del cdr, sono intervenuti tra gli altri Antonino Pane, Pietro Treccagnoli, Daniela De Crescenzo, Gigi Di Fiore, Luigi Roano, Salvo Sapio, Carlo Nicotera (“Il cdr esprime una linea di

archeosindacalismo”), Eze Guardascione (“Non vi vergognate di attaccare in questo modo il sindacato”). Alla fine sono state presentate tre mozioni.
La prima, firmata da Salvo Sapio, sollecitava una ripresa rapida del confronto con l’azienda ed è stata approvata con 18 voti a favore, 16 astenuti e un solo voto contrario. La seconda, proposta da Gigi Di Fiore, che chiedeva di votare il ‘piano’ presentato dal direttore, è passata con 10 voti favorevoli, 23 astenuti e sei contrari. La terza mozione, proposta da Paolo Mainiero, Luigi Roano e Antonino Pane, con la richiesta di andare a un voto di fiducia sul cdr, è stata approvata con 19 voti a favore, 16 contrari e 11 astenuti.
“Di fronte a una presa di posizione ferma del cdr, – è il commento di Francesco Romanetti – che chiamava direttamente in causa, accanto all’azienda, il comportamento del direttore su una questione nevralgica come il varo del sito web senza il preventivo accordo con il sindacato, una parte della redazione ha scelto opportunisticamente di spostare l’obiettivo sul cdr. D’altra parte non mi sembra che in assemblea sia stata esposta una linea alternativa alle proposte del comitato di redazione se non abdicare e rinunciare di fatto

alla presenza stessa del sindacato”.
E c’è chi ricorda che soltanto cinque mesi fa la redazione aveva chiesto all’unanimità al cdr di rimanere in carica per altri sei mesi per consentire di concludere le trattative con l’azienda; e c'è chi fa notare che le dimissioni


Massimo Baldari, Armando Borriello e Antonino Pane

dopo l’assemblea hanno, tra le varie implicazioni, risolto forse un problema non da poco per azienda e direttore: cosa sarebbe successo se dal doppio voto sul ‘piano’ e sul cdr fosse uscito un via libera per il sindacato e una nuova bocciatura per Orfeo?
Con la decadenza del comitato di redazione, la palla passa ora al presidente della commissione elettorale Enzo Pagliaro, che fisserà la data delle elezioni per il rinnovo del cdr ed è probabile che contestualmente farà votare sul ‘piano’ presentato dal direttore.


Gli spostamenti

Vediamo ora le novità. Bypassando il cdr dopo mesi di incontri e trattative, Orfeo ha annunciato la nascita, senza un progetto editoriale, della redazione del mattino.it, che sarà guidata da Carlo Nicotera con Fabio Jouakim, Cristiano Tarsia e due giornalisti con contratto a termine ancora da assumere. Manca un piano, mancano le regole sull’utilizzo dei redattori e sulle sinergie con il Messaggero, ma ci sono le date del varo, previsto in due tempi: il 20 ottobre il via alle sperimentazioni, a fine novembre l’esordio in rete.
Va via dal Mattino Claudio Scamardella, responsabile del secondo dorso del giornale, e quindi, ha spiegato il direttore, viene azzerato l’ufficio di coordinamento delle cronache, che scompare dalla gerenza: Antonino Pane viene spostato all’ufficio dei redattori capo e affianca come vicario Massimo


Paolo Barbuto, Titti Marrone e Antonio Sacco

Baldari; all’ufficio dei redattori capo va anche Lino Zaccaria, che cura la segreteria di redazione; Titti Marrone si occuperà delle lettere e degli inserti; Marilicia Salvia, che era stata trasferita all’ufficio di  coordinamento da trentacinque giorni, viene

spedita come vice in cronaca di Napoli per affiancare il vicario Paolo Russo. Lascia la cronaca il vice redattore capo Michele Tanzillo spostato alla Grande Napoli, guidata dal capo servizio Antonella Laudisi, con l’incarico di supervisore delle pagine delle province, Grande Napoli inclusa. Va via dalla cronaca di Napoli anche Antonio Sacco, che approda allo Sport; percorso inverso invece per Paolo Barbuto.


L'emorragia

Il 21 ottobre, come detto, lascia il Mattino il redattore capo Claudio Scamardella, responsabile del secondo dorso del giornale. La partenza di Scamardella arriva a breve distanza da quella del capo cronista Giampaolo Longo, che dal primo settembre, chiesta l’aspettativa al Mattino, si è trasferito a Roma per lavorare alla trasmissione della seconda rete Rai ‘Insieme sul Due’.
Così, nel giro di pochi mesi, viene polverizzata la spina dorsale delle cronache, che costituiscono la polpa di un quotidiano regionale e sono la  parte largamente più letta del giornale. L’uscita del tandem di cronisti è un nuovo forte colpo all’organico del Mattino che negli ultimi due anni ha fatto registrare una campagna acquisti modesta, con l’arrivo di qualche giovane redattore e, nello scorso gennaio, del vice direttore Virman Cusenza, professionista stimato e presenza impalpabile.
Se è quasi vuota la casella arrivi, è invece zeppa quella delle partenze. Tra pensionamenti e prepensionamenti sono andati a casa in tanti, e tra questi pezzi pregiati degli ultimi decenni del Mattino: Pasquale Esposito, Michele De Simone, Umberto Nardacchione, Gianni Ambrosino, Pietro Gargano, Vittorio Dell’Uva, Sergio Troise. E altri sono annunciati in uscita a breve. Ma soprattutto, ed è questo il dato di maggiore allarme, c’è chi ha

deciso di cercare altrove nuovi stimoli o chance di crescita professionale: hanno lasciato via Chiatamone un ufficiale del giornale come Matteo Cosenza diretto a sud per andare a guidare il Quotidiano di Calabria e Emiliano Fittipaldi assunto all’Espresso, che


Virman Cusenza, Giampaolo Longo e Pietro Gargano

da Roma in questi mesi sta cannoneggiando la Campania (e c’è da chiedersi perché le inchieste sugli intrecci tra politici e criminalità organizzata le fa un settimanale romano, mentre i quotidiani napoletani si limitano, tutt’al più, a riprenderle; ma questo, forse, è un altro discorso).
Sull’impoverimento progressivo del giornale fa rumore il silenzio del direttore, che non è riuscito a imporre all’azienda neanche passi all’apparenza agevoli: a giugno aveva chiuso l’assunzione del cronista Angelo Carotenuto, strappandolo alla concorrenza, ma l’offerta di un contratto a termine ha spinto Carotenuto a ripensarci e a rimanere dov’era. Se Orfeo lo considerava un acquisto importante, perché non ha puntato i piedi?


Scamardella

Su Scamardella va detto che lascia il Mattino, ma non lascia il gruppo; si trasferisce a Roma e nel giro di qualche giorno dovrebbe essere ufficializzato l’incarico che andrà a ricoprire nella galassia dell’Editoriale Caltagirone, il cui nucleo centrale è il Messaggero, diretto da Roberto Napoletano.
Nato a Bacoli nel dicembre del ’59, studente brillante (maturità classica all’Umberto e laurea in Scienze politiche al Cesare Alfieri a Firenze, sempre con il massimo dei voti), Scamardella, dopo un timido tentativo di carriera universitaria, torna a casa e nel 1985 inizia a collaborare come corrispondente da Bacoli per la redazione del Mattino di Pozzuoli, guidata da Franco


Matteo Cosenza, Vittorio Dell'Uva e Emiliano Fittipaldi

Mancusi. Dopo cinque anni di abusivato e contratto da pubblicista interno, arriva nel ’90 l’assunzione decisa da Pasquale Nonno: comincia con il settore Grande Napoli, (il capo è Riccardo Capece), Esteri (con Armando Borriello), Politica e

Economia, (i responsabili sono Eduardo De Filippis e Lorenzo Scheggi Merlini); nel maggio ’97 passa in Cronaca con Giuseppe Calise, un anno più tardi il direttore Paolo Graldi lo promuove capo servizio e, dopo quattro mesi, vice capo cronista insieme a Mancusi, vicario, e a Pietro Treccagnoli.
La nomina a capo cronista la firma Paolo Gambescia all’inizio del 2001 e arriva anche la proposta di assunzione alle Cronache italiane del Corriere della sera, ma Scamardella decide di rimanere a Napoli; nel novembre del 2004 lascia la guida della cronaca a Carlo Nicotera e diventa responsabile del secondo dorso del giornale. Una soluzione costruita dal direttore Mario Orfeo su misura per lui, con la creazione di un Ufficio coordinamento cronache che va nella gerenza del giornale.
Ora Scamardella parte per Roma, ma torna a Napoli all’inizio di novembre per presentare il libro edito da Guida, ‘Napoli siccome immobile’, una lunga

intervista a Aldo
Masullo
, divisa in quattro capitoli, ognuno aperto da una sua introduzione: Napoli deragliata, con le ragioni storiche e economiche dei ritardi della città; Napoli sospesa, con i centoventi anni fallimentari dall’Unità d’Italia alla stagione dei


Antonio Bassolino, Francesco De Lorenzo e Aldo Masullo

vicerè (De Lorenzo, Di Donato, Pomicino); Napoli delusa, sulle occasioni sprecate dalla sinistra, da Valenzi a Bassolino; Napoli futura, sulle strade da percorrere per avviare la ripresa della città.