Per ora sospese
le 150 iscrizioni

IL 14 MAGGIO il consiglio direttivo del Sugc, il sindacato unitario dei giornalisti campani, si è riunito per discutere delle 150 schede, e della mazzetta di 7500 euro in contanti, consegnate il 27 aprile al segretario Claudio Silvestri da Domenico Falco, vice presidente dell’Ordine regionale e leader degli undicimila pubblicisti campani, accompagnato dai fedelissimi Alessandro Sansoni e Francesco Ferraro.
Il direttivo (con Silvestri ne fanno parte il presidente Armando Borriello, Fulvio Scarlata, Angela Calabrese, Giovanni Rinaldi, Paolo Animato, Fabrizio Cappella, Antonella Monaco, Edoardo

Scotti, Laura Viggiano, Roberta De Maddi e Antonio Prigiobbo), ha deciso di congelare tutte le domande, sia quelle, poco più di settanta, che non sono state confermate con una richiesta on line di adesione individuale che quelle di chi ha invece

Raffaele Lorusso e Carlo Parisi

inviato una email al Sugc. I componenti del direttivo, con la consulenza degli avvocati Eugenio Salzano e Giancarlo Visone, valuteranno le richieste una per una per verificare se sono in linea con lo statuto. Ad esempio c’è l’articolo 20 sulle incompatibiltà il quale esplicitamente vieta che possa diventare socio chi è già attivo in un’altra associazione sindacale. E gli aspiranti all’iscrizione sono tutti o quasi aderenti al Mug, il movimento unitario dei giornalisti, promosso da Falco nel luglio del 2014, che per molti mesi ha condotto una battaglia durissima contro il Sugc, battaglia poi definitivamente persa quando nell’aprile del 2015 la Fnsi ha deciso l’affiliazione del sindacato unitario alla Federazione della stampa.
Dopo che Iustitia e il Fatto Quotidiano hanno dato notizia dell’iniziativa delle iscrizioni in blocco con pagamento in contanti Falco diffonde una nota per fornire la sua versione. Scrive che il Mug, dopo avere percorso dal 2014 una strada autonoma, ha deciso con un’assemblea tenuta nello scorso febbraio di “rientrare” nella Federazione della stampa. Una scelta per “l’unità”, spiega, sollecitata dal segretario generale aggiunto della Fnsi Carlo Parisi. Contesta la definizione di “pacchetti di tessere” ma subito dopo si contraddice e parla di “un’organizzazione (il Mug, ndr) che confluisce in un’altra (il Sugc, ndr)”. La nota del Mug viene subito ripresa dal sito di Carlo Parisi a conferma del ruolo che in questa vicenda sta svolgendo il segretario aggiunto calabrese.
A stretto giro arriva a Falco e ai suoi la replica durissima dalla Fnsi attraverso una nota congiunta diffusa dal segretario Raffaele Lorusso

Domenico Falco e Giuseppe Giulietti

e dal presidente Giuseppe Giulietti. L’incipit è “l’adesione alla Federazione nazionale della stampa italiana è libera, personale, volontaria e consapevole. È necessario ribadirlo dopo notizie diffuse anche da organi di

stampa che raccontano di tentativi di iscrizioni in blocco al Sindacato unitario dei giornalisti della Campania”. Quindi “prendono le distanze da pratiche che niente hanno a che vedere con la partecipazione alla vita sindacale” perché è intollerabile “l’idea che possano esistere ‘signori delle tessere’.” Infine da Lo Russo e Giulietti arriva la pietra tombale sulle “150 tessere” e sui “7500 euro in contanti”: “non si può chiedere l’iscrizione al sindacato dei giornalisti e continuare a parlare a nome del Mug, un’associazione costituita in contrapposizione alla Fnsi”.
Dopo la versione di Falco e la stroncatura della Fnsi arriva la precisazione dell’editore Lucio Varriale indirizzata al Fatto Quotidiano. “L’etichetta con la quale vengo definito dal giornalista (“editore televisivo” e “patron di fatto di Julie tv”) – scrive Varriale – è doppiamente errata e fuorviante. Il sottoscritto, noto opinionista di tv locali e nazionali, non è infatti “editore” di nessuna testata televisiva o giornalistica, né tanto meno “patron di fatto”. Ben sei sentenze della magistratura (due della Corte dei conti, Gip, Riesame e Corte di cassazione) attestano esattamente il contrario, cioè che l’avvocato Lucio Varriale non è né editore, né patron di Julie Italia e/o di qualsiasi altra emittente”.
Secca la replica dell’autore dell’articolo, Vincenzo Iurillo: “Ad assegnare a Lucio Varriale l’etichetta di “editore televisivo” e “patron

di fatto di Julie Tv” non sono io ma la Procura di Napoli. Gliela attribuisce in atti giudiziari, in un comunicato stampa, in un’inchiesta ancora aperta e in un processo tuttora in corso. Indagini e dibattimento che hanno visto e

Raffaello Falcone e Vincenzo Piscitelli

vedono impegnati i procuratori aggiunti Vincenzo Piscitelli e Raffaello Falcone e i pm Valter Brunetti, Stefano Capuano, Urbano Mozzillo, Raffaele Tufano e Francesco Raffaele”. E Iurillo aggiunge: “Mi limito a citare il comunicato stampa diramato dalla Procura di Napoli il 19 maggio 2017, firmato dal procuratore aggiunto Piscitelli e vistato dal procuratore facente funzioni Nunzio Fragliasso. Fu così titolato: Sequestro di beni per oltre due milioni di euro nei confronti della Julie Italia e dell’editore Lucio Varriale”.