Roma: Manzi,
addio al veleno

IL 6 MARZO è stato nominato tra le polemiche (per la scarsa trasparenza della scelta e per l'importo del compenso) segretario della Fondazione Ravello il giornalista Andrea Manzi che due giorni prima aveva chiuso il suo rapporto con il Roma con una lettera e l’annuncio di un vertenza (dimissioni per giusta causa). In realtà Manzi ha scritto quattro lettere; tre private: al direttore Antonio Sasso, all’amministratore unico Salvatore Santoro, al direttore

generale Maurizio Fabozzi; e una ‘pubblica’ affidata al cronista Vincenzo Nardiello che l'ha letta ai redattori. E non è stata una lettera tenera nei confronti dei vertici del giornale.
Al quotidiano di Italo Bocchino Manzi arriva il primo ottobre del 2007 e


Andrea Manzi e Antonio Sasso

l'assunzione più che sorpresa suscita in redazione perplessità: in una imbarcazione di vogatori, e tra questi in qualche modo va inserito anche Sasso, a che serve un vice direttore che è stato numero uno di un quotidiano del gruppo Espresso (La Città di Salerno)? Sono trascorsi più di tre anni dal suo arrivo a Napoli e la domanda attende ancora una risposta convincente perché la presenza di Manzi al Roma è stata impalpabile.
In quattro cartelle il vice direttore ha salutato con affetto i redattori, aggiungendo che non hanno conosciuto il vero Manzi perché ha trovato al giornale condizioni che non gli hanno consentito di esprimere a pieno le sue potenzialità, e ha ricordato i successi ottenuti come direttore della Città e la sua esperienza di docente universitario interrotta quando ha assunto l’incarico al Roma. Poche parole per Maurizio Fabozzi, definito “una persona perbene”, e per Salvatore Santoro, un esecutore di ordini al quale non ha attribuito nessuna responsabilità nella sua vicenda, ringraziandolo anzi per la correttezza dimostrata anche quando gli ha detto che doveva lasciare il giornale.
Spazio infine a un ‘cattivo’ e a un ‘mezzo cattivo’. Il ‘mezzo cattivo’ è Antonio Sasso, descritto come una persona della quale non ha mai condiviso niente, né da un punto di vista morale, né professionale, e del quale ha comunque


Maurizio Fabozzi, Rodrigo Rodriguez e Salvatore Santoro

rispettato l’autorità derivante dal ruolo, fino a spingersi nel post scriptum ad “abbracciarlo” perché è stato per oltre tre anni il suo direttore. Soltanto parole al veleno invece per Italo Bocchino che pure lo

ha assunto e che Manzi non cita mai con nome e cognome, ma tratteggia come una persona tutta in negativo e etichetta come “editore occulto”.
Terminata la lettura, tra i giornalisti è calato il silenzio, frutto di sorpresa e distacco, poi c'è stata veloce la ripresa del lavoro anche perché tutti erano pressati da più gravi pensieri, a cominciare dal mancato pagamento degli stipendi fermi al 2010 (con il  modesto acconto ricevuto per il mese di dicembre), dal ritardo scientifico nell’erogazione dei contributi pubblici al Roma, dall’attenzione martellante dei giornali che fanno riferimento al presidente del consiglio nei confronti di Bocchino (e del Roma). L'unica reazione è arrivata dal capo servizio Rodrigo Rodriguez, che ha inviato a Manzi una mail molto polemica, ricevendo una replica altrettanto polemica.