Due anni e mezzo
ai fratelli Clemente

SI È CHIUSO con il patteggiamento il giudizio per la bancarotta dell’Editoriale Corriere, la società a responsabilità limitata che era proprietaria delle testate Cronache di Napoli e Corriere di Caserta, fallita il 7 aprile del 2006. Il 16 dicembre, grazie all’accordo raggiunto dal legale degli imputati con Urbano Mozzillo, pm della procura di Benevento guidata da Giuseppe Maddalena, il giudice per le indagini preliminari Flavio Cusani ha accolto la

richiesta di patteggiare la pena e ha condannato a due anni e sei mesi di reclusione (pena coperta da indulto) i fratelli editori Maurizio e Pasquale Clemente, amministratori e titolari dell’Editoriale Corriere, costituita il 3 novembre del 1994.
Rimangono così a bocca


Amedeo Barletta, Marina De Siena e Nicola Ferro

asciutta i numerosi creditori dell’Editoriale, alcuni dei quali presenti attraverso i loro difensori, alla camera di consiglio del 16 dicembre: la curatrice fallimentare Patrizia Maffei; l’avvocato Marina De Siena, ex legale degli editori Clemente, che deve incassare un credito per prestazioni professionali non pagate di oltre 450mila euro; Amedeo Barletta, difensore dell’avvocato Nicola Ferro e della moglie Anna Virgilio, che vantano un credito da diffamazione; Mauro Clemente, soltanto omonimo degli imputati, che assiste per crediti da lavoro il fratello Pasquale, direttore della Gazzetta di Caserta, e Roberto Paolo, redattore capo del Roma.
“Trovo sorprendente e, a dir poco, singolare, - dichiara Mauro Clemente – la decisione del giudice di ratificare l’accordo raggiunto dal pubblico ministero. Siamo di fronte a una bancarotta fraudolenta pluriaggravata con cinque milioni di euro scomparsi dai bilanci dell’Editoriale Corriere, sui quali c’è stato il lavoro certosino e documentato del professore Manlio Ingrosso, che ha depositato, su richiesta della procura, una ponderosa consulenza. A questi dati vanno aggiunti almeno tre milioni di euro vantati dai creditori. Nonostante ciò il gip non condanna gli imputati neanche all’interdizione dai pubblici uffici o a un risarcimento simbolico in favore del fallimento e dei creditori”.
Sulla stessa lunghezza d’onda l’avvocato Barletta. “Il patteggiamento è stato deciso prima dell’udienza; - osserva Barletta – una scelta che non ha consentito alle parti civili e persino al curatore fallimentare di interloquire con il giudice. Va ricordato che agli atti del processo c’è una consulenza molto


Mauro e Pasquale Clemente e Roberto Paolo

severa nei confronti dei Clemente, consulenza che non ha impedito al pubblico ministero di dichiararsi favorevole al patteggiamento senza che venisse apposta alcuna condizione ulteriore, con un danno gravissimo per le vittime dei reati”. 
Per chi vuole tentare di

recuperare i propri crediti resta soltanto il giudizio civile? “Prima c’è un’altra strada da battere; – risponde l’avvocato Clemente - nei prossimi giorni presenterò un’istanza al procuratore generale Vincenzo Galgano per chiedere che la pena comminata sia definita non congrua e che quindi venga presentato appello contro il patteggiamento. Un’ultima osservazione. Ho informato i media della condanna, ma sui giornali non ho visto articoli e neanche notizie brevi, con l’eccezione di due quotidiani: la Gazzetta a Caserta e il Sannio a Benevento. Misteri dell’informazione”.