Il caso del consigliere e del giornalista

Cara Iustitia cara,
se Leo Longanesi non leggeva che biografie di sconfitti, noi amiamo immaginare quelle che ancora non sono state scritte. Chi, invece, non legge biografie né sogna di scriverne, ma desidera con ardore che qualcuno stenda le sue imprese, è Ottavio Lucarelli, giornalista politico di Repubblica, ma soprattutto consigliere dell’Ordine dei giornalisti della Campania. Chi un giorno vorrà raccontarne la vita e delinearne un profilo il più vicino alla verità, non potrà fare a meno di soffermarsi su quel «soprattutto consigliere». Snello come un mandorlo a primavera, sguardo invernale, sorriso estivo e 47 autunni ben laccati, Lucarelli è un consigliere stagionato. La sua carriera nasce dalle dimissioni di Mimmo Ferrara che, nel luglio 1998, come le sorelle Bandiera, si fa più in là cedendogli sedia e palcoscenico. Nessuno, neanche Giustino Fabrizio, avrebbe mai immaginato che, da quel giorno in poi, l’Ordine sarebbe diventato il totem e il golem di Lucarelli. Il nostro eroe con gli anni s’imbullona alla sedia e sforna successi. Si piazza primo al Concorso regionale per il piantonamento delle cabine elettorali e si laurea, ovviamente col massimo dei voti, all’Università del Candidato con una tesina dal titolo più lungo del Mississipi: «Strategia delle telefonate ai praticanti che aspettano l’esito della prova scritta dell’esame d’idoneità per l’iscrizione nell’elenco dei giornalisti professionisti». Ma quella sedia ormai non gli basta più. Dicono, infatti, che il nostro consigliere stagionato stia già scaldando le ali per il grande volo con solenne atterraggio: la poltrona di Ermanno Corsi, presidente dell’Ordine dei giornalisti campani. Ma se di Corsi ce n’è uno («Dio c’è», leggemmo una volta su un cavalcavia dell’autostrada), di Ottavio Lucarelli non sappiamo quanti ce ne siano. Soprattutto da quando si trova in alta quota elettorale. Costantemente tra le nuvole, a furia di essere in volo, si racconta che per sentirsi più leggero, si sia smontato la testa. A tal punto che se invece di una biografia volessimo pensare a un romanzo su Lucarelli, il plot kafkiano lo avremmo già in tasca: un giornalista, una mattina, al suo risveglio, scopre di essersi trasformato in un volantino. La metamorfosi gli consente di raggiungere qualsiasi redazione, d’infilarsi in un ventaglio di cartelle stampa, d’imbucarsi in ogni drappello di colleghi. Guai, però, se si imbatte in un volantino antagonista. Spalanca gli occhi di carta e si muta in un pitbull di cartone (vedi, nell'ottobre del 2001, in occasione dell elezioni per i delegati al congresso della Fnsi di Montesilvano, la zampata di gelosia contro l’avversario Pasquale Faiella, colpevole di avere maggiore appeal sull’elettorato femminile). Ma le vicende del nostro Ottavio volante, in perenne campagna elettorale, colto ormai dalla sindrome «tre metri sopra il cielo», pare che abbiano di gran lunga superato la fantasia.
Quella che stiamo per raccontarvi è una storia che sarebbe piaciuta a Stevenson, papà del dottor Jekyll e di mister Hyde, che ad Alfred Hitchcock avrebbe ispirato un’altra avventura di Norman Bates, che avrebbe convinto Cesare Musatti ad aggiungere un saggio al suo Pronipote di Giulio Cesare, che ad Anna Paola Merone non avrebbe detto niente, perché non è storia di profumi e balocchi.
Nella futura biografia di Lucarelli, un capitolo non potrà mancare. Quello dedicato a una trasferta capitolina dai molteplici significati. Titolo del capitolo «L’Ottavio re di Roma».
Roma, 30 ottobre 2005. Notte prima degli esami. Un’umidità folle appanna gli occhiali di un tassinaro. Alla pizzeria Il Postiglione sull’Aurelia, a un tiro di porchetta dall’Ergife Palace Hotel, sede della 87ª sessione degli esami di idoneità professionale per l’iscrizione nell’elenco dei giornalisti professionisti, Ottavio Lucarelli gozzoviglia insieme a un bel trancio di praticanti made in Naples. Tutti, proprio tutti, sperano nella dritta per le tracce. Corre voce che per i quiz non bisogna preoccuparsi. Con soave insistenza, la comitiva studentesca del Suor Orsola Benincasa, tra delizie e letizie, capitanata da una biondina tutta pepe e nervi, è attiva sul fronte del tallonamento al giornalista Ottavio e al consigliere Lucarelli. Il primo gongola, il secondo conta voti. Un assedio beato che mette d’accordo le personalità dell’uomo-volantino che, al centro della tavola e al centrino dell’attenzione, si relaziona meravigliosamente con i futuri quadri del giornalismo campano. Inconfondibile la sua voce toccata dal talento del bisbiglio. Ma la strategia del consigliere sbaraglia quella del giornalista. Dopo la pizza, Ottavio e Lucarelli, scortati da una ciurmaglia di cartucciomani, in un trionfo di suonerie polifoniche e palmari-temari, ritornano in albergo. All’ingresso dell’Ergife gli occhi del tassinaro, finalmente snebbiati, scorgono: Ranieri Orlandi, membro della commissione, che con toni da saggio e accento delle Langhe, dà consigli su come ingabbiare l’ansia; tre cinesi tristi con sei borsoni color cachi; un bastardino neorealista; una miss della Padania, gonna mignon, falcata alla Naomi, una chioma di sole e un Abruzzo (il testo per i praticanti scritto dal presidente dell'Ordine della Lombardia, ndr) ben stretto al petto; i grandi fratelli Ottavio e Lucarelli che, nel confessionale improvvisato in un cantuccio del cortile, ricevono i concorrenti. Pacche sulla spalla, sorrisi malinconici, telefonate senza fine e ammiccamenti dell’ultima ora riempiono lo scenario di una notte che non vuole chiudersi. Tutti a nanna. Anche Ottavio. Anche Lucarelli. All'Ergife una stanza per due, un letto per il giornalista e uno per il consigliere. Avamposto per il volo, accampamento privilegiato.
Roma, 31 ottobre 2005. Giorno degli esami. Dalle celle dell’hotel schizzano fuori i praticanti. Schizzano a tal punto che un cinese, spiaccicato su una parete con la figlioletta alta come un fagiolo, sogna le mille mani di Bruce Lee. Quella che era una hall si trasforma in un campo di battaglia. Ottavio-Lucarelli è lì, tomo tomo, nell’ombelico del fermento. Nell’epicentro della fuga di notizie. E’ talmente dentro al clamore che un compaesano di Dante Alighieri lo ha scambiato per un praticante: «Moro, scusa moro, sai mica ‘na bischerata di traccia?».
Tra lacrime manga, domande senza risposta, risposte senza domanda, abruzzini spalancati e resuscitate macchine da scrivere, dalla hall fino all’ultimo cespuglio del cortile, un solo grido vince il trambusto: «Ottavio! Ottavio! Ottavio!» La spedizione campana ha trovato il suo condottiero. Tutti lo vogliono, tutti lo cercano: lui si fa trovare. Tutto si compie all’ingresso dell’hotel: il consigliere Lucarelli lascia palcoscenico e ali al giornalista Ottavio. I futuri quadri della comunicazione hanno scelto il loro pittore. Il Modigliani dei praticanti pennella suggerimenti, il Velasquez della stretta di mano s’abbandona ai retroscena. Atteggiamento sornione, sorriso collaudato, sguardi accorti: le cose che dice sono così interessanti che c’è chi prende appunti quasi come se il nostro Matisse delle confidenze conoscesse i segreti del mondo.
Ma non tutti hanno pernottato all’Ergife. Non sono ancora arrivati i praticanti big? Il consigliere Lucarelli suggerisce al giornalista Ottavio che è giunta l’ora di incamminarsi verso il salone in cui oltre 750 banchetti sono già belli e pronti per la grande prova. Lo spazio d’un attimo e, non appena è fuori dal cortile dell’hotel, dopo aver superato un capannello siciliano con qualche sardo incazzato, Ottavio-Lucarelli s’imbatte nei tesi e sorpresi praticanti Walter Di Maggio e Valter Lavitola. Dopo il doppio Walter, un altro doppio lo aspetta a due passi. Con andatura alla dottor Guido Tersilli, il nostro eroe, per la prima volta, si stacca dal codazzo dei fedelissimi e si getta nelle braccia del doppiolavorista assessore-praticante Francesco Emilio Borrelli. Un drappello arcobaleno si forma intorno ai due. L’assessore dell’Ubiquità, forse arrivato in auto blu con benzina verde, chiede lumi ad Ottavio, cerca conferme da Lucarelli.
Roma, 31 ottobre. L'assessore Borrelli si avvia a sostenere gli scritti
Cosa i due si dicano non è dato saperlo, ma consultano febbrilmente un giornale non identificato. «Ottavio! Ottavio! Ottavio!» Un solo nome. Un solo grido. Un solo amico. La comitiva del Suor Orsola Benincasa è quasi tutta entrata nel salone. Lucarelli saluta, Ottavio ammicca. Il pallottoliere è compiuto. Il praticante è tratto. Dopo mezzogiorno, la prova scritta inizia. Il resto è cazzeggio.
Alle 18 e qualcosa, quando il cielo capitolino ha già smaltito i colori del giorno e il bastardino neorealista scodinzola per una ciotola progressista, si viene a sapere che tra le tracce ce n’è una sul «cinese» Cofferati e un’altra sulla violazione dei diritti umani in Cina. Che una Lettera 22, disabituata alle lunghe competizioni, ha perso un pugno di tasti. Che se la vita è tutta un quiz basta un giro nei bagni dell’Ergife per capire come va la vita. Che i praticanti napoletani cresciuti a bruschette e Maradona appena hanno intravisto Carletto Iuliano, membro della commissione d'esami, si sono emozionati improvvisando una sciarpata. Che uno dei membri della sottocommissione, Acampora, ha il nome del primo re di Roma, Romolo, e, a quanto pare, è rimasto folgorato dall’attivismo di Lucarelli, eleggendolo sua stella cometa. Che Lucarelli si è incoronato Ottavio re di Roma. Che come Ottavio re di Roma ha già dichiarato che la battaglia dei praticanti non si vince con un attacco, ma raccogliendone più di uno. Che nel duro mondo del giornalismo i cinesi sono talmente tanti che finiscono anche nelle tracce.
Fausto Molosso
Post scriptum. Questi che seguono sono i nostri consigli editoriali per la futura biografia su Ottavio Lucarelli. Auguriamo buona fortuna a chi, un giorno, si cimenterà nell’impresa.
Titolo: «Lo strano caso del giornalista Ottavio e del consigliere Lucarelli».
Titolo alternativo: «Il mio amico Ottavio»
Copertina: double-face. Attenzione alle foto da copertina: una col sorriso estivo, l’altra con lo sguardo invernale.
Prefazione di Carlo Verna dal titolo: «Ti conosco mascherina»
Postfazione di Ermanno Corsi dal titolo: «Il ratto delle cabine»
Pagine: 222
Prezzo: 22 euro (sconto del 20% per i praticanti normali e del 30% per quelli «speciali» del Suor Orsola. Sconto del 50% agli amici di Francesco Emilio Borrelli.)
Nota: sul frontespizio, rigorosamente in corsivo, il frammento: «Il migliore amico è il proprio Ordine».

(*) Foto internet
 
Domenico Ferrara
Ermanno Corsi
Pasquale Faiella
Alfred Hitchcock (*)
Anna Paola Merone
Franco Abruzzo
Valter Lavitola
Diego Maradona
Carlo Iuliano
Romolo Acampora
Carlo Verna