Diffamazione Cisse:
si parte con un rinvio
LA PRIMA UDIENZA, il 19 luglio, si è subito chiusa con un rinvio: era errata la notifica a uno degli indagati. L'appuntamento con il gip Aldo Esposito è ora fissato per il 21 ottobre.
È partita male l'udienza preliminare, non erano andati meglio i mesi di lavoro del sostituto della procura della Repubblica di Napoli Alessandra Cataldi. Anche da morto Mohamed Khaira Cisse, africano della Guinea Conakri,
trentatre anni e una laurea in Lettere, ucciso in circostanze ancora non chiarite il 5 giugno del 2003, non pare destinato ad aver facilmente giustizia.
Le indagini della procura hanno preso avvio il 2 settembre dello scorso anno dalla querela per diffamazione presentata dalla sorella di Mohamed, Kadiatou Cisse, per un articolo pubblicato dal Mattino. E si sono concluse, dopo poco più di sei mesi, il 25 marzo, con la richiesta di archiviazione

Mohamed Khaira Cisse e il nipote
nei confronti di "persone da identificare". Una formula sorprendente perché l'articolo oggetto della querela ha in calce la firma di Domenico Maglione, corrispondente del Mattino da Arzano, ed è noto, ed è quotidianamente riportato nella gerenza del giornale, che il direttore del Mattino è Mario Orfeo. È stato poi il giudice per le indagini preliminari a delegare al pubblico ministero l'identificazione degli indagati Maglione, assistito nella prima udienza dall'avvocato Luigi Ferrante, e Orfeo, difeso dall'avvocato, e deputato, Vincenzo Siniscalchi, mentre il difensore di Kadiatou Cisse è l'avvocato Mario Fortunato, che la assiste come parte offesa anche nelle indagini della procura di Napoli sull'omicidio del fratello condotte dal sostituto Luigi Santulli.
A oltre un anno dalla morte di Mohamed Cisse non è stata ancora definita una ricostruzione ufficiale della vicenda. Dalle testimonianze della sorella, del cugino Fodè Cisse e di Wanda Brandolani, l'amica di Kadiatou Cisse, tutti presenti in casa al momento dell'omicidio, emergono alcuni punti fermi. Mohamed era a letto in uno stato di forte debolezza perché da giorni rifiutava il cibo. A causa della sua grave depressione la sorella e il marito Ousmane Diabi da aprile ospitavano Mohamed, che per tre anni aveva lavorato in fabbrica a Treviso con regolare permesso di soggiorno, e stavano

Mario Fortunato e Vincenzo Siniscalchi
organizzando il suo ritorno in Guinea. La mattina del 5 giugno, quando le condizioni di salute di Mohamed sono peggiorate, la sorella ha telefonato all'amica Brandolani per chiamare insieme il 118 per il trasporto in ospedale. Per il ricovero senza l'assenso
dell'ammalato è necessario l'accompagnamento delle forze dell'ordine; da qui la telefonata ai carabinieri, che si sarebbero presentati a casa di Kadiatou con le armi in pugno. Alla richiesta dei documenti Katiadou si è spostata in un'altra stanza per cercarli quando ha sentito gli spari e ha poi visto il fratello a terra in una pozza di sangue. Secondo la versione fornita dai carabinieri Mohamed aveva cercato di aggredirli con un coltello e quindi era stato inevitabile difendersi.
Sulla vicenda il 7 giugno 2003 è stato diffuso un documento, duro e puntuale, firmato da Giulia Casella e Maria Antonietta Rozzera per Legambiente, Tribunale per i diritti del malato, la Tavola per la convivenza civile e lo sviluppo umano e Pax Christi, con il qual si chiede "giustizia per la morte di un innocente".
E torniamo all'articolo del Mattino. Il pubblico ministero ha chiesto l'archiviazione della querela perché "il cronista risulta essersi mantenuto aderente alla verità storica dei fatti". Non sono della stessa opinione Kadiatou Cisse e il suo avvocato, che elencano una serie di inesattezze, errori e falsi
contenuti nell'articolo.
Ecco alcuni dei passaggi 'incriminati': "I militari fanno irruzione nell'appartamento"; "una rissa"; il comportamento di Cisse…di infilarsi, armato di coltello, nel letto di una donna con la quale divideva, insieme con altri, l'alloggio"; "una furia

Alessandra Cataldi e Kadiatou Cisse
indomabile"; "le dichiarazioni dei connazionali della vittima, descritta come persona irascibile"; "tentativo di violenza a scopo sessuale".
Nell'opposizione all'archiviazione indirizzata al gip la Cisse ha perciò chiesto che venissero acquisiti gli atti dell'indagine sull'omicidio e ascoltati la Brandolani, il corrispondente del Mattino e i due carabinieri chiamati soltanto per accompagnare in ospedale una persona malata.