Il Denaro scompare dopo
22 anni e 26 milioni di euro

IL 2 GENNAIO si è celebrato il funerale del Denaro, il giornale fondato, edito e diretto da Alfonso Ruffo. La cerimonia si è svolta a via Cappella Vecchia, nella sede dell’Associazione napoletana della stampa, ed è stata officiata dal presidente del sindacato Enzo Colimoro che si avvia a contare più croci che iscritti.
Al rito erano presenti gli ultimi giornalisti rimasti in servizio (Antonella
Autero
, Serena Azzolini, Giovanni Capozzi, Sergio Governale, Ettore Mautone, Silvia Miller) che hanno accettato il licenziamento per cercare di acchiappare il prima possibile l’indennità di disoccupazione erogata dall’Inpgi.

Il decesso non è stato improvviso; il giornale stava male da tempo e da settembre Ruffo aveva abbandonato la cadenza quotidiana per passare al settimanale in edicola il sabato, con l’ultimo numero pubblicato il 28 dicembre.
Il Denaro nasce come


Clelia Mazzoni e Ambrogio Prezioso

settimanale economico regionale nel 1991 raccogliendo l’eredità di Napoli Oggi, il settimanale fondato nel 1979 da Orazio Mazzoni dopo la sua uscita dal Mattino. Il salto lo compie sei anni più tardi quando si inserisce tra i giornali che hanno diritto a ricevere finanziamenti pubblici in quanto organi di movimenti politici. ‘Europa Mediterranea’: questo il nome del ‘movimento’ del Denaro che nasce grazie all’iniziativa di quattro parlamentari di Forza Italia: Claudio Azzolini, Salvatore Lauro, Antonio Marzano e Guido Podestà.
Nell’autunno del 2001 Alfonso Ruffo e Clelia Mazzoni, che con il 74 per cento controllano la srl Editoriale Il Denaro editrice del settimanale, e i soci minori (tra gli altri, Ambrogio, Giovanna e Massimo Prezioso con il 10,50 per cento, Vincenzo Iavarone con il 10, Amedeo Giurazza con il 3 e Giorgio Gradogna con l’1 per cento) decidono di partire con il quotidiano.
Il battesimo arriva il 3 ottobre; il redattore capo è Guido Pocobelli Ragosta, poi assunto alla redazione napoletana della Rai, con cinque redattori e tre


Paolo Graziano e Nando Morra

borsisti. Di quella squadra è rimasto fino alla fine l’oggi cinquantacinquenne Giovanni Capozzi, gli altri sono andati tutti via. E negli anni è stata molto veloce la rotazione dei giornalisti; per dare un’idea basta citare alcuni dei redattori capo che con Ruffo hanno cucinato il

giornale: Maria Rosaria Marchesano, Claudio D’Aquino, Enzo Agliardi, Antonio Arricale, Antonello Grassi.
Pur incassando cospicui finanziamenti pubblici la parola ‘sindacato’ è rimasta sconosciuta per i lavoratori del Denaro che sono andati avanti senza dotarsi di un comitato di redazione. Quindi per i giornalisti l’unica difesa era il ricorso alla magistratura e non a caso Ruffo ha riportato diverse sconfitte in tribunale.
”Per stroncare violazioni contrattuali in giornali che vivono di contributi pubblici, - scrisse nel dicembre 2008 Iustitia – nel novembre del 2004, al XXIV congresso della Federazione della stampa a Saint Vincent, venne approvata all'unanimità una mozione che impegnava i nuovi vertici della Fnsi a chiedere al governo di erogare i finanziamenti soltanto alle aziende che rispettassero rigorosamente le leggi e il contratto di lavoro giornalistico”.
Parole al vento; il governo non ha mai fatto niente e niente ha mai fatto l’Assostampa napoletana. Soltanto nel maggio del 2011, quando il comitato di

redazione è presenza indispensabile per sottoscrivere l’accordo per i ‘contratti di solidarietà’, viene eletto un cdr: Enzo Agliardi, Sergio Governale e Ettore Mautone. Ma il comitato di redazione è puro ornamento tanto è vero che quando Agliardi,


Giorgio Gradogna e Guido Pocobelli Ragosta

redattore capo e consigliere della cooperativa ‘Edizioni del Mediterraneo’, dà le dimissioni per cercare nuove occasioni di lavoro non viene sostituito.
Nel decennio scorso il giornale via via si dilata perché Ruffo avvia una serie di iniziative molto onerose con un ritorno vicino allo zero, come ad esempio il Denaro tv. I dipendenti sono lievitati, secondo i dati dei bilanci pubblicati per obbligo di legge: nel bilancio 2011 i dipendenti dichiarati risultano 40, di cui 14 poligrafici e 18 giornalisti (numeri molto diversi dalle presenze in gerenza), eppure dalla primavera del 2011 i giornalisti che confezionano il Denaro hanno stipendi decurtati per i contratti di solidarietà; addirittura nella scheda della cooperativa giornalistica ‘Edizioni del Mediterraneo’ aggiornata ad oggi, al 30 settembre scorso con il giornale agonizzante che da un mese è passato dal quotidiano al settimanale e i redattori che non prendono lo stipendio da giugno (e non lo prenderanno neanche nei mesi successivi), risultano 27 dipendenti.
La crisi, come si è visto, va avanti da molto tempo, ma Ruffo che tutto decide (è anche amministratore unico della cooperativa ‘Edizioni del Mediterraneo’) non sembra intenzionato a cambiare passo. Quando nella primavera del 2011 il presidente dell’Unione industriali di Napoli Paolo Graziano decide di troncare il contratto di fitto con il Denaro per far fruttare il prestigioso


Antonio D'Amato e Flavio Zanonato (*)

appartamento di palazzo Partanna, concesso a condizioni di estremo favore, Ruffo trasferisce il giornale in un grande spazio messo a disposizione dall’allora presidente della Mostra d’Oltremare Nando Morra.
È convinto che la rete di

rapporti, visibili e meno visibili, che ha tessuto in tanti anni gli consentirà sempre di trovare una soluzione. Due episodi. Una decina di anni fa il direttore generale del Banco di Napoli impose il cambio dei quotidiani a disposizione dei responsabili di filiali e agenzie: non più Mattino e Sole 24Ore, ma abbonamenti al Denaro, con il risultato che i direttori delle agenzie furono costretti a comprare a proprie spese il Sole 24Ore.
E appena qualche anno fa, è il dicembre del 2008, Ruffo riuscì addirittura a inserirsi nel ristretto gruppo delle aziende premiate dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano come “eccellenze industriali” della Campania durante un convegno al teatro Mediterraneo con il presidente di Confindustria in carica, Emma Marcegaglia, e l’ex numero uno di viale dell’Astronomia Antonio D’Amato. Quando Iustitia chiese notizie sulla selezione delle quattordici “eccellenze”, dall’Unione industriali di Napoli fecero sapere che dieci aziende erano state scelte dalla Luiss, tre le aveva proposte l’Unione e

non sapevano niente del Denaro. Né fu possibile avere notizie precise interpellando l’ufficio stampa del Quirinale.
Nel progressivo processo di affondamento


Giorgio Napolitano premia Alfonso Ruffo

della nave la redazione ha seguito il capitano sempre più preoccupata, ma silente, con l’ingenua speranza che ci fosse già pronto un piano B. Per ora però non se ne vede traccia. L’unica traccia, se così si può definire, di piano B riguarda Ruffo che ha da qualche mese avviato una collaborazione con il Sole 24Ore diretto dal suo amico Roberto Napoletano.
Che succederà ora? Il futuro di quel che resta del Denaro è nelle mani di un giovane commercialista di Cercola, Giuseppe Formisano, che il 5 dicembre, con decreto numero 615, è stato nominato commissario per la liquidazione coatta amministrativa della cooperativa ‘Edizioni del Mediterraneo’ dal ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato. E Formisano si è già messo al lavoro per predisporre le liste dei creditori e dei fornitori e la prossima settimana incontrerà gli ufficiali della Guardia di finanza che da mesi stanno conducendo indagini, con ispezioni nella sede del giornale, per verificare l’effettiva esistenza di una cooperativa.
Il compito più difficile che attende Formisano però è un altro: accertare che fine hanno fatto i finanziamenti erogati dallo Stato al Denaro (nell’arco che va dal 1997 al 2011 sono stati 26 milioni 628mila 604,68 euro, cioè oltre 51 miliardi e mezzo delle vecchie lire).


(*) Da www.wikipedia.org