L'Ordine sbaglia, ma non va demolito

Caro direttore,
chiedo ospitalità alla tua testata. Vorrei ricordare alla collega Emiliana Cirillo che la camorra è una cosa drammaticamente seria. Mi permetto di parlarne perché l'ho vissuta da vicino professionalmente e personalmente. Sostenere in una mailing list, pur se d'informazione interna al Coordinamento giornalisti precari della Campania, che “ il mio prossimo obiettivo è smantellare l'Ordine dei giornalisti : è una camorra istituzionalizzata...” per poi affermare : “lo scritto era nato sulla scia di un sentimento di goliardia ed entusiasmo” non giustifica né l'argomento, né l'espressione adoperata. Il punto non è l'ipotetica violazione della privacy ma aver paragonato un ordine professionale (tra gli iscritti tanti cronisti che combattono la criminalità) a un'associazione camorristica.
Diceva a una giornalista il personaggio interpretato da Nanni Moretti nel film “Palombella Rossa” che “Chi parla male, pensa male e vive male. Bisogna trovare le parole giuste. Le parole sono importanti”. E noi lavoriamo con le parole per cui, è d'obbligo non essere superficiali o quanto meno farci strumentalizzare dal clima di rivalsa di qualcuno. Le istituzioni vanno difese e, se c'è necessità di cambiarle e migliorarle, bisogna agire solo nel loro interno rispettando le regole e i ruoli.
Ricordo alla collega Cirillo che l'Ordine dei giornalisti della Campania nel 2009 si è costituito parte civile (unico caso in Italia) nel mio processo come parte lesa presso il Tribunale di Napoli per le minacce di morte e le intimidazione subite dalla camorra. Il 10 luglio dello stesso anno il giudice della sezione undicesima Carlo Spagna nella sentenza di condanna (procedimento numero 5948/08) contro due esponenti del clan Giuliano tra l'altro scriveva: “Mai in precedenza un cronista era arrivato a tanto, sfidando la camorra in casa propria, com'essa è abituata a pensare, se si eccettua la vicenda personale di Giancarlo Siani, che giova richiamare per sottolineare la valenza intimidatoria delle interferenze al libero diritto di cronaca...” e ordinava anche il risarcimento delle parti civili costituite (difese dagli avvocati Cesare Amodio e Francesco Caia): “di euro diecimila in favore di Capezzuto e di venticinquemila in favore dell'Ordine dei giornalisti della Campania”. Soldi che saranno devoluti, quando li avremo recuperati, all'associazione “Annalisa Durante” per iniziative sociali al rione Forcella.
Ricordo - e mai potrei dimenticarla - quella mattinata nell'aula del Tribunale: ero seduto tra il presidente dell'Ordine Ottavio Lucarelli e l'ex presidente Ermanno Corsi. A testimonianza che al di là delle contrapposizioni aspre, discussioni, rancori, c'era l'istituzione “Ordine dei giornalisti della Campania” (vecchio corso e nuovo corso) affianco a me che mi cinturava per mettermi in sicurezza e affermare un sacrosanto principio: nell'esercizio delle sue funzioni il giornalista va difeso contro tutto e tutti.
Certo non posso dire lo stesso per alcuni colleghi perfino della mia stessa testata (all'epoca lavoravo per “Il Napoli” gruppo Epolis) che invece di starmi vicino dicevano : “Basta inventarsi una minaccia di cammuriade per guadagnare un risarcimento...”.
Non lo nascondo, non sono tutte rose e fiori, i problemi ci sono. La vicenda del praticantato di Francesco Borrelli - denunciata in solitudine e con coraggio da Iustitia – è lì nel suo enorme scandalo e prima o poi deve essere chiarita come l'oscura pratica da pubblicista di Luigi Cesaro poi bloccata.
Di tono diverso, invece, la recente iniziativa legittima ma, a mio avviso, inopportuna del “Manifesto per amore di Napoli” che l'Ordine dei giornalisti della Campania ha presentato in occasione del Giubileo per l'Informazione, promosso dal Cardinale Crescenzio Sepe. Un endorsement gratuito all'alto prelato – indagato per gravi reati - che per abitudine e manifesta arroganza non risponde alle domande scomode (se qualcuno gliele pone) dei cronisti. L'Ordine dei giornalisti della Campania - questa è una critica - dovrebbe essere meno invischiato o quanto meno più accorto nelle iniziative di rappresentanza e porsi sempre a distanza di sicurezza: giusto per tutelare chi quelle domande le vuole e le può fare.
I conti dell’Ordine sono a posto, e questo è un bene, ma non basta. L'Ordine dovrebbe impegnarsi di più nel rappresentare le nuove istanze della categoria e affrontare con determinazione l'arroganza del caporalato editoriale e le difficoltà del precariato. E proprio perché in dissenso con le politiche e le strategie adottate dall'Ordine ho ritenuto giusto e coerente non partecipare alle ultime consultazioni.
Cara Emiliana, come puoi constatare, non si fanno sconti all'istituzione ma rispettandola sempre e comunque. Ritengo profondamente sbagliato demolire un'istituzione facendola passare alla stregua di una cosca della camorra. Sono sicuro che forse non pensavi veramente le cose che hai scritto. E nell'augurarti di chiarire la vicenda, sono sicuro anzi certo che il tuo praticantato andrà a buon fine. Nessuno può pensare che per garantirsi trenta voti si neghi a una cronista un diritto acquisito sul campo.

Arnaldo Capezzuto

 

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