I giudici lavorano,
il Disciplina riposa

DA OLTRE CINQUE mesi la sesta sezione penale della Corte di cassazione (presidente Anna Petruzzellis, consigliere relatore Enrico Gallucci) ha condannato Giovanni Aruta, dipendente Atitech, sindacalista Cisl e giornalista pubblicista, a due anni e due mesi di reclusione per maltrattamenti aggravati e lesioni ai danni della moglie in presenza di un minore. La decisione della Suprema corte chiude l’intero iter giudiziario perché conferma le condanne che Aruta ha già incassato in primo grado e in appello.
Quali sono state le sanzioni erogate dall’Ordine regionale e dal consiglio di disciplina campano al sindacalista violento? La risposta è semplice:

assolutamente nessuna. A metà gennaio l’allora presidente dell’Ordine Ottavio Lucarelli, poi commissariato, veniva intervistato da Vincenzo Iurillo del Fatto Quotidiano, cadeva dalle nuvole e diceva di non saperne niente nonostante fossero

Luciano Mottola e Enrico Varriale

state emesse, e riportate dai giornali, la sentenza di primo grado nel novembre 2020 e la decisione della Corte d’appello di Napoli. Assicurava comunque al cronista che il Consiglio di disciplina avrebbe “immediatamente” aperto un fascicolo. Una urgenza evidentemente non condivisa dal presidente del Disciplina Diana Miraglia che per limitarsi ad aprire il fascicolo ha atteso la riunione fissata al 24 febbraio. Ha poi continuato ad avanzare con ritmo lentissimo convocando Aruta per il 23 maggio, che però non si è presentato e non ha inviato comunicazioni. È stata quindi fissata una seconda convocazione per il 3 luglio. Se andrà deserta se ne riparlerà in autunno dopo le meritate vacanze. Intanto Aruta continua a svolgere senza problemi la sua attività giornalistica come direttore di Prospettive, mensile diffuso nei comuni di Acerra, Casandrino e Casoria.
Il dato grave però è che Aruta non costituisce un’eccezione. Anche in altri episodi che vedono giornalisti iscritti all’Ordine campano coinvolti in vicende penali o protagonisti di episodi molto discussi non c’è traccia di un Disciplina particolarmente attivo. Ci sono i casi di Mario De Michele condannato in primo grado a tre anni e 10 mesi per avere simulato di essere vittima di attentati, con colpi di pistola, a causa della sua attività giornalistica; dell’ex vice direttore di Rai Sport Enrico

Giovanni Aruta e Mario De Michele

Varriale a giudizio per lesioni e stalking nei confronti dell’ex fidanzata; del sindaco del comune di Melito Luciano Mottola, arrestato il 18 aprile scorso per scambio politico mafioso.
Come si esce da
questo pantano? Una

soluzione utopistica potrebbe venire dall’Ordine regionale che uscirà dalle prossime elezioni puntando a un nuovo Consiglio di disciplina formato da giornalisti che abbiano un’idea alta del lavoro di custode della deontologia professionale dei giornalisti. Più concreta invece una seconda ipotesi. Di fronte a rinvii e traccheggiamenti dei consiglieri del Disciplina campano vanno messi immediatamente in mora e passare a fasi successive di giudizio: il Consiglio di disciplina nazionale presieduto da Elio Donno e la procura generale guidata Luigi Riello, che ha la vigilanza sull’attività degli ordini professionali.