Che cos'è ora il Denaro, giornale fondato da Orazio Mazzoni e Alfonso Ruffo nel 1991, dato per morto nel dicembre 2013 e risorto come Lazzaro due mesi dopo?
È diventato un blog? Un portale? Un giornale on line? Sparito da ottobre il giornale cartaceo, tramontato a quanto pare il progetto di franchising editoriale lanciato qualche mese fa sulla home page e di cui oggi sopravvive solo il link, ora il Denaro si è reincarnato nel sito web ilDenaro.it, che propone settimanalmente una sorta di ‘giornale’ scaricabile in formato pdf, dalla foliazione, dalla periodicità e dalla fisionomia più e più volte variata in questi ultimi mesi.
Ma soprattutto, ilDenaro.it (in qualsivoglia forma si ripresenti) è privo di gerenza. Non si capisce chi ne sia l'editore e chi ne sia il direttore responsabile.
È come un'automobile che circola, sia pure con fatica, senza targa, senza libretto di circolazione, senza assicurazione. Siamo di fronte a un caso di stampa clandestina, per infrazione alla legge sulla stampa del 1948? Chissà.
Quando ci si sofferma sulla vicenda del Denaro, del resto, gli interrogativi si moltiplicano. Per esempio: che cosa ha deciso il consiglio di disciplina sull'eventuale sospensione dall'Ordine di Alfonso Ruffo, indagato per truffa ai danni dello Stato in relazione all'accesso ai finanziamenti pubblici per l'editoria?
Otto mesi fa, dopo la richiesta di sequestro preventivo dei beni di Ruffo per oltre sedici milioni di euro avanzata dal procuratore aggiunto di Napoli Fausto Zuccarelli, il presidente dell'Ordine dei giornalisti della Campania, Ottavio Lucarelli, si affrettò ad annunciare la consegna al consiglio di disciplina di un dossier sulla vicenda Ruffo. Ma da allora che cosa è accaduto (o non è accaduto)? Di certo, qualora scattasse una sospensione dall'Ordine, Ruffo non potrebbe dirigere un bel nulla. Nemmeno un giornale on line. E l'assenza da mesi di una gerenza sul sito e, soprattutto, sul giornale settimanale scaricabile in pdf, potrebbe destare molte domande.
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