Tribunale ecclesiastico,
cambia il numero uno?

È PREVISTA IN tempi molto brevi la sentenza del tribunale civile di Napoli che deciderà sul risarcimento da versare ad Arturo Borrelli da parte dell’ex cancelliere arcivescovile della curia di Napoli Luigi Ortaglio. Una sentenza che potrebbe avere riflessi significativi sull’organizzazione del Tribunale ecclesiastico interdiocesano di Napoli e spieghiamo perché. È necessario però fare alcuni passi indietro.

Il protagonista della vicenda, Arturo Borrelli, dai tredici ai diciassette anni è stato vittima delle violenze sessuali di Silverio Mura, il suo insegnante di religione alla scuola che frequentava a Ponticelli, un quartiere della zona orientale di Napoli.
La vittima ha denunciato gli abusi subìti attraverso i media,

Arturo Borrelli

ha scritto una lettera a papa Francesco ma prima di tutto si era rivolto alla curia partenopea guidata dal cardinale Crescenzio Sepe senza trovare ascolto. Intanto per proteggere la moglie e i tre figli utilizzava il nome di copertura di Diego Esposito. Il suo attivismo ha forse infastidito i vertici della curia che per rispondere alle inchieste dei giornali il 6 febbraio del 2017 pubblicano sul sito della chiesa di Napoli un comunicato firmato da Luigi Ortaglio che in trentadue righe riesce a scrivere ben otto volte il vero nome della vittima degli abusi del sacerdote Mura.
Ma le norme sulla privacy vietano la diffusione di dati sensibili e considerano reato la pubblicazione del nome delle vittime di abusi sessuali. Borrelli, assistito dal penalista Gianfranco Iannone presenta quindi una denuncia alla procura di Napoli. Il 12 febbraio del 2020 il giudice Anna Laura Alfano della quarta sezione penale del tribunale di Napoli deposita le quattordici pagine della sentenza con la quale condanna Ortaglio, che ha chiesto il rito abbreviato, a quaranta giorni di carcere, con pena sospesa, e al pagamento delle spese legali, con il rinvio della quantificazione dei danni a un giudizio da tenere davanti alla magistratura civile.
Il 3 giugno del 2022 arriva la decisione della seconda sezione penale della Corte d’appello (presidente Carmela Iorio, consiglieri l’estensore Corinna Forte e Maria Dolores Carapella) che giudica infondate le tesi della difesa di Ortaglio, conferma in pieno la sentenza della giudice Alfano ma prende atto che il reato commesso è estinto per prescrizione.

Gianfranco Iannone

Perché allora è importante la decisione del giudice civile? Perché chiude il cerchio sulle responsabilità di Ortaglio che forse non a caso nel giugno del 2020, pochi mesi dopo la condanna in primo grado, è stato nominato da Sepe vicario giudiziale, quindi di fatto numero uno operativo, del Tribunale ecclesiastico

interdiocesano partenopeo. Ma può un sacerdote che è stato condannato, e poi prescritto, per un reato grave come la rivelazione delle generalità di una vittima di abusi sessuali pubblicandone otto volte nome e cognome mantenere un incarico così delicato? E quale credibilità ha il tribunale ecclesiastico per chi si trova a dovere essere giudicato da Luigi Ortaglio? E anche in questo caso Domenico Battaglia, dal 2 febbraio 2021 arcivescovo di Napoli, sceglierà la strada del silenzio, come ha fatto con l’arresto alla Facoltà teologica di Capodimonte di un dipendente genero di un boss della ‘ndrangheta e con le inchieste sulla cattiva gestione del patrimonio immobiliare della chiesa napoletana, preferendo parlare soltanto di temi esterni alla chiesa e quindi meno urticanti come gli episodi di violenza tra giovani e giovanissimi?