Repubblica, decapitata
la redazione napoletana
CON UN COLPO secco di machete Ezio Mauro ha decapitato la diarchia che da dieci anni regnava sulla redazione napoletana di Repubblica: il redattore capo responsabile Luigi Vicinanza va a Salerno a dirigere la Città, che fa parte della catena dei quotidiani locali Finegil, una spa controllata dall'Editoriale L'Espresso; il vicario, e pari grado, Antonio Corbo, rimane a piazza dei Martiri, con compiti di notista e inviato, ma con il divieto esplicito di occuparsi del desk, cioè della fattura del giornale.
Al loro posto sbarca da Palermo il napoletano Giustino Fabrizio, che cede la guida dell'edizione siciliana ad Angelo Melone, proveniente dalla redazione romana. A dare una mano a Fabrizio viene spostato da Bologna, con un trasferimento a termine, Domenico Del Prete che diventa il numero due. Per
Napoli probabilmente ci saranno altre novità, ma arriveranno tra un paio di mesi.
I trasferimenti lungo l'asse Bologna-Roma-Napoli-Palermo rientrano in più ampio riassetto di Repubblica che parte dal vertice del quotidiano. Da metà aprile ci sono due

Antonio Corbo e Luigi Vicinanza
nuovi vice direttori: l'editorialista Massimo Giannini e il redattore capo centrale, oltre che art director, Angelo Rinaldi; la poltrona di Rinaldi va al suo vice, Mario Calabresi, il trentaquattrenne figlio del commissario Luigi Calabresi, in formidabile ascesa, che sarà sostituito dal redattore capo del Venerdì, Angelo Aquaro.
A gennaio è andato in pensione, ma solo sulla carta, il vice direttore Alfredo Del Lucchese, pisano di Terricciola, da poco sessantenne, che con un suo ufficio è rimasto nello staff di vertice del giornale come interfaccia tra amministrazione e redazione, pronto a intervenire per smussare gli angoli sulle questioni più delicate, che al momento sono due: il trasferimento della redazione centrale dalla sede storica di piazza Indipendenza a largo Fochetti e il giornale interamente a colori da varare nel giro di un anno.
IL COMMISSARIO
Prima di cercare di capire i perché delle esecuzioni partenopee, vediamo chi sono i protagonisti del girotondo, che, a Repubblica Napoli e Palermo, è operativo da sabato tre aprile, mentre Vicinanza si insedierà a Salerno sette giorni dopo.
Romano, quarantotto anni a luglio, da venti professionista, ex redattore capo dell'Unità, Angelo Melone arriva a Palermo dall'ufficio centrale di Repubblica.
Torna alla redazione di piazza dei Martiri Domenico Del Prete, origini campane (è nato a Mondragone nel dicembre del '48), bolognese d'adozione, una laurea in Scienze politiche, dal 1982 professionista. Del Prete si avvicina al giornalismo come simpatizzante del Manifesto e nel '77 comincia l'attività come corrispondente del 'quotidiano comunista'; cinque anni dopo passa alla redazione bolognese di Repubblica e cresce fino a diventare vice redattore capo. La prima missione a Napoli è del '98; arriva il primo marzo come numero due della redazione che è stata affidata ad Antonio Corbo dopo il passaggio di Luigi Vicinanza al Mattino come vice del direttore Paolo Graldi.


Antonio Bottiglieri, Ercole Lauro e Antonio Spinosa

La missione dura due anni: Del Prete rientra a Bologna nel maggio del 2000 perché è ormai maturo, con il ritorno di Vicinanza a piazza dei Martiri dopo la deludente esperienza al Mattino, il varo della diarchia Vicinanza-Corbo, che si insedia a fine maggio.

Giustino Fabrizio, cinquantuno anni a marzo, da ventitre professionista, è un napoletano che dal 1983 vive lontano dal golfo ("devo ri-conoscere la città", ammette), ma ha mantenuto saldo il rapporto con Napoli, la città dove vivono la madre e i fratelli, sono nati i figli (Dario nel '77 e Nina nel '79) e insegna sua moglie, Rossella Savarese, docente di Teoria e tecnica delle comunicazioni di massa alla facoltà di Sociologia della Federico II.
"Il primo articolo - ricorda - l'ho scritto nell'ottobre del '72; era la recensione del film Arancia meccanica pubblicata su Ls, mensile dei francescani. Per i primi anni mi sono occupato di cinema e di informazione, collaborando con il quattordicinale La Voce della Campania, il mensile Prima comunicazione e conducendo in Rai un programma curato da Antonio Bottiglieri , 'Spazio regione' in onda alle 14,30".
Alla metà degli anni settanta diventa pubblicista e si impegna nell'attività sindacale. È tra i più attivi nell'organizzare la corrente dei giornalisti progressisti, Rinnovamento sindacale, minoranza in Campania dove è guidata da Ermanno Corsi, maggioranza a livello nazionale, con la leadership del segretario della Fnsi Luciano Ceschia. Nell'aprile del '78 viene ringiovanita la segreteria regionale di Rinnovamento: escono Carlo Franco, Augusto Muoio e Mario Simeone, vengono confermati Giuseppe Calise e Sergio Gallo, affiancati da Antonio Bottiglieri, Nello Cozzolino, Emanuele Imperiali e Nando Spasiano. Della segreteria fa parte anche Giustino Fabrizio, confermato alla direzione del giornalino della corrente.
L'impegno sindacale paga. Agli inizi del '79 Ercole Lauro, nel disperato tentativo di raddrizzare i conti del Roma, decide di abbandonare le sponde della destra e ricollocare il quotidiano di famiglia su posizioni filogovernative. La direzione viene affidata ad Antonio Spinosa e il primo febbraio del '79 vengono assunti quattro praticanti: Andrea Cinquegrani, Antonello Grassi, Antonio Sasso e Giustino Fabrizio. La nuova avventura dura poco, giusto il tempo perché i quattro portino a termine il praticantato; il 2 novembre del 1980 il Roma chiude e rivedrà la luce soltanto dieci anni dopo.
Intanto dal '78 Carlo Franco ha lasciato la Rai per passare al Mattino e deve mollare la corrispondenza di Repubblica da Napoli. Prende il suo posto Corsi e, con la chiusura del quotidiano di Lauro, Fabrizio, che già collabora con il giornale di Scalfari ("il primo articolo, nel '78, era sulla gastronomia"), diventa

vice corrispondente, incarico che mantiene fino al 1983 quando viene assunto alla redazione centrale. Ma non dimenticherà l'aiuto avuto per le assunzioni al Roma e a Repubblica.
Corsi, dal 1989 presidente dell'Ordine campano dei giornalisti, si

Andrea Cinquegrani, Antonello Grassi e Antonio Sasso
è da molti anni spostato su posizioni sindacali di frontale contrapposizione a Autonomia e solidarietà (la corrente di centro sinistra nata dalla ceneri di Rinnovamento), che governa Federazione e Ordine nazionale, ma Fabrizio, che ha conservato la residenza partenopea alla Riviera di Chiaia, viene con regolarità a dare il suo contributo ad ogni scadenza elettorale.
Alla redazione romana Fabrizio viene assegnato al politico e in una decina di anni sale tutti i gradini fino alla promozione nell'ufficio centrale con la qualifica di redattore capo, decisa da Scalfari nel 1995. "E nel '97 fui io - ricorda - a fare a Ezio Mauro il nome di Mario Orfeo come capo del politico. Il direttore mi ascoltò e fu un'ottima scelta perché Orfeo ha due grandi qualità: l'intelligenza e la tenacia, intesa come resistenza alla fatica".
All'ufficio centrale Fabrizio rimane quattro anni, poi, il primo marzo del '99, viene nominato responsabile della redazione di Palermo, al posto di Federico Geremicca che ha gestito il complicato varo dell'edizione siciliana.
LA DIARCHIA
Nel 2000 il regista dell'operazione diarchia è Alfredo Del Lucchese, spedito a Napoli nel '92 per riassestare la redazione dopo la dispendiosa gestione di Franco Recanatesi che aveva tenuto a battesimo l'edizione partenopea nell'aprile del 1990. Compiuta l'operazione, nel gennaio 1994 Del Lucchese affida il testimone a un emergente dell'ufficio centrale di Repubblica, Luigi Vicinanza, allora non ancora trentottenne, che si insedia a poche settimane di distanza dalla conquista di Palazzo San Giacomo da parte di Antonio Bassolino, vincitore del ballottaggio contro Alessandra Mussolini.
"Ma il presidente della Regione Campania - puntualizza Vicinanza - non c'entra assolutamente niente con il mio arrivo a Napoli nel '94, né con il trasferimento al Mattino e con il mio rientro Repubblica nel 2000. In dieci anni siamo stati insieme a cena due volte: la prima a casa di Enzo D'Errico nel gennaio del '94, quando mi ero appena insediato; la seconda nel '96 dopo un dibattito. Posso aggiungere che Bassolino sindaco ha rappresentato un importante elemento di novità per Napoli, ma negli ultimi anni le sue mosse sono state sempre meno intelligibili e sul giornale non abbiamo mancato di sottolinearlo".
Ma torniamo all'operazione diarchia. "A prima vista - scriveva Iustitia nel giugno 2000 a proposito del tandem Vicinanza-Corbo - l'idea di due capi insieme a Napoli non sembra una grande trovata. Si intravede il rischio di un motore che si imballa a vantaggio della concorrenza agguerrita di un Mattino in


Carlo Franco, Augusto Muoio e Nando Spasiano

ripresa e di un Corriere del Mezzogiorno forte del traino della corazzata Corriere della sera. A Roma, nella stanza dei bottoni di Repubblica, sono però convinti che l'accoppiata può funzionare. E forniscono tre motivi: 'per quattro anni, dal '94 al '98, hanno

lavorato bene insieme; sono complementari: uno, Vicinanza, più politico, l'altro infaticabile facitore di pagine; è nell'interesse di entrambi che la coppia cammini e cammini spedita".
E Ezio Mauro nella visita di rito a piazza dei Martiri per ripresentare Vicinanza alla redazione parlò della guida a due teste varata a Napoli come di "un modello da esportare nelle altre redazioni".
Ma Mauro e i suoi consiglieri si sbagliavano e hanno impiegato quattro anni per accorgersene.
"Eppure era di tutta evidenza - osserva uno dei redattori anziani - che il ritorno di Gigi sarebbe stato un abbraccio mortale. Nel '94 Corbo dava il meglio nella speranza di diventare prima o poi il capo. Dal 2000 in avanti era un giornalista retrocesso, castigato, insoddisfatto, che ha indebolito Vicinanza, perché se non ti senti più sicuro del tuo vice non sposti neanche una scrivania".
C'è invece chi non crede che Corbo negli ultimi anni abbia lavorato con il freno a mano tirato. E spiega: "Il decennio di Vicinanza è diviso in due fasi nettamente distinte: prima del Mattino, dopo il Mattino. Dal '94 al '98 c'è una gestione dinamica, a stretto contatto con l'azienda e un collegamento forte con uno dei vertici del giornale, Antonio Polito, stabiese ed ex Unità come Vicinanza. Dopo il rientro non proprio trionfale del 2000, ha prevalso la scelta di camminare sotto traccia limitando al minimo gli interventi su Roma, anche perché l'andata via di Polito gli ha tolto punti di riferimento. Corbo, concentrato esclusivamente sul suo lavoro, è sempre stato carente nel dialogo con il vertice del giornale e non ha mai avuto punti di riferimento a piazza Indipendenza. Si è così creata una situazione di sostanziale frattura con la sede centrale, che ha penalizzato Roma e Napoli: loro non hanno avuto tutta una serie di servizi interessanti, noi non siamo andati come dovevamo sulle pagine nazionali".

MAURO IL SABAUDO
Martedì 3 marzo la notizia del cambio al vertice di Repubblica circola ad alta velocità, come un comunicato stampa o un lancio d'agenzia, in tutte le redazioni partenopee. Soltanto a piazza dei Martiri dormono sonni tranquilli. La sveglia la dà un giornalista del Roma che chiama un collega di Repubblica e questi fa da trombettiere scrivania per scrivania, stanza per stanza. In redazione c'è Corbo, che rimane di sasso: è un grande attore o davvero è all'oscuro di tutto? C'è da propendere per la seconda ipotesi perché nella
vicenda Napoli il direttore Ezio Mauro si è mosso con una durezza francamente inspiegabile, deciso a ribaltare il cliché del "piemontese falso e cortese".
Il 17 marzo è Napoli. La mattina ha insediato a Palermo Angelo Melone; nel pomeriggio, con un

Antonio Bassolino, Enzo D'Errico e Alessandra Mussolini
volo privato, raggiunge Capodichino e si presenta a piazza dei Martiri accompagnato dal direttore generale Carlo Ottino, da Del Lucchese, Fabrizio e Melone, che non partecipa all'incontro con i giornalisti. E Mauro, dopo avere ringraziato Del Lucchese anche in questa occasione prezioso incastratore di tasselli, spara a muso duro le sue verità, senza prestare grande attenzione alla forma.
Non perde l'occasione per ricordare a Vicinanza i due anni di 'tradimento' al Mattino; dice che dall'investimento fatto su due capi redattori si aspettava di più; elogia con enfasi i cinque anni di lavoro di Fabrizio a Palermo, un elogio che suona soprattutto come critica alla cose non fatte dal capo e dal vicario. Tra queste Ottino inserisce anche il 'Trova Napoli', il settimanale tascabile di appuntamenti che il giornale pubblica da anni a Roma e a Milano.
Passa a liquidare Antonio Corbo, che nelle stanze di piazza dei Martiri vive da prima che aprisse l'edizione partenopea, con un solo aggettivo: 'leale'. E, in un passaggio di consegne in cui i riconoscimenti sinceri o ipocriti si regalano, 'leale' non è un grande riconoscimento dopo quattordici anni di lavoro, che certo sarà stato anche discutibile, ma che, altrettanto certamente, è stato generoso e animato da un convinto esprit de maison; basti ricordare, nello scorso aprile, la sua corsa affannosa a casa dell'assessore Rosalba Tufano, per rimediare all'intervista con scambio di assessori che né il capo della redazione, né il desk avevano letto con un minimo di attenzione.
Per Corbo la condanna è senza appello e viene marcata dal ruolo riconosciuto a Fabrizio di governatore che non deve avere ombre intorno e da risistemazioni logistiche che sfrattano l'ex vicario dalla sua stanza dirigenziale per isolarlo in fondo al corridoio, nella stanzetta più lontana, senza balcone sulla piazza, ma con un affaccio laterale.
Il direttore passa a occuparsi delle vendite e della linea editoriale. Parla di "erosione" delle posizioni raggiunte e lascia capire che non bisogna accontentarsi di contenere le perdite, ma far crescere le vendite. Cita l'aumento delle copie ottenuto da Fabrizio in Sicilia, un clamoroso + 35 per cento in cinque anni in un mercato in arretramento, ma omette di dire che al suo arrivo aveva trovato una situazione pesantissima sul piano dell'organizzazione interna e sul versante delle vendite. Senza contare che il paragone con Napoli è del tutto improprio perché le copie vendute sono in


Paolo Graldi, Franco Recanatesi e Rosalba Tufano

Sicilia su livelli minimi; in soldoni, in Campania, che pure ha registrato negli anni una pesante emorragia, si discute di decine di migliaia di copie e in Sicilia solo di migliaia di copie.
L'elenco delle critiche tocca quindi un tasto particolarmente delicato,
quello delle scelte politiche e editoriali della Repubblica partenopea: "non tutte le edizioni - denuncia aspro il numero uno di piazza Indipendenza - sono allineate al quotidiano nazionale".
Prima di chiudere Mauro, piemontese di Dronero, ne ha anche per i giornalisti. A loro ricorda che Giustino Fabrizio è andato a Palermo da commissario e con lo stesso incarico arriva a Napoli e "nello zaino ha gli scarponi e il bastone". Parole quasi minacciose rivolte a questi 'napoletani', talvolta sfaticati, spesso scalcinati, sempre anarchici, che hanno bisogno di una bella scozzonatura.
LA DECAPITAZIONE
"Il cambio a piazza dei Martiri - assicura Vicinanza - non è una decapitazione; si è soltanto chiuso un ciclo. Dopo dieci anni era naturale e giusto per me e per la redazione che ci fosse un ricambio. Da tempo mi stavo interrogando sul da farsi e quando Maurizio De Luca (direttore editoriale dei quotidiani della Finegil e dal novembre 2002 direttore della Città di Salerno, ndr) mi ha proposto di guidare il quotidiano salernitano, ho detto subito sì. Ed era implicito che, saltato il ticket Vicinanza-Corbo, anche per Antonio c'era un problema di ricollocazione".
In redazione sono invece convinti che si sia trattato di un "taglio brutale che, al di là dei giudizi di merito magari condivisibili, è assolutamente offensivo per chi per tanti anni si è speso senza risparmio e proietta un'ombra negativa sull'intera squadra. Una durezza da giornale di partito. E in Campania c'è almeno un precedente; risale ai primi anni novanta quando l'editore del Roma Pasquale Casillo dalla sera alla mattina spedì a casa il direttore Ottorino Gurgo e il vice Gaetano Giordano per ingaggiare Domenico Mennitti".
Sul ricorso alla ghigliottina circolano due spiegazioni: la notizia oramai era uscita e bisognava bruciare i tempi; c'era la necessità di avere un effetto sorpresa e una forza d'urto tale da sbriciolare qualsiasi ipotesi di resistenza.
Di decapitazione si è parlato anche negli altri giornali napoletani. Il direttore del Corriere del Mezzogiorno Marco Demarco ragionando con i suoi redattori si assegnava i panni del boia: la direzione di Repubblica - spiegava - non ha dato a Vicinanza e a Corbo né mezzi, né pagine per crescere, mentre intorno la concorrenza si rafforzava; ma se tu rimani fermo e gli altri camminano o corrono diventa prima o poi inevitabile arrivare a soluzioni traumatiche.
"Ho sentito circolare questa lettura, - conferma pacato Vicinanza - è però una lettura che prescinde dai fatti. La torta dei quotidiani venduti è sempre più piccola, ma in un mercato che si restringe, noi stiamo meglio degli altri. Prendiamo il venduto 2003 di Napoli città: il Mattino oscilla tra le 26-28mila
copie, Repubblica è sulle 15-16mila, il Corriere del Mezzogiorno sulle 8-9mila. E arriviamo al dato più significativo che è quello delle variazioni 2003 sul 2002: noi abbiamo chiuso con un - 1,6 per cento, il Mattino a - 4 per cento, il Cormezz a - 6 per cento. Va anche
Marco Demarco, Rosa Russo Iervolino e Riccardo Marone
detto che siamo saldamente il secondo quotidiano a Napoli e negli altri capoluoghi, a cominciare da Salerno dove il Cormezz ha una redazione e fa la ribattuta di prima pagina".
Anche sulle critiche alla linea editoriale l'ormai ex numero uno di piazza dei Martiri dissente. "Siamo stati e siamo autorevoli e attendibili - dichiara con orgoglio - sia sul fronte delle notizie che su quello dei commenti. Mi limito a citare alcune questioni. Siamo stati i primi a segnalare le avvisaglie di cedimento e sgretolamento dello spirito pubblico. Nella campagna elettorale del 2001, con Riccardo Marone che traccheggiava per rimanere in carica, siamo intervenuti a ripetizione e l'abbiamo fatto dimettere. Nello stesso periodo abbiamo segnalato i rischi del ritorno a palazzo San Giacomo, in posizioni di rilievo, di personaggi addirittura laurini in caso di vittoria del centro destra . E credo che la nostra campagna abbia pesato sul successo della Iervolino. Sul fronte delicato della giustizia, mentre gli altri sceglievano la strada del cerchiobottismo, abbiamo con coerenza denunciato la degenerazione della procura, e potrei citare addirittura un mio articolo del 1995 che già avviava una riflessione sulla questione. Quando, nell'autunno del 2002, decine di magistrati hanno firmato il primo documento contro Cordova noi su questa notizia abbiamo aperto il giornale, mentre altri l'hanno relegata in una pagina interna per fare le prime due pagine sui marocchini squagliati".
IL NUOVO GIORNALE
Ma se in Campania le vendite di Repubblica vanno meglio di quelle degli altri quotidiani e l'autorevolezza è intatta, perché la decapitazione? I motivi principali sono due: dare una scossa a una redazione seduta e mettere a punto anche la rotella Napoli in vista del varo del quotidiano tutto a colori.
Il 2004-2005 è il biennio della sfida per la leadership nazionale tra Corriere della sera e Repubblica e il terreno scelto dai due management è il quotidiano tutto a colori con un numero di pagine ancora maggiore. Nello scorso autunno il vertice del Gruppo Editoriale L'Espresso ha annunciato uno stanziamento di 180 milioni di euro per il full color con tutte le tipografie sparse per l'Italia in grado di partire entro il dicembre 2004; l'amministratore delegato della Rizzoli Corriere della sera Media Group Maurizio Romiti ha replicato con un


Orazio Boccia, Gabriella Cevoli e Mario Orfeo

investimento di 190 milioni di euro e l'impegno di far esordire il nuovo giornale nella primavera 2005.
Per la Campania e la costa del basso Tirreno, dal Garigliano a Reggio Calabria, la Repubblica verrà stampata a Fuorni, nell'area industriale a sud di Salerno, nella tipografia
delle Arti Grafiche Boccia, la spa controllata da Orazio, Vincenzo e Maurizio Boccia. Il passaggio al nuovo stabilimento è previsto per la prima decade di maggio e da subito l'edizione napoletana sarà tecnicamente in grado di stampare a colori l'intero blocco o singole pagine così come sta avvenendo a Milano con alcune inserzioni pubblicitarie.
L'aumento della foliazione e il colore richiederanno un rigoroso rispetto dei tempi di chiusura per il passaggio in tipografia. E questo è un vero punto dolente per Napoli considerata da Roma la redazione che gira alla tipografia il maggior numero di rogne e ha sulle chiusure lo standard peggiore. "Un problema - precisa uno dei cronisti di piazza dei Martiri - dovuto più a Corbo che a Vicinanza. Gli interventi nascevano da una voglia di perfezionismo, ma avevano conseguenze disastrose sul lavoro del desk e sui tempi perché alla ricerca del giornale più bello e più ricco cambiavamo a ripetizione impaginazione, foliazione, titolo, foto e notizia. Sono convinto che uno dei primi interventi di Fabrizio sarà un drastico taglio della creatività".
E veniamo al nodo 'redazione seduta'. Al di là della solidarietà per colleghi con i quali ci sono stati tanti anni di lavoro comune, di cui si è fatta interprete Daniela D'Antonio nell'incontro con Ezio Mauro, la sensazione è che, con l'arrivo di Fabrizio, tutti abbiano tirato un sospiro di sollievo.
C'è chi oggi recrimina: "Il tappo del doppio vertice ha penalizzato tutti anche in termini di gradi e riconoscimenti economici. Nell'arco di dieci anni la strategia di Vicinanza è stata di non chiedere niente per i redattori, nemmeno per quelli a lui più vicini. E mi riferisco anche a richieste minime, come computer nuovi per chi va in giro".
C'è chi punta l'indice anche sui colleghi: "Abbiamo scontato una doppia usura, quella del vertice e quella di una redazione nata con giovani professionalmente capaci che sono invecchiati senza crescere perché non hanno avuto chance e perché non se le sono andate a cercare. Un'indolenza tanto più colpevole dal momento che si sa che l'azienda su tutte le redazioni locali, e non solo su Napoli, non investe".
E c'è chi fa autocritica: "Nella seconda fase Vicinanza ha tirato un po' i remi in barca e sul giornale troppo spesso c'è stata l'impronta di Corbo, che è un bravissimo cronista di strada ma ha una vasca troppa corta, nella quale nuotano poche persone. E alcune hanno davvero poco a che fare con la storia di Repubblica. Ma anche sugli argomenti da affrontare ci siamo via via chiusi. E in alcuni giorni è venuto fuori uno strano giornale. Mi riferisco allo spazio
eccessivo dedicato a fatti di nera, alla difesa talvolta acritica di qualche esponente delle forze dell'ordine, ai resoconti sulle vicende dei No global, quando l'edizione nazionale e le pagine napoletane sembravano due giornali diversi.
Noi abbiamo visto quello

Francesco Rasulo, Marco Sarno e Edoardo Scotti
che succedeva, ma non siamo mai intervenuti con energia, magari chiedendo di discutere a fondo la linea politica ed editoriale".
Tra le questioni che Fabrizio dovrà affrontare ci sono gli abusivi. Sono soltanto due, ma attendono da anni di vedere regolarizzata la loro posizione. Parliano di Giantomaso De Matteis e Antonio Tricomi: il primo spremuto da una raffica di sostituzioni, il secondo titolare di fatto del fronte spettacoli. Qualcuno, Ottavio Lucarelli per fare nomi e cognomi, ha tentato di aggregare ai due precari storici anche un collaboratore, Ferruccio Fabrizio, fratello di Giustino. L'argomentazione utilizzata è che ha ottenuto, con gli articoli scritti per le pagine napoletane di Repubblica, il riconoscimento del praticantato d'ufficio dall'Ordine dei giornalisti della Campania, di cui Lucarelli è consigliere. Sembra però un tentativo maldestro destinato a creare più un problema che un favore a Giustino Fabrizio, perché altri giornalisti hanno ottenuto il riconoscimento dall'Ordine, ma per loro non c'è stata l'assunzione; è il caso di Gabriella Cevoli, non colaboratrice, ma abusiva in redazione, dall'esordio dell'edizione napoletana, nell'aprile del '90, fino al novembre '92.
LA CABINA DI REGIA
Chi sarà il nuovo vicario? Fabrizio non si sbilancia. "Per ora vado a Napoli e vedo quale è la situazione; - dice - per decidere c'è tempo". Sulla carta, ci sono almeno cinque mesi, il periodo fissato per la trasferta napoletana di Del Prete. Mesi che verranno spesi per capire se è praticabile una soluzione interna o è preferibile una esterna.
Oggi il desk è formato da un capo servizio, Marco Sarno, che Fabrizio conosce perché un anno fa in occasione del vertice internazionale sulla sicurezza è stato distaccato a Palermo per tre settimane, e due vice, Francesco Rasulo e Edoardo Scotti. In caso di scelta interna, in autunno, quando Del Prete rientrerà a Bologna, da questa terna uscirà il numero due di piazza dei Martiri.
Uno dei redattori si domanda: "Ma i tre sono capaci? Non sono capaci? Non lo sappiamo perché i diarchi hanno occupato caselle che stavano più in basso rispetto al loro ruolo, comprimendo gli spazi di autonomia dei deskisti. Ma se tu capo ti riduci a fare il deskista, lavori come un somaro, non ti guardi più intorno e perdi il contatto con la città. Ora spero che Fabrizio metta i tre alla prova e tragga delle conclusioni".
Sulle conclusioni c'è chi è ottimista. "Veniamo da anni di governo coloniale della redazione; - fa notare uno dei deskisti - penso ai capi che abbiamo avuto: il 'romano' Recanatesi, il 'pisano' Del Lucchese, persino lo stabiese Vicinanza è arrivato da Roma; e penso ai vice: il 'palernitano' Lombardozzi, il 'bolognese' Del Prete. Scorrendo gli organici delle altre sedi, vediamo che esiste un'anomalia partenopea. Forse ora, dopo quattordici anni, si apre finalmente la prospettiva di un numero due napoletano". E le parole di Fabrizio sembrano confortare questa speranza: "Il numero due di Palermo (il nisseno Enzo D'Antona, ndr) quando sono arrivato in Sicilia era vice capo servizio, oggi è vice redattore capo".
E torniamo alle scelte per Napoli. In linea teorica alla terna Sarno, Rasulo,


Daniela D'Antonio, Giantomaso De Matteis e Antonio Tricomi

Scotti c'è un alternativa interna, con lo spostamento al desk dell'inviata Eleonora Bertolotto.
Torinese di Rivoli, cinquantasette anni da compiere a fine maggio, da trentadue professionista, la Bertolotto ha una lunga
esperienza di desk. È stata capo cronista e redattore capo a Stampa sera e vice capo cronista alla Stampa, diretta da Gaetano Scardocchia; nel '91, direttore Paolo Mieli e condirettore Ezio Mauro, lascia il quotidiano torinese per passare alla Finegil come redattore capo volante e viene parcheggiata a Genova; nel '95 arriva alla redazione di piazza dei Martiri, con un trasferimento sperimentale per tre mesi. Ed è evidente che l'esperimento deve essere andato bene. L'ipotesi della Bertolotto al desk non è una novità; le fu già chiesto nel 2000, al rientro di Vicinanza dal Mattino, ma lei decise di non accettare.
Su come cambierà il giornale Fabrizio è prudente (vedi anche il fondo di presentazione che ha firmato il 4 aprile), ma su un punto è chiaro: deve funzionare bene il collegamento con la redazione centrale, con la quale deve esserci uno scambio continuo.
"A Palermo tutti i miei redattori - dice - sono andati per un periodo a Roma. Se conosci unicamente la realtà locale rischi di sbagliare, ma è un rischio che corri anche se conosci soltanto la macchina giornale. La redazione di piazza dei Martiri è una realtà più strutturata rispetto a quella palermitana, ma non escludo di ripetere a Napoli l'operazione fatta in Sicilia".
Intanto, oltre al numero due, Fabrizio deve scegliere un altro redattore da inserire al desk. Soluzione interna o esterna? Si vedrà. È però probabile che nel giro di un paio di mesi un elemento nuovo sbarchi a piazza dei Martiri. L'arrivo probabile è quello di Enrico Del Mercato, natali napoletani,
quarant'anni, da dieci professionista, redattore dell'edizione siciliana di Repubblica. A Palermo dal '76, Del Mercato è laureato in Giurisprudenza e ha cominciato a lavorare al Giornale di Sicilia. "L'assunzione - ricorda - è arrivata il 23 maggio del '92, il giorno della strage
Eleonora Bertolotto e Alfredo Del Lucchese

di Capaci". Nel '97, con l'apertura della sede di Palermo, il passaggio a Repubblica dove si occupa della cronaca politica regionale, dedicandosi soprattutto alle inchieste e agli approfondimenti.
"Per ora non c'è niente di deciso; - dice - Giustino mi ha chiesto se ero disposto a trasferirmi. Gli ho risposto di sì perché sono tifoso del Napoli, mi piace correre l'avventura e ho avuto il via libera da mia moglie (Marina Turco, redattrice del Telegiornale di Sicilia, la tv del Giornale di Sicilia, ndr). Con Giustino mi trovo bene: ha la grande capacità di creare un gruppo di lavoro affiatato, vede le doti di ognuno e riesce a valorizzarle, sa cogliere gli aspetti ironici dei fatti".