Cellophane, cellophan, chellofane

Caro direttore,
mi sono molto divertita al tuo garbato rilievo, anche perchè quella che tu ritieni l’unica è stata sempre anche la mia versione preferita della parola cellophane, cui quel giorno tolsi in un secondo momento la e finale (per evitare storie) dopo il richiamo di uno dei capi che mi avvertiva: «Tu l’hai scritta con la e, l’altro senza. Mettetevi d’accordo». E allora, senza neanche guardare il pezzo del collega, tolsi quella e finale ritenendo comunque di non sbagliare per una rapida associazione di idee: cellophan come nylon, rayon - tutti derivati plastici, dal polipropilene (brevetto mondiale Montedison), una scoperta grazie alla quale dagli anni Cinquanta tra l’altro possiamo usufruire del comfort della maglieria nell’abbigliamento.
Però il tuo articolo mi ha fatto venire il dubbio e dunque sono andata a controllare:
Il vocabolario Palazzi recita: «Cellofane» (come ha scritto il collega).
Il Devoto e Oli: «Cellophane, dal francese, usato talvolta in luogo dell’adattamento italiano céllofan o cellòfan».
Un ottimo vocabolario inglese/italiano: «Cellophane = cellofane».
E però nel «Come si dice» di Luciano Satta è scritto: «Cellofane - la pronunzia migliore è quella sdrucciola, cellofàne. Ci sono poi le grafie cellofano, celofano, cellofan tutte più o meno buone ma anche tutte più o meno inutili, per rendere il francese cellophane. Uguale è la grafia dell’inglese e del tedesco (che però ha anche cellophan); lo spagnolo ha celofan. In un libro di Carlo Laurenzi leggiamo l’adattamento cellofan in corsivo, e ci sembra superfluo. I fautori dell’intatto cellophane possono avere dalla loro un cavillo: il nome è depositato».
Infine ho consultato il «Manuale di Giornalismo» di Sergio Lepri & company dove la parola che cercavo non esiste ma ho trovato: «Nylon - si può italianizzare in nailon, ma naylon è ingiustificato».
Secondo te, si può parlare proprio di errore?
Grazie per l’attenzione (vorrei imparare ancora tante cose).

  Luisa Russo