'Doppia corta',
blitz al Mattino

SI RIUNISCE L'OTTO giugno a Napoli, al Maschio angioino, la Commissione pari opportunità della Federazione della stampa, presieduta da Marina Cosi. La proposta di un incontro in Campania è stata avanzata dal consigliere della Fnsi Patrizia Capua e subito accettata dalla Cosi e dal vice presidente della Cpo Maria Luisa Busi. L’appuntamento nasce dalla necessità di contrastare con forza il blitz operato dai dirigenti del Mattino sul riposo compensativo, o doppia corta, cioè sul diritto a un secondo giorno di riposo settimanale per chi lavora la domenica.
L’accordo sul riposo compensativo è in vigore da decenni e interessa dieci

redattori (Daniela De Crescenzo, Gregorio Di Micco, Carla Di Napoli, Chiara Graziani, Daniela Limoncelli, Donatella Longobardi, Cinzia Peluso, Luisa Russo, Gaty Sepe, Donatella Trotta), che hanno un’età media di 49 anni, spaziando dai 59 di


Raffaele Del Noce, Massimo Garzilli e Mario Orfeo

Gregorio Di Micco, l’unico uomo, ai 44 anni di Chiara Graziani. L’anzianità aziendale media supera i 15 anni e la veterana è Luisa Russo in organico al Mattino dal ’73, quando il quotidiano era edito dalla Cen.
Ai dieci il 9 febbraio è arrivata una lettera con la quale il capo del personale dell’Edime Raffaele Del Noce comunicava che a partire dal primo marzo veniva abolito il riposo compensativo nel caso di lavoro domenicale. La decisione unilaterale dell’azienda veniva da quasi tutti gli interessati contestata per iscritto, ma il direttore amministrativo dell’Edime Massimo Garzilli tirava diritto per la sua strada dichiarando al cdr (Paolo Barbuto, Maurizio Cerino, Enzo Ciaccio) che la decisione era del tutto legittima e aveva il conforto del parere ‘pro veritate’ chiesto al professore Mario Rusciano.
Ma che cos’è un parere ‘pro veritate’? “Pro veritate – è la risposta di Rusciano – vuol dire che mi è stato chiesto di approfondire gli aspetti di una questione senza sposare aprioristicamente nessuna tesi. In passato sono stato interpellato dalle Ferrovie, d’intesa con i sindacati, per fornire un parere che


Mario Rusciano e Paolo Serventi Longhi

non necessariamente è favorevole al committente”. In questo caso però l’incarico arriva soltanto dai dirigenti del Mattino. “Ho avuto una richiesta da Garzilli in quanto ordinario di Diritto del lavoro e direttore del dipartimento di Diritto dei rapporti civili e economico-sociali dell’università Federico II, tant’è vero che il compenso è stato pagato dal Mattino all’università,

che mi ha poi girato una parte del compenso. In ogni caso nel valutare la questione non mi soffermerei su chi è stato il committente, ma guarderei al merito delle argomentazioni sviluppate nelle nove pagine del parere, che ovviamente possono essere anche contestate”.
Infatti in tutt’altra direzione va la lettera inviata all’Assostampa napoletana da Giancarlo Tartaglia, direttore della Fnsi dal primo agosto 1987. “L’articolo 19 del contratto – scrive Tartaglia – prevede che in presenza del lavoro domenicale i giornalisti hanno diritto a 1/26esimo della retribuzione mensile maggiorato del 55% ‘ovvero alla sola maggiorazione del 55% e al riposo compensativo se addetti alle redazioni che attualmente e abitualmente fruiscono di detto riposo compensativo’. Alla luce di questa disposizione contrattuale non vi è dubbio che i giornalisti, i quali fruiscono del riposo compensativo per lavoro domenicale, abbiano diritto a mantenere questo regime, che né l’azienda né il direttore possono modificare unilateralmente”. Intanto il 21 febbraio sei dei redattori con doppia corta hanno indirizzato un appello all’Assostampa, all’Ordine dei giornalisti della Campania e al comitato di redazione. “Vista l’unilateralità dell’atto, – denunciano le giornaliste – che

ha tra l’altro scavalcato il direttore dal quale a norma di contratto dipende il giornalista, vi chiediamo di intervenire per le violazioni al contratto nazionale di lavoro e del diritto del lavoratore di concordare differenti regimi contrattuali individuali. Vi


Carla Di Napoli, Chiara Graziani e Luisa Russo

facciamo altresì presente che ognuna di noi ha costruito la sua vita professionale, per almeno un decennio, sui tempi garantiti da tale regime contrattuale. Ognuno ha coltivato dall’assunzione attività, interessi, aggiornamenti che sono ormai parte incancellabile del suo bagaglio di professionista dell’informazione”.
Dall’Ordine campano dei giornalisti nessuna risposta, dal sindacato aziendale e territoriale un balletto inconcludente, con un’assemblea di redazione convocata a fine febbraio, poi revocata, quindi riconvocata, con il risultato che i presenti erano in tutto una decina.

Il sindacato evanescente
Così a quattro mesi dall’annuncio di Del Noce e a tre mesi dall’entrata in vigore del nuovo regime sulla doppia corta, il sindacato aziendale e l’Associazione napoletana della stampa, presieduta dal redattore capo del Mattino Gianni Ambrosino, sono in surplace. In coda alle assemblee o nei corridoi, membri del cdr annunciano la volontà di denunciare l’Edime per attività antisindacale e Ambrosino puntualizza che prima di prendere qualsiasi iniziativa attende che venga fissata la commissione paritetica di Fnsi e Fieg. Si tratta però di un alibi che non sta più in piedi. “La paritetica – fa sapere Tartaglia – era stata convocata per la Nuova Sardegna, poi si erano aggiunti i nodi del Mattino e della Gazzetta di Parma. La commissione era fissata per il 31 maggio, ma alcuni giorni prima gli editori ci hanno comunicato


Francesco Gaetano Caltagirone e Federico Pirro

l’indisponibilità di due loro rappresentanti ed è stata rinviata a data da destinarsi perché intanto è intervenuta la rottura delle trattative per il rinnovo del contratto”.
Anche sulla denuncia dell’editore per attività antisindacale c’è un palleggiamento con Ambrosino che ritiene l’iniziativa di competenza del comitato di

redazione. “L’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori – chiarisceTartaglia – affida in via esclusiva alle associazioni territoriali (quindi all’Associazione napoletana della stampa, ndr) la presentazione alla magistratura della denuncia per attività antisindacale”.
La citazione in tribunale per Caltagirone e i suoi dirigenti non costituirebbe una novità; hanno infatti già incassato, dopo le denunce, la condanna. Nell’estate del ’98 quando il costruttore romano rilevò il Quotidiano di Lecce dall’ex ministro Claudio Signorile venne denunciato alla magistratura dall’Assostampa pugliese, allora presieduta da Federico Pirro, perché non aveva rispettato il protocollo che prevede l’obbligatorietà della consultazione del sindacato territoriale in caso di cessione d’azienda o di ramo d’azienda. E la magistratura di Lecce condannò i neo editori del Quotidiano con una sentenza diventata definitiva.
In Campania invece tutto stagna: l’Assostampa aspetta, il cdr aspetta, la gran parte della redazione appare disinteressata, con alcuni colleghi addirittura infastiditi. Il parere di Tartaglia, affisso nella bacheca sindacale del giornale, è stato stracciato una decina di volte e imbrattato con disegni e scritte derisorie, in alcuni casi diffamatorie, ovviamente anonime. Persino qualcuno dei dieci redattori non si agita granché per contrastare il colpo di mano dell’azienda. È il caso di Daniela Limoncelli, componente del direttivo della Napoletana, delegata al congresso di Saint Vincent e dallo scorso luglio titolare, con Renato Rocco, dello sportello antimobbing dell'Assostampa, che a breve chiuderà un primo anno di inerzia totale, in una realtà come quella campana

che di casi da seguire ne offre a getto continuo. E la sindacalista Limoncelli non ha firmato neanche l’appello all’Ordine e alle rappresentanze sindacali.
La resistenza al blitz dell’Edime è quindi affidata soprattutto ai cinque o sei redattori decisi a difendere con i


Paolo Barbuto, Maurizio Cerino e Enzo Ciaccio

denti i loro diritti, come peraltro hanno già fatto in passato. “Una quindicina di anni fa – ricorda Gregorio Di Micco, componente del cdr in rappresentanza della sede di Salerno – Pasquale Nonno mi chiese di rinunciare alla doppia corta. Al mio rifiuto fui assegnato per due mesi a disposizione del direttore, a non far niente dalla mattina alla sera, finché non intervenne il cdr”. “Oggi i tempi sono cambiati - commenta una delle giornaliste colpite – e abbiamo davanti una battaglia difficile proprio per la latitanza di chi dovrebbe tutelarci. Se c’è un Ambrosino don Abbondio, vivace ai party e pavido nelle vertenze, e un cdr che sguscia, non dimentichiamo il ruolo da Ponzio Pilato svolto dal direttore Mario Orfeo, che in questa vicenda è del tutto assente. In questo modo Orfeo continua a cedere a Garzilli, pezzi dei suoi poteri, perché, in base all’articolo 6 del contratto, l’organizzazione del lavoro al giornale è di sua esclusiva competenza. Non a caso Del Noce, nella lettera con la quale ci informa del colpo di mano, fa un esplicito rinvio “all’assetto organizzativo e produttivo predisposto dal direttore”. Anche se non è per niente chiaro quale sarebbe l’assetto “attuale”di cui parla”.
Sui nodi Orfeo e redazione è intervenuta il 21 aprile con un documento la commissione Pari opportunità della Fnsi per deplorare “l’atteggiamento di indifferenza da parte del direttore” e criticare “alcuni sconcertanti episodi accaduti in redazione, testimonianza non solo di insensibilità, ma anche di scarsa lungimiranza sulle conseguenze negative che lo scollamento redazionale può avere sulla complessiva difesa dei diritti di ciascun giornalista”.
C’è poi chi fa notare che sulla ‘doppia corta’ i dirigenti del Mattino tornano


Daniela Limoncelli, Renato Rocco e Donatella Trotta

periodicamente all’attacco: “Garzilli e Del Noce ci hanno provato anche al momento del contratto integrativo aziendale sottoscritto nel novembre del 2002 dal cdr formato da Enzo Ciaccio, Marco Esposito e Pietro Treccagnoli. Ma furono stoppati da una

netta presa di posizione del segretario generale della Fnsi Paolo Serventi Longhi. Il dato grave, rispetto agli anni scorsi, è che siamo passati dalle pressioni per farci cambiare idea con forzature dialoganti a un colpo di mano; ma se a via Chiatamone passa il blitz sulla doppia corta può passare di tutto, anche un licenziamento. La nuova linea aziendale ha una spiegazione: prima il pressing su uno o più redattori per tagliare il riposo compensativo veniva esercitato dai graduati dei vari settori quando volevano coinvolgerti di più (e valorizzarti) nella fattura del giornale. Ricordo, ad esempio, il caso di Paola Perez, scelta da Scamardella quando diventò capo cronista. Ora la decisione è tutta dei vertici aziendali e per loro, senza trattative e senza contropartite, la pattuglia residua, non a caso composta soltanto da redattori senza gradi, va semplicemente azzerata”.

L'attacco di febbraio
Ma perché i dirigenti dell’Edime hanno deciso di sferrare l’attacco di febbraio? La spiegazione, secondo una delle redattrici che ha perso la doppia corta, è semplice: “C’è un contesto decisamente favorevole all’azienda, con un sindacato, interno ed esterno, se non evanescente, molto debole che non è in grado di organizzare una risposta dura, e una redazione stanca e demotivata. Con queste premesse l’azienda annulla sacche di resistenza e trova una comoda alternativa a nuove assunzioni. Con dieci giornate di lavoro recuperate durante la settimana l’Edime, a un costo basso, ottiene il lavoro di due unità aggiuntive senza pagare il dazio di nuovi stipendi e contributi annessi. Per di più si pongono le premesse per il lavoro domenicale a chiamata, come già avviene alle pagine dello sport”.
A fronte dei vantaggi economici, ci sono, sostengono i redattori che hanno perso la doppia corta, danni notevoli per i singoli e, di riflesso, per il giornale. “Per me è una questione di civiltà e di vivibilità; – spiega una cronista – il giornalista si nutre di rapporti sociali, ma che rapporti può avere chi per sei giorni su sette esce dal carcere di via Chiatamone tra le 22,30 e le 23?”
Decisamente sofferta la testimonianza di un’altra collega: “Premetto che

comunque non farò causa all’azienda nella quale lavoro da decenni, ma devo dire che il taglio della doppia corta per noi è devastante. Ed è paradossale che la richiesta mi arrivi oggi che ho superato i cinquanta anni. Siamo in un’età in cui accusiamo i primi


Marco Esposito, Claudio Scamardella e Pietro Treccagnoli

acciacchi e non c’è neanche il tempo di andare da un medico. Qualche giorno fa per fare degli accertamenti urgenti ho preso un giorno di ferie. Ho difficoltà persino a fissare un appuntamento con l’idraulico o a pagare l’assicurazione. Stiamo al giornale dodici ore al giorno e se sei di turno la notte finisci all’una e mezza; tra il recupero della macchina e il rientro, sei a casa alle due. Tutti abbiamo o figli e mariti o qualche persona anziana da seguire e siamo costrette a fare salti mortali per garantire ai nostri cari quello sentiamo di dover garantire, come presenza e come affetto”.
Meno partecipato e più frontalmente critico il giudizio di una cronista arrabbiata: “Oggi la donna che ha il grado più alto alla Federazione editori è Azzurra Caltagirone, figlia del boss e dallo scorso luglio vice presidente Fieg in rappresentanza del Mattino. Ebbene proprio questa ragazza di trentadue anni consente un’offensiva illegittima sui tempi di lavoro di donne giornaliste, sconvolgendo l’organizzazione di vita che si sono date da anni. Evidentemente la scelta non è casuale: a febbraio è arrivata la lettera di Del Noce, a febbraio c’è stata la disdetta del contratto nazionale. Forse la famiglia Caltagirone vuole candidarsi a diventare la testa d’ariete del fronte degli editori”.
Sarebbe stato interessante registrare l’opinione di Azzurra Caltagirone, una ragazza che “pensa prima di parlare” come scrisse in una memorabile cover story del ’97 Prima comunicazione, ma Umberto Mancini, responsabile della comunicazione e delle relazioni esterne della Caltagirone Editore spa, fa sapere che sulla questione Mattino l’editrice“non intende rilasciare dichiarazioni”.