Rai, "la realtà è stata
ignorata o stravolta
"

Un gruppo di redattori della sede Rai di Napoli ha elaborato un dossier ricco di cifre e fatti sulla gestione dell’informazione regionale voluta dal redattore capo Massimo Milone. Nel documento vengono elencati i numeri delle citazioni e delle interviste messe in onda di amici e di amici degli amici e le notizie ‘dimenticate’, i soffietti e i silenzi del Tg della Campania


PREMESSA

Questa raccolta di cifre, fatti e brevi considerazioni finali nasce dal disagio di larga parte della redazione del Tg Campania della Rai. Un recente documento critico nei confronti dell’attuale gestione ha raccolto 27 firme (la maggioranza dei 44 redattori in servizio).
La prima parte racconta con i numeri una gestione del servizio pubblico che può apparire privatistica, in cui rapporti personali, amicizie e convenienze stravolgono la normale scala di valori dell’interesse giornalistico, a tutto discapito non di un’etica astratta ma, più semplicemente, del telespettatore.
La seconda parte, necessariamente limitata, è un florilegio dei casi più clamorosi in cui la realtà è stata ignorata o stravolta. Non sempre e non solo per inadeguatezza professionale, ma anche perché dai vertici redazionali il servizio pubblico è stato inteso come centro di potere, ufficio stampa di relazioni più o meno pericolose, portavoce di gruppi e singoli dai comportamenti a volte discutibili.


PARTE I – L’ELOQUENZA DEI NUMERI

Nei circa 1820 giorni in cui è stato arcivescovo di Napoli (dal 20 maggio 2006 ai primi di giugno 2011) ci sono stati 1332 tra servizi e notizie sul cardinale Crescenzio Sepe. Uno ogni 1,3 giorni. Ecco, nello stesso periodo, la copertura su altre cariche istituzionali, surclassate da Sepe:

Sepe

1332

Prefetto (Renato Profili, Alessandro Pansa, Andrea De Martino)


516

Procuratore (Giovandomenico Lepore)

428

Questore (Oscar Fioriolli, Antonino Puglisi, Santi Giuffrè, Luigi Merolla


250


Nello stesso periodo, il Tgr di Milano ha realizzato sull’arcivescovo del capoluogo lombardo 371 servizi, quasi solo un quarto di quelli dedicati da Milone a Sepe. Il Tgr Lazio, nello stesso periodo, ha realizzato su Ratzinger 752 servizi, quasi la metà di quelli napoletani per Sepe.

Nicola Cosentino, Alessandro Milita, Giuseppe Narducci e Alfonso Papa

L’amicizia per Sepe non è solo nei numeri. Quando il 16 giugno 2010 le agenzie di stampa parlano a raffica di un suo coinvolgimento nell’inchiesta sugli appalti della “cricca”, per i vertici della redazione questa “non è una notizia”. Il 19 giugno arriva l’avviso di garanzia, e nel tg della notte viene letta una notiziola in cui si dice, però, che Sepe e Lunardi “sarebbero” indagati, anche se la notizia è ufficiale da ore.
Università napoletane La copertura dall’insediamento di Milone (10 luglio 2003) a oggi (numero di servizi):

Federico II

955

Suor Orsola Benincasa

527 (uno ogni 5,4 giorni)

Parthenope

108

Sun

56

Orientale

40


In quasi otto anni, gli unici contratti a tempo determinato alla Rai di Napoli sono stati firmati da giornalisti provenienti dal Suor Orsola (diventati professionisti pagando i 12-13mila euro del master): per la precisione sono stati sette, alla media di quasi uno all’anno. Il Suor Orsola conta tra i suoi docenti anche Massimo Milone, che insegna una materia delicata come “etica e deontologia della professione”.
Secondo i dati del Coordinamento giornalisti precari della Campania il settanta per cento dei giornalisti usciti dalle scuole campane (Napoli e Salerno) è disoccupato.
I politici amici Si segnala l’exploit del senatore del Pdl Raffaele Lauro, con 102 presenze. Per l’ex capo della segreteria politica di Antonio Gava valgono forse come referenze il processo che subì per la vicenda dei fondi neri del Sisde (da cui uscì indenne nell’onore e nel portafogli, visto che dalle carte processuali emerge che come prefetto percepiva uno stipendio di 60 milioni di lire al mese) e le parole della Federazione Antiracket Italiana, che, all’indomani della sua nomina a commissario straordinario antiracket, parlò di nomina “illegittima e irregolare”.
Niente a che vedere, comunque, col feeling per Nicola Cosentino, coordinatore regionale del Pdl: le sue vicende giudiziarie (richiesta di arresto per presunti rapporti col clan dei Casalesi) vengono regolarmente oscurate o ammorbidite. Quando il 18 aprile 2011 c’è la seconda udienza del processo a suo carico non si può proprio fare a meno di riferirne, ma il collega inviato in Tribunale ha la delicatezza di intervistare l’imputato Cosentino e il suo avvocato Stefano Montone. Per i pm Narducci e Milita un’inquadratura di sfuggita è più che sufficiente. Quando poi arrivano i ballottaggi per l’elezione del sindaco di Napoli, il vertice della redazione si incarica di tagliare dall’intervista a De Magistris i riferimenti del candidato a “Lettieri prestanome politico di Cosentino”, senza per altro avvertire il collega autore del servizio (Diego Dionoro, ndr), come prevede l’art. 9 del Contratto nazionale di lavoro giornalistico.

Lucio D'Alessandro, Nello Formisano, Gianni Lettieri e Franco Salvatore

Di una certa considerazione ha goduto – almeno fino alla richiesta di arresto per l’inchiesta P4 – anche il deputato Pdl ed ex magistrato Alfonso Papa: 33 presenze, per la maggior parte negli ultimi tre anni, e per lo più interviste sui problemi della giustizia. Solamente per inciso, e in maniera non suggestiva, si segnala l’attenzione del mondo accademico nei confronti di Papa: il Suor Orsola Benincasa lo ha avuto tra i suoi docenti in materie giuridiche, così come la Libera Università del Mediterraneo (fondata dall’ex senatore del centrodestra Giuseppe Degennaro, che, fino alla scomparsa, ne fu anche presidente e rettore; unico incidente di percorso, la condanna a 16 mesi per voto di scambio: comprati dal clan dei Capriati 2000 voti di preferenza).
Il vicepresidente della I Municipalità, l’amico Maurizio Tesorone, con 32 ricorrenze, tallona il suo presidente Fabio Chiosi (36), e distacca il presidente di un’altra Municipalità importante, il Vomero: Mario Coppeto è fermo a sole 5 citazioni. Amici nella società civile: l’amico Salvo Iavarone (presidente di associazioni come “Mezzogiorno e futuro” e “Italia protagonista”) si guadagna 28 presenze, tallonando Gerardo Marotta dell’Istituto studi filosofici, fermo a 35.
Il 24 maggio 2010 il deputato di Idv Nello Formisano rilascia all’Ansa una dichiarazione al veleno: il Tgr Campania, dice, è politicamente sbilanciato nei suoi servizi sul Pdl, e annuncia che porterà la questione in Commissione di vigilanza: dove, promette, denuncerà anche il presunto conflitto di interessi che vede il caporedattore centrale Milone docente al master di giornalismo del Suor Orsola e al tempo stesso reclutatore, nella sua redazione, di ben sette giornalisti partoriti da quella università. Nei dodici mesi successivi Formisano inanella 150 presenze nel tg tra servizi, notizie, dichiarazioni. La Commissione di vigilanza non sarà mai più investita della questione.
La ricerca scientifica Sul Cnr sono stati realizzati 117 tra servizi e citazioni. Ma Marco Salvatore (70) e il suo Sdn (37), il fratello Franco (24) e il suo Ceinge (55) totalizzano 184 presenze, 67 più del Cnr. Lucio D’Alessandro (preside della facoltà di Scienze della comunicazione e poi rettore al Suor Orsola), oltre a essere ospite fisso degli “speciali” di commento alle tornate elettorali degli ultimi anni, realizza uno score di 220 servizi, a fronte dei 271 di Guido Trombetti, per anni rettore della Federico II.
Raffaele Cantone (109 servizi) e Roberto Saviano (82 servizi) devono unire le loro forze (un totale di 191) per non farsi distaccare troppo dai 220 servizi su D’Alessandro. Legambiente (299 servizi) riesce a tener botta ai 171 servizi su Rotary (106) e Lions (65).
Piccolo exploit per la scienziata Annamaria Colao, che da quando il marito Stefano Caldoro è presidente della Regione (29/3/2010) realizza 8 presenze.

Franco Battiato, Raffaele Cantone, Annamaria Colao e Roberto Saviano

Meglio Carmine Gambardella, preside di Architettura alla Sun: 23 servizi negli ultimi cinque anni, con una accelerazione negli ultimi mesi: ospite in studio (25 ottobre 2010), servizi il 6 novembre 2010, il 2 dicembre 2010 (doppio servizio), l’11 dicembre 2010, ospite in studio il 16 febbraio 2011, servizi il 24 febbraio, il 26 marzo, il 9 aprile, ospite in studio il 6 giugno, protagonista di un collegamento in diretta il 15 giugno,  intervista il 3 luglio.


PARTE II – LA SCOMPARSA DEI FATTI

È il 26 gennaio 2005, l’Italia per tre giorni si spacca in due all’altezza di Atena Lucana, in provincia di Salerno; la neve paralizza l’autostrada Salerno-Reggio Calabria con file interminabili di auto e camion, l’Anas che gestisce l’autostrada istituisce a Roma un centro nazionale per l’emergenza, deve intervenire la protezione civile per evitare assideramenti e reperire alloggi per la notte. Accorrono con ogni mezzo inviati da tutt’Italia; anche la piccola redazione Rai di Potenza si mobilita e copre la notizia con un telecineoperatore e tre inviati. Da via Marconi non si muove nessuno.
Non trascorrono neanche due settimane e il 7 febbraio a Fuorigrotta, il quartiere che ospita la Rai, si rompe una condotta dell’acquedotto; vengono sospese le corse della metropolitana, c’è la deviazione per i treni da e per Roma che utilizzano la linea dei Campi flegrei, un palazzo viene sgomberato dai vigili del fuoco e si allaga una sala bingo, restano senza acqua fino a notte fonda migliaia di persone. Nei tgr non c’è traccia del quartiere in tilt, ma decine di migliaia di automobilisti vengono a sapere dell’allagamento quando la sera si dirigono verso lo stadio San Paolo per vedere la partita Napoli-Reggiana o al Palapartenope per assistere al concerto di Franco Battiato.

2005. 26 gennaio. Repubblica sull'Italia spaccata in due // 7 febbraio. L'allagamento di Fuorigrotta

E siamo a domenica 30 aprile 2006. A Ischia alle 9 di mattina una frana fa quattro morti e nove feriti. Alle 13 il Tg 2 si collega con Napoli: un redattore si limita a leggere le agenzie e ha alle spalle una cartina dell’isola. Un’ora prima Sky Tg 24 aveva un servizio completo da Ischia con immagini e testimonianze. Se per Ischia non scatta la mobilitazione, una copertura adeguata era stata predisposta per un altro avvenimento, la partita tra Napoli e Frosinone al San Paolo, affidata a ben tre redattori.
La sera di giovedì 18 settembre 2008 nella zona di Castelvolturno gruppi di fuoco della camorra uccidono prima un italiano, titolare di una sala giochi di Baia Verde, e poco dopo crivellano con 130 colpi di kalashnikov e pistola sei africani. Il giorno dopo esplode la rabbia delle migliaia di immigrati che abitano nella zona. Sul litorale domizio arrivano gli inviati di tutte le testate nazionali, cartacee e televisive, e sabato 20 i giornali aprono sulla rivolta di Castelvolturno. Milone invece il 20 settembre prepara una scaletta diversa per i suoi uomini prevedendo quattordici servizi: sei riservati alla politica, con doppia copertura della festa del Pdl a Telese e del Pd alla Mostra d’Oltremare, poi spazio ai Radicali e al Movimento per l’Autonomia; quindi il Real sito di Carditello, un concerto della Fondazione Mondragone, una gara di go kart per disabili ad Avellino, convegni di chirurgia plastica a Salerno e di Odontoiatria a Grottaminarda, una marcia a Pietrelcina, il museo diocesano a Donnaregina, un pellegrinaggio di gruppi religiosi per l’Inno a Maria a Pompei, dove è atteso Rocco Buttiglione, fratello di Angela, all’epoca direttore della Tgr, la testata giornalistica regionale, da cui dipende la sede Rai di Napoli. Niente per la strage di Castelvolturno, né una troupe, interna o d’appalto, né un cronista.

30 aprile 2006. Frana a Ischia con 4 vittime // 18 settembre 2008. 7 morti e rivolta a Castelvolturno

L’8 giugno 2011, alle 14.36, l’Ansa dà la notizia degli scontri tra immigrati e forze dell’ordine nel centro di Santa Maria Capua Vetere. Altra agenzia alle 16.05, con nuovi drammatici particolari. Ancora un’Ansa alle 18.13, che completa il quadro parlando di un incendio che ha devastato la struttura, del tentato suicidio di un immigrato, di feriti tra i poliziotti. Nel tg delle 19.30 zero: neanche una parola, diversamente dal Tg3 nazionale, che già alle 19 dà copertura del fatto. In compenso ci sono servizi sulla internazionalizzazione delle imprese, sulla nomina di nuovi cavalieri del lavoro, sulle ricerche nel campo dell’enzimologia, su una conferenza del presidente onorario della Fondazione “Società di studi politici”.


CONCLUSIONI

Fin qui i fatti oggettivi: cifre e documenti, casi eclatanti ma non isolati. Più delicato descrivere il clima dell’ambiente di lavoro, perché entra in gioco la soggettività. Si possono più o meno tollerare arroganza e turpiloquio (“non me ne fotte un cazzo” è la risposta standard a ogni commento di merito), ma, più in generale, si notano alcuni tratti ricorrenti e consolidati.
La riunione di redazione, che in qualsiasi giornale è momento di confronto e valutazione dei fatti, è stata ribattezzata “dettato di redazione”: la scaletta, generalmente preparata la sera prima, viene rapidamente dettata al conduttore. Le osservazioni sono sgradite e liquidate con fastidio. L’irruzione di notizie nuove – la materia stessa del lavoro di ogni giornalista – è avvertita come l’inopportuna violazione di uno schema prefissato. Il giornalista che porta una notizia, o uno spunto di approfondimento, è un disturbatore della quiete pubblica. A meno che gli approfondimenti non siano (e citiamo dall’ordine del giorno del 16 giugno scorso) il premio Fanzago, l’inaugurazione della residenza Rotary (con Sepe, ovviamente), la rassegna “Alla corte di Federico II”, la “prima mozzarella islamica”, il concorso “MostramiNapoli”, un forum sulla “primavera araba”, la presentazione di “Estate a Napoli”. Questo il giorno dopo l’esplosione dell’inchiesta sulla P4, il cui cuore è a Napoli. La cronaca giudiziaria è liquidata come “gossip” (testuale).
Uno schema la cui ratio – di fatto, quindi, è questa la linea editoriale del Tg Campania – è raccontare ai cittadini un mondo mediocre, dove questo aggettivo è da intendere nel suo significato etimologico. Un mondo i cui punti di crisi vengono sistematicamente oscurati, quando la missione del servizio pubblico dovrebbe essere proprio quella di cogliere le crepe nel muro sociale, e raccontarle.
Quando la realtà si fa ingovernabile, i servizi più delicati vengono spesso assegnati ai colleghi del bacino dei precari: i più deboli, i più ricattabili, i più manipolabili. E se qualcuno ha un guizzo giornalistico, paga l’errore (fare il proprio lavoro) venendo rapidamente dirottato sul convegno del giorno.
La scomparsa dei fatti, però, non è semplice sciatteria, o codardia, o opportunismo. È almeno due cose più gravi.
1) È il tradimento sostanziale della Carta dei doveri del giornalista, come sancito dall'articolo 2 della legge n. 69 del 3 febbraio 1963: “Il giornalista deve rispettare, coltivare e difendere il diritto all'informazione di tutti i cittadini; per questo ricerca e diffonde ogni notizia o informazione che ritenga di pubblico interesse, nel rispetto della verità e con la maggiore accuratezza possibile. Il giornalista ricerca e diffonde le notizie di pubblico interesse nonostante gli ostacoli che possono essere frapposti al suo lavoro e compie ogni sforzo per garantire al cittadino la conoscenza ed il controllo degli atti pubblici. La responsabilità del giornalista verso i cittadini prevale sempre nei confronti di qualsiasi altra. Il giornalista non può mai subordinarla ad interessi di altri e particolarmente a quelli dell'editore, del governo o di altri organismi dello Stato”.
2) Roberto Saviano scrive: “l’obiettivo morale e ideologico che mi ha spinto a fare letteratura è stato quello di indagare per raccontare, di osservare la realtà, di ascoltare i fatti, di aprire lo sguardo ad una prospettiva nuova, per combattere la criminalità sviluppando una nuova coscienza sociale dei cittadini”.  Ma nel giornalismo, non indagare, non raccontare, non osservare, non ascoltare, non aprire lo sguardo, non sviluppare la coscienza sociale dei cittadini, quanto risponde al ruolo di quel “servizio pubblico” invocato come alibi a miopia e sordità?