Aruta, un'ordinanza
pignora lo stipendio

È TRASCORSO più di un anno dalla condanna della Corte di cassazione per il pubblicista di Arzano Giovanni Aruta a due anni e due mesi di reclusione per maltrattamenti aggravati e lesioni alla moglie in presenza di un minore.
Sulla vicenda del dipendente Atitech, sindacalista della Cisl, direttore responsabile del mensile Prospettive il Consiglio di disciplina della Campania, presieduto da Diana Miraglia, fino alle dimissioni improvvise

presentate a settembre, e poi da Bianca Desideri, che si è insediata il 4 dicembre, ha probabilmente stabilito un primato nazionale difficilmente eguagliabile: in oltre dodici mesi,

Giovanni Aruta e Bianca Desideri

con motivazioni varie, non è riuscito neanche ad ascoltare Aruta che continua tranquillo a svolgere la sua attività giornalistica come risulta dalla gerenza del numero di Prospettive mandato in edicola a gennaio. Forse a febbraio ci sarà l’incontro con il ‘condannato in Cassazione’ e vedremo le decisioni che verranno adottate. Mentre però il Disciplina è in pratica immobile, la magistratura per fortuna continua il suo lavoro. Con un’ordinanza il giudice della terza sezione civile del tribunale di Napoli Nord Anita Massimo ha disposto il pagamento all’ex moglie un importo di 6.260 euro, oltre interessi. Il pignoramento del quinto dello stipendio di Aruta presso il suo datore di lavoro, l’Atitech presieduta da Gianni Lettieri, è relativo alla previsionale stabilita dal giudice penale ad anticipo del risarcimento per quanto subito dalla parte offesa, alla quale Aruta non aveva dato seguito pur in presenza di una sentenza esecutiva. Sarà poi il giudice civile, a seguito di una nuova citazione, a stabilire l’entità del risarcimento.
Intanto c’è una nuova vicenda sulla quale non arrivano notizie dal Disciplina. È il caso di Emanuela Belcuore, napoletana, quarantuno anni, residente in provincia di Avellino, a Roccabascerana, giornalista pubblicista dal primo marzo del 2011, fino all’estate scorsa garante dei detenuti della provincia di Caserta. Il 5 luglio scorso il pm Gionata Forte della procura di Santa Maria Capua Vetere, guidata da Pierpaolo Bruni, ha comunicato che Emanuela Belcuore era indagata con l’accusa di corruzione e altri reati perché avrebbe favorito un recluso del carcere di Santa Maria considerato vicino al clan dei Casalesi e avrebbe anche chiesto alla direttrice del carcere e al giudice di sorveglianza di preparare relazioni favorevoli al suo ‘protetto’, ricevendo un rifiuto. Il 12 gennaio

Emanuela Belcuore e Pierpaolo Bruni

è stato reso noto che il giudizio contro l’ex garante dei detenuti del Casertano si è chiuso con una condanna a un anno e dieci mesi di reclusione con sospensione condizionale della

pena. Una vicenda che per motivi misteriosi è stata ignorata da cronisti napoletani; per recuperarla si devono leggere le pagine casertane del Mattino che in taglio basso pubblicano un servizio di Biagio Salvati.
Anche in questo caso la magistratura ha completato in pochi mesi il proprio lavoro. Non sappiamo se il Disciplina abbia almeno aperto un fascicolo sulla vicenda Belcuore e rimaniamo in attesa di eventuali decisioni che, visti i precedenti, non sono prevedibili in tempi brevi.