Mattino all’attacco
del sito il Napolista

NEL GIRO DI otto giorni Massimiliano Gallo, direttore del sito il Napolista, ha beccato tre ceffoni dai giornalisti del Mattino: ha cominciato il direttore Federico Monga accusandolo di ignoranza, “un peccato capitale per chi fa il giornalista”; ha continuato il numero due dell’ufficio centrale Pietro Perone che, nel servizio per ricordare il giornalista del Mattino Sergio Gallo (il padre di Massimiliano) appena scomparso, riesce a scrivere parole davvero sgradevoli: Sergio “era capace di dare la giusta dimensione alle cose perché una tragedia

umana o un dramma sociale non può avere la stessa valenza di una delusione calcistica”; chiude il ‘pestaggio’ il capo dello sport Francesco De Luca, che dopo aver impartito al direttore del Napolista una lezioncina di oltre cento righe sul

Federico Monga e Pietro Perone

giornalismo e sull’obbligo di una verifica rigorosa di tutte le notizie puntualizza che “le informazioni, soprattutto se hanno a che fare con la salute, devono essere maneggiate con cura e non come in un grande bar sport, dove ci si può permettere di fare poca differenza tra il vero, il verosimile, il si dice e il falso”.
Una successione di colpi violenti che sorprende e non può essere spiegata soltanto con la frustrazione e lo stress da lockdown di cronisti da mesi costretti a dialogare quasi esclusivamente con il proprio computer o con gli attacchi a volte martellanti e aspri indirizzati da Gallo nei confronti delle redazioni sportive dei principali quotidiani napoletani. Cerchiamo allora di capire cosa è successo.
Il 10 febbraio il Napoli viene sconfitto a Bergamo dall’Atalanta per 3 a 1 ed eliminato dalla finale di Coppa Italia. Massimiliano Gallo decide di riprendere con vigore la sua campagna contro l’allenatore degli azzurri Rino Gattuso, giudicato una brava persona ma non un bravo allenatore, comunque inadeguato per una squadra che coltiva ambizioni di vertice. Sceglie perciò un titolo d'impatto per convincere il patron degli azzurri Aurelio De Laurentiis a licenziare subito l’allenatore: “Fate presto”. “È il titolo (pensato dal direttore Roberto Ciuni e dal redattore capo Pietro Gargano, ndr) – scrive Gallo – che quel gigantesco Mattino concepì per il dramma del terremoto del 1980 e per il ritardo negli aiuti. Noi lo

Marco Azzi e Aurelio De Laurentiis

chiamiamo capziosamente in causa per richiamare la famiglia De Laurentiis a un soccorso più che mai urgente. Anche se in questo caso, per fortuna, non ci sono vite da salvare”.
Tutto chiaro quindi: Gallo utilizza un titolo

che è nella storia del giornalismo e, grazie a Andy Warhol e Lucio Amelio, è diventato anche un’opera d’arte e lo fa “capziosamente” per forzare la mano a De Laurentiis. La spiegazione non è sufficiente per chi è pronto ad attaccare la piccola preda.
L’undici febbraio lancia l’offensiva Marco Azzi cronista sportivo di Repubblica Napoli. Esordisce con una citazione di Oscar Wilde, poi ripresa da Benito Mussolini, e passa all’esame del titolo utilizzato che “ha suscitato fastidio e anche un po’ di legittimo disgusto”. Poi continua: l’accostamento tra la tragedia del terremoto e la scoppola degli azzurri a Bergamo “è stato definito dai più (cioè da chi?, ndr) vergognoso e squallido”. E chiude meravigliandosi che il direttore del Napolista non abbia ancora chiesto scusa per aver utilizzato il titolo ‘sacro’.
Il giorno successivo, con una riflessione nella rubrica delle lettere, scende in campo Federico Monga di cui stiamo imparando a conoscere la profondità del pensiero e la sobrietà del linguaggio. Forse basterebbe il titolo: “L’insopportabile abuso del titolo Fate presto”. Ma il direttore del Mattino ci tiene a essere chiaro: “in più occasioni mi è stato chiesto di riproporre il titolo ‘Fate presto’. Mi sono sempre opposto per due motivi. In primo luogo per il rispetto di quella prima pagina, diventata opera d’arte; in secondo luogo per il rispetto dei morti, dei feriti, degli sfollati del terremoto dell’Irpinia”. Dopo questa vagonata di retorica, chiude, come detto, con l’accusa di ignoranza indirizzata a Gallo.
Alle cannonate il direttore del Napolista risponde subito: siamo stati

oggetto di “due attacchi che vanno letti perché fanno comprendere lo stato comatoso del giornalismo cosiddetto tradizionale, cartaceo, potremmo dire obsoleto. Con l’aggiunta del provincialismo. In entrambi i casi colpisce l’acredine, l’astio, che

Matteo Lorito e Victor Osimhen

ovviamente va al di là della polemica. E lo comprendiamo. È il fastidio per il Napolista, che nelle loro teste ferme al 13 luglio 1789 (la vigilia della presa della Bastiglia, ndr), è un giornale che non sta al suo posto e non rispetta le gerarchie. Per loro il giornalismo su Internet è ancora figlio di un Dio minore. Rimpiangono i tempi in cui i quotidiani erano il verbo”. Dedica poi parole molto dure a Marco Azzi. “Ci ha tirato le orecchie per non avere chiesto scusa e ha ridotto il tutto alla logica acchiappaclic. Perché per loro Internet è questo. Noi ci limitiamo a osservare che sotto il suo sermoncino su repubblica.it la home page consigliava il seguente articolo (?): ‘Chi ha paura del sangue mestruale? Leandra Medine lo mostra’. Con una domanda che ci angustia: chi è Leandra Medine?
Glissiamo sulle parole infelici di Perone, cronista solitamente equilibrato e certamente pentito di quanto scritto, e chiudiamo velocemente con la vicenda del Covid del centravanti del Napoli Victor Osimhen. Il 16 febbraio circola la voce che, secondo ricerche fatte dall’università Federico II, guidata dal rettore Matteo Lorito, e dall’istituto Pascale, la variante africana del Covid sarebbe sbarcata a Napoli con il calciatore Osimhen rientrato a Napoli malato dopo una vacanza a casa, in Nigeria. I giornalisti fanno le loro verifiche e il direttore del Napolista decide di lanciare la notizia mentre il Mattino preferisce non pubblicarla. Scelte entrambe legittime di cui ognuno si assume la responsabilità.

Leandra Medine e Oscar Wilde

Il giornale di Gallo viene immediatamente ripreso dai fogli nazionali, a cominciare dal sito Dagospia. Al Mattino sbarellano e la ‘lezione’ al reprobo Gallo viene affidata al capo dello sport Francesco De Luca che diffonde anche una

smentita della Federico II. Secca la replica del direttore del Napolista: “la notizia è vera e al Mattino lo sanno. L’hanno saputo per primi. L’unica differenza è che loro non hanno avuto il coraggio di pubblicarla forse su consiglio degli avvocati che temevano per la violazione della privacy”. 
Potrebbe bastare ma Gallo decide di insistere e mette in rete un secondo articolo per chiedersi a quale titolo l’Azienda ospedaliera dell’università smentisca, con un comunicato senza firma, la notizia del Napolista. E annuncia querela nei confronti della Federico II.