Siani, dopo 40 anni
soliti riti e una novità

QUARANTA ANNI FA, la sera del 23 settembre del 1985, Giancarlo Siani viene assassinato dai killer della camorra sotto casa, al Vomero.
L’anniversario rotondo ha spinto i media locali, a cominciare dal Mattino, a moltiplicare le iniziative con manifestazioni, dibattiti interventi e ricordi. Quasi tutti i giornali hanno intervistato Paolo Siani, fratello maggiore di Giancarlo; altri hanno ripiegato sul nipote Gianmario Siani, presidente della Fondazione Siani della quale è vice

presidente la sorella Ludovica, mentre sono consiglieri Paolo Siani e la moglie Carmen Cafiero; i quattro compongono il consiglio direttivo della Fondazione.
Nel profluvio di riflessioni va

Pino Cimò e Giancarlo Siani

ricordato che il Mattino ha fatto intervenire il cardinale di Napoli Domenico Battaglia il cui fondo apre la copertina della cronaca ed è intitolato “Giancarlo ucciso dall’odio per la verità”. Nel “commento” firmato, con familiarità, dai vertici della cronaca “don Mimmo Battaglia” l’autore inserisce anche un passaggio che è una notizia esclusiva o una clamorosa scivolata: “Lui (Giancarlo Siani, ndr) che proprio un attimo prima di morire visse la gioia di essere finalmente stabilizzato in quello che per lui era il lavoro più bello del mondo”.
Ma c’è da domandarsi se il Battaglia che predica per 250 righe sul “martirio” di Giancarlo sia la stessa persona che, sui ragazzi abusati dai preti pedofili a lungo coperti dalla curia partenopea, non ha ancora chiesto scusa alle vittime ma addirittura tace anche dopo le sentenze penali e civili di condanna, e se sia la stessa persona che mantiene al vertice del tribunale ecclesiastico partenopeo padre Luigi Ortaglio condannato a risarcire per gravi violazioni della privacy una persona abusata dal sacerdote Silverio Mura, suo insegnante di religione.
Chiusa la digressione sul cardinale torniamo a Siani. Non si sono risparmiati nelle celebrazioni gli uomini del Mattino che nella mattinata del 23 settembre hanno organizzato una affollatissima manifestazione al teatro Mercadante e il giorno successivo sul giornale hanno riservato alle iniziative per Siani la fascia alta di prima e le pagine 4, 5 e 6 e a seguire l’apertura del dorso cronaca e le pagine 24 e 25. Più passano gli anni e più cresce il livello delle celebrazioni forse perché così si sbianchetta o

Mara Malavenda e Dominique Torres

si vorrebbe sbianchettare lo status professionale che Giancarlo aveva quando è stato ucciso. Dal palco del Mercadante il direttore del Mattino Roberto Napoletano, preso

dalla foga, a un certo punto urla “Siani non era un cronista, era un inchiestista”. Dimentica però che Giancarlo lavorava da anni con ritmi da redattore e un contrattino da corrispondente da Torre Annunziata, con base alla sede di Castellammare, e dal giugno 1985, senza un nuovo contratto, era stato spostato alla redazione centrale di via Chiatamone e veniva utilizzato anche sul fronte della camorra. Insomma, era un abusivo schierato su un terreno molto pericoloso.
Veniamo ora alla novità positiva: nel giugno di quest’anno il responsabile dell’ufficio centrale del Mattino Pietro Perone ha pubblicato un libro intitolato ‘Giancarlo Siani Terra nemica' edito dalle Edizioni San Paolo. Per la prima volta un giornalista del quotidiano di Caltagirone riconosce in maniera netta le responsabilità dei colleghi di Siani per non avere indagato a fondo sull’omicidio e di avere anzi contribuito per otto lunghi anni a depistare le indagini.
È una inattività scandalosa e inspiegabile che pure qualcuno aveva denunciato. Nel dicembre del 1985 la rivista Frigidaire pubblica un’inchiesta di Pino Cimò a cui viene dedicata la copertina con il titolo “Il mandante, chi ha ordinato l’assassinio del giornalista Siani”, puntando il dito contro Domenico Bertone, sindaco socialista di Torre Annunziata e poi consigliere provinciale. “Perché il giornale della vittima (il Mattino, ndr) non ha proseguito nel solco tracciato (da Cimò, ndr)?”, si domanda Perone. Va ricordato che a via Chiatamone fanno di peggio: pubblicano la notizia della condanna per diffamazione dell'inviato di Frigidaire.
Due anni più tardi arriva con la troupe a Napoli l’inviata dell’emittente Antenna 2 Dominique Torres per realizzare un servizio su Siani nell’ambito di una inchiesta sui giornalisti morti sul lavoro. La sua testimonianza lascia senza parole. Girano Napoli, vanno a Torre

Annunziata. “Soltanto in un caso una sensazione di gelo ha accompagnato il nostro lavoro, quando ci siamo recati nella redazione del Mattino”. A via Chiatamone appena

Armando D'Alterio e Bruno Rinaldi

sentono il nome di Siani scappano tutti, dal direttore Pasquale Nonno al capo cronista Carlo Franco. E l’inviata francese conclude: “Dopo una mattinata sprecata nel tentativo di cavar fuori qualcosa, abbiamo deciso di rinunciare. Più che delusi, eravamo sorpresi, anzi sbigottiti. Ci siamo immersi nel traffico ma non sentivo i clacson perché cercavo una spiegazione. Escludendo ma soltanto per motivi logici, l’ipotesi della complicità, mi chiedevo: questi del Mattino sono atterriti dalla camorra o totalmente indifferenti, anche quando ammazzano uno di loro?
Trentasette anni dopo Dominique Torres anche Perone nel suo libro scrive di “silenzi e codardie, anche nel giornale di Giancarlo (non lo chiama il Mattino, ndr)” e si chiede perché “un solo cronista viene incaricato di seguire la tormentata vicenda giudiziaria scaturita dall’omicidio, scelta singolare in un quotidiano che conta circa centottanta redattori”.
Nel libro ‘Terra nemica’ Perone opera una ricostruzione meticolosa e documentata dell’intera vicenda di Giancarlo, concentrandosi soprattutto sulla ripresa delle indagini avvenuta nell’agosto del 1993 con il pentimento di Salvatore Migliorino, camorrista molto vicino al boss di Torre Annunziata Valentino Gionta, e sul lavoro testardo e incessante del pubblico ministero Armando D’Alterio e del capo della squadra mobile della questura di Napoli Bruno Rinaldi. Un’indagine che ha avuto sin dall’avvio il sostegno convinto e quotidiano di un pool di giornalisti del Mattino guidato dal redattore capo Pietro Gargano e formato da tre giovani cronisti (Pietro Perone, Giampaolo Longo e Maria Rosaria Carbone), che per molti mesi ha tallonato e talvolta

La prima pagina dell'otto marzo 1994

addirittura anticipato il lavoro degli inquirenti. Un’indagine conclusa con successo con tre sentenze che hanno condannato killer e

mandanti: il 14 aprile 1997 in primo grado; il 7 luglio 1999 la decisione dell’appello; infine il 13 ottobre 2000 il timbro della Cassazione.
Un risultato importante dovuto alla coincidenza temporale di due fatti decisivi. Il primo, già citato, è il pentimento a metà agosto 1993 di un esponente del clan Gionta. Il secondo è l’arrivo il primo agosto alla direzione del Mattino di Sergio Zavoli con vice Paolo Graldi che subito seppelliscono gli otto anni di regno di Pasquale Nonno licenziato dagli editori baresi perché, probabilmente unico in Italia, arroccato da molti mesi nella difesa dei politici nel mirino delle inchieste di Tangentopoli.
Zavoli, un monumento del giornalismo italiano, affida a Gargano il compito di organizzare una squadra di cronisti e stabilire un rapporto strettissimo con gli inquirenti. E che al Mattino si respiri un’aria diversa Zavoli lo dimostrerà nel marzo del 1994 quando una clamorosa inchiesta giudiziaria della procura di Salerno porterà agli arresti di politici e magistrati e vedrà tra gli indagati il redattore capo del Mattino e numero due di fatto della gestione Nonno Giuseppe Calise. L’otto marzo il titolo del direttore è “Camorra, ciclone su giudici e politici”, il catenaccio “Arrestati i magistrati Lancuba e Masi e l’avvocato Bargi, ex senatore dc / Coinvolti due parlamentari, indagati il pm Miller e il giornalista Calise”. Nel sommario viene anche precisato “Perquisiti casa e ufficio del giornalista del Mattino”. Va detto che poi Calise è stato archiviato.
Purtroppo l’esperienza napoletana di Zavoli dura poco: il 16 agosto 1994 va via. E la situazione in redazione lentamente si normalizza. Nel 2000 l’ex numero due della procura di Napoli Armando Cono Lancuba viene condannato dal tribunale di Salerno a otto anni di reclusione per reati gravissimi: concorso esterno in associazione camorristica e corruzione. E sul Mattino Lancuba passa dall'apertura della prima pagina scelta da Zavoli per l’arresto alla pagina 29 decisa dalla redazione diretta da Paolo

Gambescia per la clamorosa sentenza.
Dopo le condanne di killer e mandanti c’è stato qualche tentativo di andare oltre il cerchio stretto dei camorristi e fare luce sull’intreccio tra clan, politici,

Maurizio Fiume e Marco Risi
magistrati e professionisti. Nell’ottobre del 1999 una coraggiosa deputata scomparsa nel 2024, Mara Malavenda, presenta una interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno Rosa Russo Iervolino recuperando le conclusioni della prima relazione sull’omicidio Siani firmata l’8 dicembre del 1993 dal capo della Mobile Bruno Rinaldi. Per ottenere la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale deve ingaggiare un aspro confronto durato diverse settimane con i funzionari del presidente della Camera Luciano Violante decisi a tagliare il suo testo ma alla fine la spunta. Malavenda chiede al ministro di “fare pienamente luce e pulizia negli ambienti politici, giudiziari e professionali che prima hanno consentito, se non addirittura favorito, l’omicidio del giovane cronista e hanno poi per anni depistato le indagini”.
Un altro tentativo di far capire all’opinione pubblica che la ricostruzione completa dell’omicidio dell’abusivo del Mattino non si esaurisce con killer e mandanti lo fa il regista Maurizio Fiume che nel 2003 realizza, in autoproduzione, il film 'E io ti seguo' con protagonista l’attore Yari Gugliucci. È una pellicola ruvida che non risparmia passaggi critici sul giornale di via Chiatamone. Ne citiamo due. Giancarlo aveva raccontato alla sua amica Chiara Grattoni che era pronto per la pubblicazione un libro di denuncia sul malaffare di Torre Annunziata, libro che non si è mai più trovato. Nel film di Fiume c’è la scena di qualcuno che al giornale fa sparire il volume dalla scrivania di Giancarlo. Il secondo passaggio. I killer non conoscono Giancarlo e si rivolgono a un commerciante di Torre Annunziata che si dice suo amico. I due camorristi si piazzano nel colonnato di fronte all’ingresso del quotidiano a via Chiatamone. Quando Giancarlo esce è in compagnia di un collega, il commerciante gli si avvicina e lo bacia. Nessuno, tra redattori e abusivi, ha mai confermato l’incontro con il ‘bacio’ tra Giancarlo e il
Maria Rosaria Carbone e Giampaolo Longo

commerciante. Sono ovviamente scene che nel leggero e patinato 'Fortapasc' di Marco Risi non ci sono.
Il film di Fiume ha partecipato nel 2003 a vari festival internazionali (tra

gli altri, a Montreal in Canada e a Istambul in Turchia) e ha raccolto recensioni positive dalla critica; ha subìto però attacchi ad alzo zero dal comitato di redazione del Mattino e dall’Assostampa napoletana e in sostanza non è mai stato veramente distribuito nelle sale italiane.
Torniamo a ‘Terra nemica’ (forse un’allusione alla redazione del Mattino degli anni Ottanta?), un libro corposo e ben costruito, con qualche scelta non convincente e delle inesattezze. Una va ricordata. Perone scrive che l’Associazione Siani venne costituita nel 1986. Non è esatto, nacque pochissimi giorni dopo l’omicidio per iniziativa di una quindicina di amici di Paolo e Giancarlo. C’erano un prefetto, una notaia, un magistrato, alcuni medici, un farmacista e due giornalisti. Ci furono riunioni frequenti e si misero in cantiere delle iniziative ma dopo qualche mese l’attività rallentò fino ad evaporare perché il giornale di Giancarlo cominciò a battere strade poco 'convincenti' ma Paolo Siani disse che lui e la sua famiglia erano comunque allineati a ciò che decideva e faceva il Mattino.
La sera del 23 settembre Rai3 ha trasmesso in prima serata il docufilm ‘Quarant’anni senza Giancarlo Siani’ per la regia di Filippo Soldi che ha firmato anche la sceneggiatura insieme a Pietro Perone, il cui libro fornisce ampio materiale al programma. Tra i tanti intervistati anche Paolo Siani che denuncia i depistaggi del Mattino negli anni successivi alla morte di Giancarlo. Fa piacere che ha impiegato un po’ di tempo ma ha cambiato idea.
La persona più interessante del docufilm è Chiara Grattoni, per due anni fidanzata e poi amica del cuore e, probabilmente, unica confidente di Giancarlo. Una donna solida, documentata, intelligente. Un'altra conferma, anche se non necessaria, della ‘intelligenza’ di Giancarlo.
Nel lavoro di Soldi c’è però una voragine: non viene citato e valorizzato

il ruolo di Pietro Gargano senza il cui spessore culturale e professionale non ci sarebbe stato nessun pool.
In tema di perdita di memoria va ricordato anche Roberto Napoletano

Chiara Grattoni e Sergio Zavoli
che forse trascinato dall’oratoria sul palco del Mercadante ha citato come componenti della squadra che nel ’93 ha lavorato alla ripresa delle indagini sull’omicidio Pietro Perone, Giampaolo Longo e Maria Rosaria Carbone, dimenticando il regista dell’intera operazione: Pietro Gargano.