Repubblica Napoli: il capo
è Ragone con Marino vice

IL 12 MAGGIO il direttore di Repubblica Ezio Mauro è andato alla sede napoletana alla Riviera di Chiaia per ufficializzare il cambio al vertice della redazione: Giustino Fabrizio, nato a Napoli nel 1953, va in pensione e lascia la sua scrivania e la sua stanza, con camino, a Ottavio Ragone, dal 2005 vicario, incarico ora assegnato a Giovanni Marino.
Natali a Castellammare di Stabia, cinquantadue anni da compiere a settembre,

da ventuno professionista, una laurea in Lingue e letterature straniere all’Orientale (inglese e tedesco), Ragone esordisce come corrispondente da Castellammare di Paese sera e poi scrive per il settimanale Napoli Oggi. Quando, nell’aprile del 1990, parte Repubblica Napoli non è nella squadra costruita da Franco Recanatesi, ma inizia a collaborare e nel maggio del ’92

Ezio Mauro (*)

viene assunto dal nuovo capo, Alfredo Del Lucchese, per occuparsi di soprattutto di giudiziaria, negli anni caldissimi di Tangentopoli, per poi passare dieci anni fa al desk. Il 14 maggio Ragone ha firmato il fondo di insediamento, intitolato "un giornale l'innovazione le radici".
Dopo dieci anni da vice la sua promozione era scontata, favorita anche dalla difficile situazione economica con il giornale alla vigilia di un nuovo stato di crisi, perché fino a dieci anni fa certamente qualche graduato della redazione centrale si sarebbe candidato a fare il console in una sede comunque prestigiosa come Napoli.
Palermitano, classe 1963 come Ragone, professionista dal 1989, Marino comincia a lavorare al Giornale di Sicilia occupandosi di cronaca giudiziaria e collabora a Panorama. Nel marzo del ’90 sbarca nel continente ed è nel

Luigi Vicinanza

gruppo di fondatori di Repubblica Napoli, assegnato alla giudiziaria e alla nera. Da tempo lavora al desk e cura il sito web dell’edizione napoletana. Con il prossimo stato di crisi stanno per uscire dal giornale cinquantotto redattori; per Napoli nell’elenco c’è soltanto Fabrizio (pensionato e non prepensionato), perché l’altro candidato, il salernitano di Giffoni Valle Piana Edoardo

Scotti, che ha superato i sessanta anni, ha chiesto di rimanere in servizio dal momento che ci sono diversi volontari intenzionati a prepensionarsi.

In pensione

Torniamo ora a Fabrizio che per undici anni, un mese e qualche giorno ha guidato le pagine campane. Questa volta al cambio della guardia si è presentato un Ezio Mauro in tono minore, dispensatore di apprezzamenti ed elogi per tutti: il capo uscente, il nuovo responsabile e l’intera redazione. Molto diverso dall'Ezio Mauro che con piglio militare arrivò il 17 marzo del 2004 alla sede di piazza dei Martiri, accompagnato dal direttore generale Carlo Ottino, dal suo braccio destro Alfredo Del Lucchese e da Giustino Fabrizio reduce da cinque anni alla guida di Repubblica Palermo.
Con una durezza inspiegabile liquidò Luigi Vicinanza e Antonio Corbo, i diarchi che nei dieci anni precedenti avevano diretto Repubblica Napoli (Vicinanza dal ’94 al ’98, Corbo nei due anni successivi e in tandem dal 2000 al 2004) davanti a una redazione basita. E fu soltanto Daniela D’Antonio a spendere parole di solidarietà per i due giustiziati. Passò poi a presentare il nuovo capo come una sorta di commissario: “nello zaino ha gli scarponi e il bastone del comando”. Dopo dieci anni con più ombre che luci Mauro si è accorto che nello zaino forse non c’erano neanche gli infradito e avrebbe dovuto delle scuse a due giornalisti che, anche se con limiti ed errori, avevano

svolto con grande impegno il loro lavoro; oggi Vicinanza è il direttore de l’Espresso e Corbo, che pure da cinque è anni in pensione, continua a sfornare servizi per le pagine locali e cover story per il venerdì. Ma l’autocritica non è esercizio diffuso tra gli uomini di potere.
Quando arriva a Napoli Fabrizio ha cinquantuno anni, ma impiega poco a capire che la sua carriera non avrà

Alfredo Del Lucchese

altri sviluppi. Al desk ci sono il capo servizio Marco Sarno e due vice, Francesco Rasulo e Edoardo Scotti. Nel giro di un anno Sarno viene trasferito a Roma, mentre il desk è rafforzato con l'arrivo di Ottavio Ragone e Giovanni Marino che oggi sono il nuovo vertice dell’edizione partenopea.
Fabrizio – racconta un giornalista di Repubblica che lo conosce bene – è molto sbrigativo. Ha una maschera con un sorriso bloccato e se gli parli non sai cosa sta pensando veramente (anche se non necessariamente sta pensando cose negative), è cinico, distaccato, non ha molta fantasia, ma è un professionista di grande affidabilità per la direzione e per l’azienda. E soprattutto, avendo lavorato all’ufficio centrale dal '95 al '99, sa che a Roma le edizioni locali interessano molto poco”. L’importante è quindi tenere il timone fermo, curare i rapporti con i vertici del giornale, non cercare e non creare rogne, tenere sotto controllo i costi, (nell’estate del 2006 si occupa del passaggio dalla onerosa redazione di piazza dei Martiri alla più economica sede della riviera di Chiaia), le vendite, il fatturato pubblicitario. Il direttore non gli chiede altro e Fabrizio altro non fa.
È sempre molto controllato, ma perde la testa quando qualcosa può intaccare il ritmo tranquillo della sua gestione e metterlo in cattiva luce a Roma. È capitato anche per qualche lettera critica pubblicata da Iustitia contro la quale

Francesco Barbagallo

ha presentato una citazione, tirandosi dietro Ragone e i quattro redattori del desk, con la richiesta di un risarcimento danni da 600mila euro. Ma cinque giudici (Massimo Pignata per il ricorso ex articolo 700; per il reclamo Michele Oliva presidente e i consiglieri Rosa Romano Cesaro e Michele Caccese relatore; Ettore Pastore Alinante per il giudizio di merito)

hanno stabilito che i giornalisti di Iustitia hanno correttamente esercitato il diritto di critica condannando Fabrizio e la sua squadra a pagare 16.427,25 euro di spese legali.
Quando nel 1992 Del Lucchese venne a dirigere l’edizione campana portò con sé una borsa di libri (dai saggi di Giuseppe Galasso a Storie e leggende napoletane di Benedetto Croce, da Erri De Luca a La pelle di Curzio Malaparte a Memorie di una guida turistica di Sergio Lambiase) e si mise subito al lavoro per cercare collaboratori per la cronaca e per le pagine culturali. Fabrizio si è limitato a dare spazio a qualche giornalista con il quale aveva lavorato trenta anni prima (citiamo, tra gli altri, Mimmo Carratelli e Pier Antonio Toma) e ha tagliato editorialisti prestigiosi che scrivevano per il giornale come lo storico Francesco Barbagallo.

A filo di gas
Una gestione a filo di gas per non sprecare energie con silenzi sostanziali su questioni che potevano essere delicate (vedi il caso dell’ecomostro di Alimuri) e qualche operazione disinvolta (la recensione su un libro firmato dalla docente universitaria Rossella Savarese, allora sua moglie, affidata a una star della sociologia come Domenico De Masi e piazzata in prima pagina).
Il 19 aprile 2010 Repubblica Napoli pubblica uno speciale di diciassette pagine sul lavoro svolto dalla redazione nei suoi primi venti anni di vita, ma una pagina è dedicata all’intervista di Giustino Fabrizio al fondatore del quotidiano Eugenio Scalfari e due pagine sono riservate a un reportage sui rifiuti uscito quattro mesi prima nell’edizione nazionale, firmato da Ezio Mauro. Una scelta che può nascere soltanto da due considerazioni: o il servizio del direttore è memorabile e va ripubblicato o la redazione partenopea in venti anni non ha

poi prodotto granché.
Linea defilata, rare polemiche giornalistiche, poche uscite pubbliche ‘istituzionali’ hanno fatto di Fabrizio, che pure dirige le pagine locali di Repubblica e non la Gazzetta di Roccadaspide,  un personaggio semiconosciuto in città. Vi sembra un’affermazione azzardata? Proviamo a fare qualche esempio. Nelle ultime settimane l’università telematica

Bruno Vespa (*)
Pegaso, che ha sede a Napoli, ha pubblicato su vari quotidiani nazionali, tra cui il Corriere della sera, una inserzione su un ‘master in giornalismo e comunicazione’ con i nomi e le foto di quindici docenti. Ci sono giornalisti noti come Bruno Vespa, Peter Gomez, Mario Giordano e l’unico nome sbagliato è quello dell’ex responsabile di Repubblica Napoli indicato come Fabrizio Giustino, errore ripetuto anche nelle inserzioni successive.
Può capitare, direte: Allora facciamo un altro esempio. Nel dicembre del 2004, Fabrizio si è insediato da otto mesi, per iniziativa del quotidiano di Ezio Mauro viene recuperata e messa a disposizione del quartiere un’area verde a Scampia e sul piccolo palco sale il sindaco Rosa Russo Iervolino che dice “per questa giornata voglio ringraziare il capo di Repubblica Napoli Antonio Corbo”. Trascorrono quattro anni, siamo al maggio del 2010, e per festeggiare i venti anni dell’edizione napoletana viene organizzato un convegno
Rosa Russo Iervolino

affollatissimo nel salone dell’ex facoltà di Economia e commercio a via Partenope. Al tavolo della presidenza ci sono il sindaco, il direttore di Repubblica e Fabrizio. Anche in questo caso Rosa Russo Iervolino ringrazia per l’invito “Ezio Mauro e Fabrizio Giustino”. Ma è pensabile che in città come Bologna, Torino, Firenze il sindaco non conosca il nome del capo dell’edizione locale di

Repubblica? Sicuramente no, anche perché si sentiranno molto spesso.
Tra i capi d’accusa che hanno portato al taglio di Vicinanza e Corbo c’era il mancato allineamento delle pagine regionali alla linea politica nazionale. È un argomento che non viene citato per la gestione di Fabrizio. Eppure nella primavera del 2011 c’è una strana corsa per la poltrona di sindaco di Napoli: il Partito democratico infila un errore dopo l’altro e in campo restano l’alfiere di Forza Italia Gianni Lettieri e la sorpresa arancione Luigi De Magistris. Repubblica Napoli dedica grande attenzione a Lettieri, che utilizza le pagine di Fabrizio per replicare alle frecce avvelenate lanciate nei suoi confronti dall’ex presidente di Confindustria Antonio D’Amato, intervistato da Fabrizio Roncone per il Corriere della sera, e a una biografia al vetriolo firmata sull’Espresso da Emiliano Fittipaldi e da Gianfrancesco Turano
Arriva il giorno del voto e tutti i giornali di sinistra e centro sinistra, a cominciare dalle edizioni locali di Repubblica festeggiano i successi di Pisapia a Milano, Fassino a Torino, Merola a Bologna, De Magistris a Napoli,

Fabrizio batte una strada solitaria: piazza in prima pagina un’intervista al candidato sconfitto Lettieri e dedica un fondo gelido a De Magistris: “Ha scassato ora deve ricostruire”.
Ora un'ultima riflessione: in fondo l’editoriale di addio di Fabrizio ben sintetizza il rapporto con la città e l’attenzione riservata ai lettori. Il titolo è “Quasi quarant’anni vissuti nel vostro giornale”. Tralasciamo

Gianni Lettieri

l’andamento epico dell'autobiografia che occupa 70 delle 94 righe del saluto ai lettori e il silenzio sul fatto che Fabrizio lascia perché va in pensione (chiude l’editoriale annunciando: “per me si aprono altre prospettive”).
Teniamoci ai numeri che meno si prestano a essere interpretati. Dunque “quasi quarant’anni vissuti nel vostro giornale” e gli aficionados già si commuovono. Dopo avere ricordato che oggi quarant’anni non li ha compiuti neanche Repubblica che li festeggerà nel prossimo gennaio, seguiamo i ricordi di Fabrizio: “ho scritto il primo articolo nel ’78 e da allora la mia identità si è intrecciata con un giornale che nacque piccolo, divenne dopo pochi anni il più diffuso nel Paese e oggi è la prima testata italiana nella classifica mondiale dei siti web d’informazione”.
La ricostruzione non è molto veritiera. Nel ’78 Fabrizio scrive per Repubblica un servizio sulla gastronomia commissionato dal corrispondente da Napoli

Giustino Fabrizio

Carlo Franco. Il primo febbraio 1979 (insieme ad Andrea Cinquegrani, Antonello Grassi e Antonio Sasso) viene assunto come praticante al Roma di Ercole Lauro che ha affidato la direzione ad Antonio Spinosa e con il Roma diventa professionista nel novembre 1980. Nello stesso mese il Roma chiude, Fabrizio si guarda in giro e avvia la collaborazione con Ermanno

Corsi, corrispondente di Repubblica da Napoli. E nel 1983 l'attività di vice corrispondente lo porta all’assunzione a tempo pieno al quotidiano romano. La distanza dal 1983 a oggi può essere definita in vari modi “trentadue anni nel vostro giornale”; ma anche “quasi quarant’anni nel vostro giornale”, e, perché no, “quasi cinquanta anni nel vostro giornale”. Dipende dalla stima e dal rispetto che si ha nei confronti di chi legge.

(*) Da www.dagospia.com