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Al voto per rinnovare
il governo dell'Inpgi |
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CON LO SBRICIOLAMENTO progressivo e inarrestabile del sindacato e con il ruolo impalpabile dell’Ordine, dal ’63 in attesa di una legge di riforma, l’Inpgi, l’istituto di previdenza dei giornalisti, è rimasto l’ultimo baluardo di chi fa informazione. È però un baluardo che mostra crepe profonde.
L’istituto conta 58.693 iscritti (dati al 26 gennaio scorso), tra Inpgi 1 (i titolari di contratto a tempo pieno sono 34.570) e Inpgi 2 (i part time, collaboratori, free lance e precari sono 41.150, di cui 17.027 iscritti anche all’Inpgi 1), e ha un patrimonio, tra immobili e beni mobili, di due miliardi e 300 milioni euro, ma |
presenta trend allarmanti. Alcuni dati. Nel 2015 facendo pari a cento le somme incassate con i versamenti previdenziali ha registrato uscite per prestazioni uguali a 135, un sbilancio pesante che, secondo le previsioni, non verrà migliorato nel 2016. Sempre nel 2015 sono |
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Andrea Camporese e Mimma Iorio |
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stati erogati 40 milioni per contratti di solidarietà, disoccupazione e cassa integrazione e nella somma non sono calcolate le decine di milioni di contributi figurativi che l’istituto dovrà versare al momento di pagare le pensioni.
Il bilancio del 2015 si è quindi chiuso con un rosso di 115 milioni di euro che nel 2016 è destinato inevitabilmente a crescere.
Per stoppare l’emorragia l'attuale vertice ha scelto una strada semplice, e incostituzionale, come il taglio degli assegni da versare ai pensionati, ma è stato bloccato. Esiste invece una soluzione non complicata che però richiede dirigenti onesti, lucidi e capaci: ci sono in Italia oltre 15.800 giornalisti che lavorano negli uffici stampa di enti pubblici e aziende private; per invertire il trend delle entrate è sufficiente che i loro contributi non vengano più versati all’Inps, ma all’Inpgi.
A questo punto è necessaria una riflessione sulla ‘qualità’ di chi si candida a governare l’istituto. Per chi vuole amministrare il Fondo complementare, la pensione integrativa della Federazione della stampa che gestisce un patrimonio di 450 milioni di euro, pari a meno di un quinto del patrimonio Inpgi, è richiesto come requisito obbligatorio la “professionalità”, deve cioè dimostrare di avere già maturato esperienze di amministrazione. Per l’Inpgi invece i requisiti sono “onorabilità e professionalità”, e viene chiarito che per certificare la professionalità è sufficiente il tesserino di giornalista. Anche
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Silvia Garambois e Marina Macelloni |
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questo elemento spiega il diluvio di email con richiesta di voto che sta intasando la posta di tutti i giornalisti italiani con candidati alla ricerca frenetica delle preferenze necessarie per occupare una poltrona, o una poltroncina, degli organi che governano l’Inpgi. |
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E non è un caso che i componenti della squadra che ha governato in questi anni con Camporese si ricandidino compatti in una lista che ha nel nome il programma (‘l’Inpgi siamo noi’) sperando di confermare la sedia in consiglio d’amministrazione o magari di conquistarne una più grande come la vice presidenza o la presidenza. Facciamo i nomi di alcuni dei consiglieri d’amministrazione uscenti desiderosi di rientrare: Paolo Serventi Longhi, vice presidente vicario, Marina Macelloni, secondo molti l’erede designata, Silvia Garambois, Edmondo Rho.
Ma torniamo al quadro generale che non può dare tranquillità ai giornalisti, in attività e pensionati, ed è un quadro al quale va aggiunto il nodo del presidente.
Per otto anni al vertice dell’istituto, e quindi non più rieleggibile, Andrea Camporese, patavino di Cadoneghe, quarantotto anni, da ventisei professionista, vice redattore capo alla sede Rai di Venezia, è da tempo al centro di contestazioni durissime. Prima di tutto per il suo stipendio: “riceve un compenso annuo – scrive Vittoria Puledda su Affari & Finanza, il settimanale economico di Repubblica – di 255mila euro (più il gettone di presenza di 80 euro, più 52mila euro per ‘il pregiudizio economico e previdenziale derivante dalla sospensione del rapporto di lavoro’)”.
L’altro punto assai dolente della gestione Camporese è la riforma dell’istituto approvata con una delibera del 27 luglio scorso che è stata stoppata dai ministeri del Lavoro e dell’Economia in alcuni passaggi decisivi, come il taglio delle pensioni definito ‘contributo di solidarietà’.
Ci sono infine i suoi guai giudiziari. È stato rinviato a giudizio dal gup Alessandro Santangelo e sarà processato davanti al tribunale di Milano il prossimo 21 aprile con l’accusa di corruzione e truffa ai danni dell’Inpgi. Secondo l’accusa, ha incassato 200mila euro“a titolo di remunerazione per
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il compimento di atti contrari ai doveri di ufficio”. Tempeste a ripetizione che hanno in qualche modo affidato un ruolo di integrazione, se non di supplenza, al direttore generale dell'Inpgi Mimma (Maria Immacolata) Iorio.
In una situazione di gravi e |
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Franco Abruzzo e Pierluigi Roesler Franz |
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molteplici difficoltà è di evidenza palmare l’importanza delle elezioni per il rinnovo degli organi di governo dell’istituto, che si terranno dal 22 al 28 febbraio (con voto elettronico dal 22 al 24 o recandosi ai seggi il 27 e 28 febbraio). Ed è anche chiaro il ruolo strategico che viene ad assumere il collegio sindacale, formato da tre sindaci effettivi e tre supplenti. Va perciò segnalato che tra i venti candidati al collegio sindacale ci sono due giornalisti di grande prestigio: Franco Abruzzo, già redattore capo del Sole 24Ore, per diciotto anni presidente dell’Ordine della Lombardia; Pierluigi Roesler Franz, per trentaquattro anni cronista di giudiziaria del Corriere della sera e della Stampa, dal 1994 al 2004 presidente di Stampa romana, consigliere dell’Ordine nazionale.
Veniamo ora alla Campania che conta 2092 iscritti all’Inpgi 1, con 188 pensionati, e 2232 iscritti all’Inpgi 2 con 860 giornalisti presenti anche nell’elenco dell’Inpgi 1. I candidati al consiglio generale sono tre: accanto ai due uscenti, Enzo Colimoro, napoletano, quarantacinque anni, da diciannove professionista, e Rossana Russo, nata a Napoli nel luglio del ’70, professionista dal ‘97, è in lizza Anna Testa, napoletana, cinquantasette anni, da ventiquattro professionista, redattrice alla sede Rai di Napoli.
Un’anima candida potrebbe stupirsi della candidatura di Enzo Colimoro e vi
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Edmondo Rho e Paolo Serventi Longhi |
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spieghiamo perché. Vediamo prima il curriculum professionale: comincia nel 1989 a collaborare con l’agenzia Rotopress poi venduta alla fine degli anni Novanta alla Vespina che nel 2004 chiude la sede di Napoli. Nel decennio successivo Colimoro è per due anni |
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cassintegrato e per otto anni disoccupato; nel maggio 2014 si auto assume all’Adm, Agenzia del Mediterraneo, la società cooperativa di servizi giornalistici che ha messo su nel 2006 con altri tre soci (la compagna Tiuna Notarbartolo e i cronisti sportivi Gianluca Agata e Donato Martucci).
Passiamo al versante sindacale. Nel 2001 viene eletto segretario dell’Associazione napoletana della stampa, mentre il presidente è Franco Maresca, due anni prima sfrattato, con sentenza della magistratura, dalla Casina del boschetto, in villa comunale, che ospitava gli uffici del sindacato (e dell’Ordine regionale) e il circolo della stampa. All’origine della decisione dei giudici il mancato pagamento pieno dei canoni dovuti al comune di Napoli. Dopo un anno Maresca si dimette e presidente diventa Gianni Ambrosino che nel 2007 passa il testimone a Colimoro. Intanto la richiesta del comune di essere pagato percorre i vari step giudiziari senza che Maresca, Ambrosino e Colimoro prendano qualche iniziativa per cercare una soluzione con Palazzo san Giacomo. Arriviamo al maggio del 2013 quando la Corte di cassazione mette la parola fine, almeno al contenzioso giudiziario, con una decisione che conferma la sentenza della Corte d’appello di Napoli: l’Assostampa partenopea deve al comune di Napoli tre milioni e mezzo di euro per differenze canoni. Dal sindacato, che come tutte le associazioni regionali d’Italia somma alla quote degli iscritti un contributo annuale dell’Inpgi e della Casagit, la cassa di assistenza sanitaria, che in Campania nel 2013 ha superato i 180mila euro, non arriva nessun segnale.
E nel gennaio 2014 il professore |
Stefano Cianci, che tutela gli interessi del comune, avvia pignoramenti presso l’istituto di previdenza e la cassa di assistenza.
Napoli continua a dormire sonni tranquilli, ma a Roma reagiscono subito.
Il 26 febbraio Camporese scrive a Colimoro per |
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Gianni Ambrosino e Franco Maresca |
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dirgli perentorio che un “grave inadempimento contrattuale non consente la prosecuzione, nemmeno in via provvisoria della convenzione” tra Inpgi e Assostampa. E conclude tranchant: “con la presente, pertanto, l’Inpgi, per mio tramite, comunica, ai sensi di legge e di convenzione, formale disdetta della convenzione in essere, con effetto immediato”.
Intanto vengono convocati d’urgenza a Roma il presidente della Napoletana e altri dirigenti campani con l’allora presidente Fnsi Giovanni Rossi che scandisce parole chiare: bisogna sciogliere immediatamente l’Assostampa, altri giornalisti devono dare vita a un nuovo sindacato e i vecchi dirigenti devono uscire di scena anche perché hanno partecipato alla “gestione vergognosa” del circolo della stampa. Subito dopo i dirigenti della Fnsi convocano il consiglio nazionale che decide, con quarantaquattro voti favorevoli e un astenuto, la radiazione del sindacato napoletano. Nel giro di poco più di un mese, alla presenza del notaio Chiara D’Ambrosio, l’Assostampa partenopea viene sciolta dopo oltre un secolo di vita.
Sono trascorsi quasi due anni e l’Assostampa è stata cacciata dalla sede di via Cappella Vecchia nel marzo 2014, l’Inpgi ha cambiato la serratura e Camporese ha affidato le nuove chiavi, indovinate un po', a Enzo Colimoro, che, nonostante il “grave inadempimento contrattuale”, è ancora il fiduciario |
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Stefano Cianci e Chiara D'Ambrosio |
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Inpgi dei giornalisti campani. Ma c’è di più.
Il gruppo che governa l’Ordine regionale, capeggiato dal presidente Ottavio Lucarelli, ha stretto un accordo con l’ex presidente dell’Assostampa e alle elezione dell’Inpgi ha ricandidato soltanto |
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l’uscente Rossana Russo in cambio della desistenza alle elezioni dell’Ordine che però probabilmente verranno rinviate e non si terranno più a maggio.
Ultima chicca. Da due anni Colimoro annuncia che sta per convocare l’asta per vendere i beni del defunto sindacato, ma la convocazione non arriva e non si sa che fine ha fatto tutto il materiale che arredava gli uffici (oltre a scrivanie, computer, televisori, c'erano un ritratto di Eduardo De Filippo dipinto da Paolo Ricci e un busto in bronzo di Matilde Serao), senza contare la biblioteca ricca di centinaia di volumi, tra cui preziose cinquecentine e seicentine.
Colimoro è candidato indipendente della lista ‘l’Inpgi siamo noi’. |
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