generalità»: la norma speciale si aggiunge, in altri termini, a quella generale ed è esattamente «questo aspetto della “diversa aggiunzione”» a identificarla come tale (V. ITALIA, Le leggi speciali , Giuffré, Milano, 1983, 20; ID., La fabbrica delle leggi. Leggi speciali e leggi di principio , Giuffré, Milano, 1990, 57 s.).
In giurisprudenza, si afferma che le leggi speciali contengono un quid pluris rispetto a quelle generali (Cass. 28 novembre 2001, n. 15121, FI , 2002, I, 2115); aggiungono, cioè, “qualcosa di diverso”, per dirla con le parole della dottrina, «a quanto vi era precedentemente, e questa diversità è applicata alle esigenze di una diversa situazione di fatto, di una situazione speciale, e, quindi, di una autonoma facti species » (V. ITALIA, La fabbrica delle leggi , cit., 58).
II.2. Così deve ritenersi per l'art. 9, c. 5, L . n. 150/2000: esso non esclude l'applicazione delle regole generali già contenute nel D.Lgs. n. 29/1993; a queste semplicemente aggiunge una previsione speciale, consistente nell'intervento delle «organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti», allorché la materia negoziata riguardi «l'individuazione e la regolamentazione dei profili professionali» negli uffici stampa delle pp.aa. Si tratta, del resto, di una previsione del tutto ragionevole alla luce della corrispondente prescrizione, posta a capo degli addetti a quegli uffici, di obbligatoria appartenenza alla categoria dei giornalisti.
Certo, l'art. 9, c. 5, derogando ai principi generali sulla rappresentatività sindacale nel pubblico impiego, li pone al tempo stesso in discussione. Ma ciò non muta le nostre conclusioni: le regole speciali possono anche essere in contraddizione con quelle generali (purché non incompatibili con esse) e, tuttavia, prevalere comunque; la loro applicabilità a soggetti o a fattispecie |