viste ragioni: in particolare del fatto che “il criterio della specialità assicura, dal punto di vista logico formale, la coesistenza di due comandi: la regola e l'eccezione” (v. GIULIANI, L'abrogazione della legge , cit.). La legge speciale, in altri termini, anche se contraddittoria, non è mai incompatibile con quella generale. Si ritiene, perciò, che quest'ultima “- salvo espressa volontà contraria del legislatore – non muti la disciplina “dettata, per singole o particolari fattispecie, dal legislatore precedente” (T. MARTINES, Diritto costituzionale , 9a ed., cit., 132).

III.2. Nessun dubbio può nutrirsi circa l'applicabilità di tali regole al rapporto tra l'art. 9, c. 5, L . n. 150/2000, che è disposizione speciale (v. retro , § 7) e l'art. 43 D.Lgs. n. 165/2001, il quale senz'altro è disposizione generale nei confronti della prima norma, contenendo previsioni già proprie del D.Lgs. n. 29/1993 sulla contrattazione collettiva e rappresentatività sindacale, applicabili all'intero universo delle pubbliche amministrazioni “privatizzate”. In forza dell'antico brocardo “ legi speciali per generalem non derogatur ”, nessuna efficacia abrogratrice può, dunque, essere attribuita all'art. 43 D.Lgs. n. 165/2001 nei confronti dell'art. 9, c. 5, L . n. 150/2000, che, quindi, resiste e prevale sul primo disposto (in giurisprudenza, Corte Conti, sez. contr., 27 luglio 1994, n. 53, in CS , 1994, II, 1716 ss.).

III.3. La conclusione non cambia anche a voler richiamare quell'intervento giurisprudenziale secondo cui “il principio lex posterior generalis non derogat priori speciali (…) non può valere, e deve quindi cedere alla regola dell'applicazione della legge successiva, allorquando dalla lettera e dal contenuto di quest'ultima legge si evince la volontà di abrogare la legge speciale anteriore o allorquando la discordanza tra le due disposizioni sia tale