Ora un simile contesto lascia evidentemente poco spazio alle organizzazioni rappresentative dei professionals , che, in quanto espressione di ristrette e specializzate tipologie di lavoratori, avrebbero bisogno di criteri ad hoc , di soglie o ambiti di misurazione specifici della rappresentatività per poter emergere e, dunque, negoziare direttamente quelle « discipline distinte » che il legislatore riserva, « nell'ambito dei contratti collettivi di comparto », alle « figure professionali » impegnate a svolgere, « in posizione di elevata responsabilità », « compiti di direzione » ovvero funzioni comportanti la «iscrizione ad albi» (art. 45, c. 2, D.Lgs. n. 29/1993, ora confluito nell'art. 40, c. 2, D.Lgs. n. 165/2001).
I.3. E' evidente, a questo punto, come l'art. 9, c. 5, della legge n. 150/00 abbia voluto derogare proprio all'appena accennato sistema selettivo degli agenti negoziali (perché troppo restrittivo), riconoscendo al sindacato dei giornalisti il diritto a partecipare al processo negoziale in forza d'una rappresentatività misurata a livello categoriale (non di comparto) e, quindi, fuori dalle regole proprie del pubblico impiego: il legislatore parla, non a caso, di « organizzazioni rappresentative della categoria », con ciò richiamandosi ad una capacità rappresentativa fondata sui criteri vigenti nel privato (quantunque riferita agli addetti stampa delle pp.aa. iscritti all'albo).
Si tratta, come risaputo, di requisiti prevalentemente qualitativi, di fonte giurisprudenziale, che la FNSI dimostra pienamente ed indiscutibilmente di possedere: la Federazione ha per finalità statutaria la protezione della categoria dei giornalisti; vanta un'ampia diffusione nazionale, in proprio e tramite le diverse Associazioni Regionali federate e dimostra, infine, una effettiva capacità di autotutela collettiva, sia nella gestione delle agitazioni categoriali, sia nella conduzione di trattative, tanto da essere l'unica rappresentante dei giornalisti ad |