Siani: dopo il pacco
si chiude con una pièce

IL PREMO SIANI 2012 è partito con un pacco e si chiude con una pièce teatrale in due atti; opera buffa, sceneggiata, farsa: decidete voi. Il pacco è noto: per rispettare i termini per la presentazione dei libri in corsa per il premio, intorno al 20 giugno l’editore Giulio Perrone invia alla giuria un pacco con tre copie di Giancarlo Siani Passione e morte di un giornalista scomodo, scritto da Bruno De Stefano. Il volume, nella sua versione definitiva, arriva invece nelle librerie a fine settembre, con più di tre mesi di ritardo sul termine ultimo fissato dal bando. Il 7 settembre c’è la riunione per

decidere l’assegnazione del premio e uno dei giurati, Paolo Siani, fratello maggiore di Giancarlo, propone di premiare il libro di De Stefano; il presidente della


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giuria, il procuratore di Campobasso Armando D’Alterio, il pm che nel ’93 riprese le indagini sull’omicidio Siani ed è riuscito a ottenere la condanna di esecutori e mandanti con il sigillo della Cassazione, non partecipa ai lavori.
D’Alterio si astiene perché è una presenza costante del volume di De Stefano: delle 254 pagine del volume ben ventotto sono riservate a una intervista che ha rilasciato all’autore, senza contare le cinquantatre citazioni disseminate nel resto del libro. Il procuratore fa anche sapere che l’intervista è stata realizzata prima della sua nomina a presidente della giuria. La proposta di Paolo Siani viene approvata all’unanimità dagli altri componenti della giuria che sono il presidente dell’Ordine dei giornalisti campani Ottavio Lucarelli e il segretario Gianfranco Coppola, per l’Associazione napoletana della stampa il presidente Enzo Colimoro e il segretario Cristiano Tarsia, per il Mattino l’allora direttore Virman Cusenza e la redattrice  Daniela Limoncelli, per l’università Suor Orsola Benincasa il rettore Lucio D'Alessandro e Guido Pocobelli Ragosta e per l’associazione Siani Enzo Calise, Geppino Fiorenza e Adriana Maestro, oltre a Paolo Siani. Il 17 settembre Lucarelli


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ufficializza l’assegnazione del premio a De Stefano e nelle stesse ore viene fuori che si tratta di un volume fantasma perché nelle librerie non si trova.

Arriviamo così al primo atto della pièce. Siani e D’Alterio scrivono una mail a Giulio Perrone chiedendo immediati chiarimenti sulla data della effettiva pubblicazione. L’editore fa rispondere da un suo collaboratore con un sms inviato a Siani: “Giancarlo Siani Passione e morte di un cronista è stato editato a giugno”. La risposta è ambigua nella forma e non vera nella sostanza, ma ai giurati basta: il 24 settembre nel salone del Mattino intitolato a Giancarlo Siani viene premiato De Stefano.  
Veniamo ora al secondo atto. Quando emerge con chiarezza che ci sono differenze enormi tra le tre copie confezionate a giugno a uso della giuria e le copie arrivate nelle librerie dopo la consegna del premio si muovono di nuovo Siani e D'Alterio: il 2 ottobre consegnano al presidente dell’Ordine degli avvocati di Napoli Francesco Caia le due versioni del volume e gli articoli che mettono in evidenza perché il libro è 'impremiabile' e gli chiedono un parere legale; intanto alcuni giurati si contendono il merito di avere fermato l’erogazione del premio, un assegno di 1.250 euro.
Trascorrono venti giorni e Iustitia chiede notizie a Caia che non si è ancora occupato dall’affaire De Stefano perché assorbito dall’organizzazione della

marcia nazionale degli avvocati da tenere a Roma il 23 ottobre. Nei primi giorni di dicembre il direttore di Iustitia va in tribunale a parlare con il


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presidente degli avvocati alla sede dell’Ordine. Caia, sempre cortese, spiega che non è riuscito a trovare il tempo per studiare a fondo la questione e intorno al 20 novembre ha restituito l’intera documentazione a Paolo Siani.
Mentre Caia si arrovella alla ricerca del tempo per stilare un parere, gli ineffabili giurati si riuniscono a ottobre e decidono che Perrone e De Stefano vanno premiati comunque. Tra i loro paladini più determinati ci sono i rappresentanti dell’Associazione Siani Enzo Calise, da sei mesi vice redattore capo Rai, e il sempre presente sul versante legalità Geppino Fiorenza.
Resta da ascoltare cosa dicono i due giurati più esposti sul fronte credibilità della cosiddetta società civile, il magistrato D’Alterio e il pediatra Siani.
Il procuratore di Campobasso non vuole più parlare del premio Siani. Del resto ha già parlato nel corso della premiazione del 24 settembre e dalle pagine del libro. Citiamo soltanto due affermazioni. La prima. Nel salone del Mattino ha esordito dicendosi ottimista perché vede vicina la sconfitta definitiva della camorra e sarebbe stato interessante sentire l’opinione di due esperti della materia presenti alla cerimonia, Rosario Cantelmo e Federico Cafiero de Raho, gli aggiunti della procura di Napoli che, con Alessandro


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Pennasilico, erano allora titolari della Direzione distrettuale antimafia.
La seconda. Nel libro D’Alterio dichiara a De Stefano: “il delitto Siani …

ha scosso le coscienze di cittadini e inquirenti, spingendoli a fare di più, perché fu chiaro che erano in gioco le vite di tutti e la stessa sopravvivenza della società, sia a causa dell’omicidio stesso, che a causa delle collusioni fra politica e camorra, di cui, da quel momento in poi, si cominciò a comprendere l’impatto”. E il rapimento dell’assessore campano Ciro Cirillo nell’aprile del 1981? E gli intrecci perversi della trattativa che tre mesi più tardi portarono alla liberazione di Cirillo, intrecci sui quali il giudice istuttore Carlo Alemi ha speso anni di indagini?
Paolo Siani invece fa a Iustitia una dichiarazione sorprendente: “la giuria si riunirà nei primi giorni di gennaio per decidere in via definitiva sul premio a De Stefano”. Non si capisce però che cosa potranno dirsi di nuovo i tredici giurati quattro mesi dopo l’assegnazione del premio.
Chiudiamo con le otto pagine di foto del cadavere di Giancarlo Siani, intitolate “Fotocronaca di un’esecuzione”, con le quali Perrone e De Stefano, a distanza di ventisette anni dall’omicidio, hanno ritenuto di arricchire il volume mandato in libreria. E mettiamo da parte la questione di chi ha dato le foto di Giancarlo, peraltro tecnicamente pubbliche dopo le sentenze della magistratura.
Nei primi giorni di ottobre Iustitia ha contattato cinque giurati autorevoli e tutti

hanno dichiarato che non avevano visto le foto, eppure avevano premiato il libro che le aveva pubblicate. A quattro giurati Iustitia ha inviato una delle


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immagini più atroci di Giancarlo Siani senza vita nella sua Mehari, il quinto si è rifiutato persino di riceverla via mail (forse vederla gli avrebbe creato problemi). L’unico che ha preso un’iniziativa è stato il segretario dell’Ordine dei giornalisti Gianfranco Coppola, peraltro assente quando è stata decisa l’assegnazione del premio, che ha girato la foto ai giurati e ai consiglieri dell’Ordine dei giornalisti. La mail, come è facile immaginare, non ha prodotto reazioni significative, con l’eccezione di una risposta di Paolo Siani che informava dell’incarico affidato, come già detto, a Caia, con i risultati noti.  
Eppure, ricorda l’ex presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia Franco Abruzzo, la pubblicazione di foto “impressionanti o raccapriccianti” è un reato previsto dalla legge sulla stampa punito con la reclusione da tre mesi a tre anni, la cui legittimità è stata anche confermata nel 2000 da una sentenza della Corte costituzionale. E Abruzzo cita anche i casi di Aldo Moro, Alfredino Rampi e Alberica Filo della Torre, nei quali la magistratura, attivata dai familiari delle vittime, ha ritenuto impubblicabili le foto dei cadaveri e condannato i responsabili della loro utilizzazione. Nel caso del libro di Perrone e De Stefano si va nella direzione opposta, anzi si premia chi pubblica le foto “raccapriccianti” del cadavere di Siani.