Dopo 9 anni sciopero
aziendale al Mattino

Da anni, da molti anni, al Mattino non veniva proclamato uno sciopero aziendale. “Probabilmente, - ricorda uno dei senatori del giornale - l’ultimo sciopero risale al maggio 1996 quando il direttore Paolo Graldi voleva assumere come vice Bruno Costi, numero due del Tempo”. L’impresa di rianimare una redazione spenta è riuscita al direttore amministrativo Massimo Garzilli e al responsabile del personale Raffaele Del Noce, fedeli interpreti della rudezza dell’editore Caltagirone e dell’aggressività dei falchi della Federazione editori (primi fra tutti Alberto Donati, Andrea Riffeser Monti e, naturalmente, Caltagirone) nel momento in cui si fa calda la (non) trattativa sul rinnovo del contratto di lavoro giornalistico.
Alle cinque della sera di lunedì 7 novembre la redazione di via Chiatamone all’improvviso si accende. Gli uscieri distribuiscono a tutti un foglio; l’intestazione è “L’azienda informa”, la firma è di Raffaele Del Noce. Ai giornalisti viene comunicato che “in relazione alle giornate di sciopero, previste

l’8 e il 9 novembre, ribadiamo che, in accordo con il direttore, in tali giorni non si potrà usufruire di ferie e/o corte se non programmate precedentemente alla dichiarazione di sciopero”. Si creano capannelli spontanei e viene convocata un’assemblea
Raffaele Del Noce, Silvia Garambois e Paolo Serventi Longhi

con una sola parola d’ordine: sciopero. Il comitato di redazione (Paolo Barbuto, Enzo Ciaccio e Maurizio Cerino) si schiera con una formazione 2+1; Barbuto e Ciaccio vanno da Garzilli a trattare, Cerino si piazza a fianco di Giuseppe Crimaldi, che presiede l’assemblea. Il cdr prima chiede tempo, poi arriva Ciaccio per dire che Garzilli sta rilanciando e ha intenzione di richiamare i giornalisti in corta per fare uscire il giornale; dalla redazione del Messaggero intervengono in viva voce il segretario della Fnsi Paolo Serventi Longhi e il segretario di Stampa romana Silvia Garambois; gli animi sono infiammati e viene preparato un documento che proclama lo sciopero. Si susseguono gli interventi; tra gli altri, Pignataro, Romanetti, Cosenza, Donatella Longobardi, Marco Esposito. C’è qualche timido tentativo di frenata: il capo della redazione capitolina Gino Cavallo chiede di conoscere i primi firmatari del documento (Roma poi si schiererà con quattro voti contro lo sciopero e due astenuti), qualche altro fa presente che il giornale è stato in buona parte lavorato; a questo punto anche chi ha presentato emendamenti, come il capo degli Esteri Francesco Romanetti, si rende conto che è il momento di stringere e li ritira. Viene soltanto inserito, su proposta della Longobardi, un riferimento a una questione spinosa in piedi ormai da oltre sei mesi: la decisione unilaterale dell’Edime di cancellare il riposo compensativo di cui una decina di redattori usufruiscono da molti anni. Si va al voto e lo


Paolo Graldi, Paolo Mieli e Mario Orfeo

sciopero viene deciso con 70 voti a favore, 16 contrari e sette astenuti.
“La nota dell’azienda – osserva uno dei responsabili di settore – è una provocazione e un boomerang. Una provocazione perché 'ribadisce' che vanno utilizzate soltanto ‘ferie e

corte programmate precedentemente alla proclamazione dello sciopero’; ma l’annuncio della Fnsi è di venerdì 4 novembre e al Mattino, per prassi, il piano della settimana viene fatto dai capi settore la domenica. Va anche detto che nei giorni di sciopero c’erano in corta meno di venti redattori, un numero largamente al di sotto della media, senza contare che in passato l’azienda era tutto sommato favorevole allo smaltimento di corte e ferie arretrate. In ogni caso la lettera diventa un boomerang per l’Edime perché riesce a compattare le diverse anime della redazione e fa saltare un numero del giornale che l’azienda, per non perdere le inserzioni dei giorni successivi, aveva stracaricato di pubblicità”.
Subito dopo l’assemblea tutti a casa, mentre qualcuno azzarda un bilancio a caldo, con letture contrastanti. C’è chi vede un cdr rafforzato dalla redazione compatta a favore del terzo giorno di sciopero e chi invece lo vede più forte soltanto agli occhi di chi guarda il giornale dall’esterno. “Il comitato di redazione – nota uno dei critici - lo sciopero lo ha subito: l’assemblea si è autoconvocata, il documento è stato scritto da un paio di redattori”.
La lettera di Garzilli e Del Noce però non nasce a Napoli. “Venerdì 4 novembre – spiega Giovanni Rossi, segretario generale aggiunto della Fnsi – c’è stata la rottura definitiva delle trattative con la Fieg perché abbiamo

constatato che gli editori erano decisi a non concedere nulla. Avevamo accettato di congelare per due anni il contratto, chiedendo un’intesa su due punti: la sterilizzazione per il prossimo biennio degli effetti della legge 30 sul lavoro precario; l’introduzione di garanzie e


Alberto Donati, Andrea Riffeser Monti e Giovanni Rossi

regole certe per chi svolge attività libero professionale. In risposta abbiamo ricevuto l’offerta di un aumento, che dopo due anni, arriva a 120 euro al mese, il 4,9 per cento della busta paga base, inferiore persino all’aumento già riconosciuto ai poligrafici. Quando venerdì pomeriggio abbiamo proclamato i due giorni di sciopero è partita la controffensiva che nelle intenzioni di chi guida la trattativa, in particolare Donati, deve essere la più dura possibile. Così in diversi quotidiani è stata distribuita la lettera, con la formula “d’intesa con il direttore”, che vieta corte e ferie nei giorni di astensione dal lavoro. L’attacco ha una logica semplice: se la Fnsi intensifica gli scioperi, facciamo pagare fino in fondo l’astensione dal lavoro, martellando la busta paga, e fiacchiamo la resistenza dei giornalisti”.
Alla lettera targata Fieg le redazioni dei vari quotidiani hanno risposto in maniera diversa. “Al Corriere della sera e a Repubblica – commenta un ex membro del cdr del Mattino – i direttori l’hanno rispedita al mittente ed è stata subito ritirata. Ma Paolo Mieli e Ezio Mauro hanno storia professionale e spalle diverse da Mario Orfeo”.
Come al Mattino, al Giornale di Sicilia i giornalisti hanno reagito proclamando un terzo giorno di sciopero, quando è emersa con chiarezza la volontà dell’azienda di andare comunque in edicola, anche con forze ridotte all’osso.


Giuseppe Crimaldi, Donatella Longobardi e Luciano Pignataro

“Nei tre giorni di sciopero – denuncia Daniele Billitteri, segretario dell’Assostampa siciliana e redattore del Giornale di Sicilia – il quotidiano è uscito grazie al lavoro di undici unità su un organico di sessantuno (il direttore-editore Antonio Ardizzone, il condirettore

responsabile Giovanni Pepi,il redattore capo centrale Giovanni Rizzuto, cinque dei sei redattori capo, un capo servizio e due redattori, uno di Agrigento e l’altro di Catania) e una decina di giornalisti con contratto a termine”. Lo scontro tra l’azienda e la redazione è stato durissimo: ci sono stati picchetti davanti al giornale; mercoledì 9 novembre l’editore ha impedito l’ingresso in sede dei redattori che dovevano tenere un’assemblea con Paolo Serventi Longhi, che si è trasformata in una manifestazione con megafono davanti all’ingresso del quotidiano. Intanto il segretario provinciale del sindacato giornalisti Enrico Bellavia, con il cdr del Giornale di Sicilia (Virgilio Fagone, Antonio Ortoleva e Mariella Pagliaro) ha presentato un esposto alla magistratura per denunciare una serie di irregolarità, tra cui il fatto che nei giorni di sciopero nelle sedi periferiche erano in funzione otto postazioni, mentre i redattori in servizio risultavano essere soltanto due. Un’altra denuncia contro l’editore, per attività antisindacale, è stata presentata per non avere concesso la sala del giornale chiesta da Serventi Longhi per

tenere l’assemblea.
Clima meno incandescente al Mattino, dove nel pomeriggio del 10 novembre si è tenuta un’affollata assemblea di bilancio dei tre giorni di sciopero. Dopo la relazione riepilogativa di Gianni Ambrosino, capo redattore e presidente


Gianni Ambrosino, Enrico Bellavia e Bruno Buonanno

dell’Assostampa napoletana, e le dichiarazioni di Ciaccio per il cdr, è cominciata la serie degli interventi. Tra gli altri, hanno preso la parola Buonanno, Daniela De Crescenzo e Romanetti, che ha espresso soddisfazione per la compattezza dimostrata dalla redazione e qualche perplessità per l’andamento discontinuo delle scelte del cdr. L’intervento non è piaciuto a Ciaccio e allora il capo degli Esteri è stato costretto a dettagliare le perplessità, sostenendo che l’aggressività dell’azienda è lievitata per l’atteggiamento accondiscende della rappresentanza sindacale. In particolare Romanetti ha ricordato un “errore gravissimo” commesso a fine settembre quando in assemblea il cdr si impegnò a non far passare le innovazioni tecnologiche preparate dall’Edime, salvo far sapere con un comunicato, a distanza di poco più di una settimana, che le novità sarebbero partite, in via sperimentale, di lì a qualche giorno.
Il comitato di redazione ha quindi dovuto prendere atto della improvvisa ripresa di energia e di dignità espresse dall’assemblea e ha stilato un duro comunicato nei confronti dell’Edime e del direttore pubblicato, con la replica dell’azienda, sul Mattino dell’undici novembre.
L’assemblea ha anche dato mandato ai sindacalisti di intraprendere nuove forme di lotta e di agitazione, a cominciare da altre “ventiquattro ore di sciopero da gestire nei prossimi giorni nelle forme e nelle modalità che saranno


Daniela De Crescenzo e Claudia Marra

ritenute più opportune”, per dare un segnale chiaro e forte a Caltagirone, a Garzilli e a Del Noce. Il cdr annunciava inoltre “di aver preso contatti per avviare una vertenza legale collettiva nei confronti dell’azienda per valutare la sussistenza di violazioni del contratto di lavoro giornalistico sull’interpretazione di alcune norme: soppressione unilaterale del trattamento per lavoro domenicale retribuito al 55% integrato da riposo

compensativo; numero di giorni per la maturazione del godimento del riposo settimanale; trattamento ex-festivo, modalità finora utilizzate per calcolare le detrazioni economiche relative alle giornate di sciopero”. Inoltre la rappresentanza sindacale informava che aveva preso “contatti, a livello locale e nazionale, con l’Ordine dei giornalisti italiani e con la Fnsi per valutare eventuali violazioni alle norme deontologiche e sindacali che regolano il rapporto direttore responsabile-redazione, alla luce di quanto contenuto nel documento della ‘Il Mattino spa’ del 7 novembre”.
La prima forma di protesta attuata è stato lo sciopero delle firme dei redattori e dei collaboratori attuato sabato 12 e domenica 13 novembre. Lo sciopero ha avuto un successo inatteso: tutti i redattori hanno ritirato la firma (a differenza di quanto accadde nel dicembre 2000, quando persino dirigenti sindacali non aderirono alla protesta) e la stessa scelta è stata fatta da collaboratori di tutti i settori. Tra questi hanno rinunciato a firmare una ex redattrice del Mattino come Paola Del Vecchio, ora collaboratrice da Madrid, il direttore del Tirreno di Livorno Bruno Manfellotto, Carlo Carione, Alberto Castellano, Enrico Fiore, Enzo Gentile, Fabio

Mandarini, Claudia Marra, Rosy Gargiulo, Guido Panico, Andrea Spinelli, Stefano Valanzuolo. Con una sorta di autocritica, il cdr ha centrato le due proteste successive sul blocco delle innovazioni tecnologiche avviate dall’Edime. Con una nota inviata il 13


Carlo Carione, Alberto Castellano e Enrico Fiore

novembre ai redattori, Barbuto, Ciaccio e Cerino sostengono che “la revisione del sistema editoriale ha introdotto di fatto carichi di lavoro non connotabili nelle mansioni prettamente giornalistiche”. Da qui la decisione di non attuare dal 14 novembre due operazione che fino a qualche settimana fa venivano effettuate dai poligrafici: “l’inserimento dell’identificazione dell’autore dell’articolo sostituendolo con la parola ‘ospite’ e il trasferimento delle fotografie provenienti dall’esterno in area tipografica”.