concreta possibilità di fare chiarezza sulla vicenda), è necessaria una premessa di carattere metodologico:

Il pubblico ministero implicitamente lamenta la discordanza tra le versioni dei fatti fornite da persone che definisce “non propriamente disinteressate”, senza considerare però che si tratta per la maggior parte di cittadini extracomunitari che vengono escussi – nell’immediatezza dei fatti – da soggetti appartenenti all’Arma dei Carabinieri, che non sono forse i più idonei per svolgere le prime indagini su un presunto omicidio commesso da un carabiniere in servizio! (Prima dell’intervento del pubblico ministero!)

L’osservazione vale ancor di più nel caso di specie, in cui gli unici testimoni oculari del presunto omicidio sono il carabiniere-indagato ed il carabiniere-collega di pattuglia e subordinato dell’indagato!

Cerchiamo, a questo punto, di ricostruire i fatti sulla base delle dichiarazioni rese il 5/6/03, il 7/6/03 ed il 10/10/2003 dalla sig.ra Kadiatou CISSE:

A seguito di telefonata in cui si chiedeva l’intervento dei Carabinieri per agevolare il ricovero forzato in ospedale di Mohamed CISSE (che da giorni si rifiutava di mangiare), due Carabinieri (CERQUA e IACOLARE) giunsero in casa.

Nell’aprire la porta sia Kadiatou che la sig.ra Wanda BRANDOLANI si impaurivano perché uno dei due Carabinieri entrava in casa impugnando con entrambe le mani un mitra.

Il Carabiniere col mitra puntato contro Mohamed gli diceva: “alzati dobbiamo andare in Questura, ti dobbiamo mandare al tuo paese, dammi il permesso di soggiorno”.