Tagli Mattino: il cdr firma,
vota, si dimette e va in ferie

GIRANO COME FANTASMI per i corridoi di via Chiatamone; la scena è quella di ‘1997, fuga da New York’: ognuno cerca di trovare da solo una strada per difendere il suo spazio, sempre più piccolo. Dopo un accordo al ministero del Lavoro che ha autorizzato l’azienda a tagliare ventiquattro ‘esuberi’, a chiudere la redazione di Roma e a intervenire pesantemente su straordinari e corte, i giornalisti del Mattino si ritrovano senza comitato di

redazione, hanno 'sospeso' i rapporti con la Fnsi e non ce n'è neanche uno che chieda di convocare un’assemblea per indire nuove elezioni. Intanto il direttore amministrativo Massimo Garzilli, sulla carta in pensione da diciotto mesi in realtà al suo posto


Maria Chiara Aulisio, Paolo Barbuto e Paolo Mainiero

come sempre, e Mario Orfeo, che l’otto luglio ha festeggiato sette anni da direttore, hanno dato il via dal primo luglio alla cassa integrazione a rotazione e dal sei luglio al nuovo organigramma. In redazione le presenze più vive sono gli operai che spostano tramezzi e scrivanie, mentre l’unico sussulto arrivato dai redattori è la comunicazione all’azienda di non versare più la quota all’Assostampa e/o al cdr. In prima fila, e non è una novità, il consigliere nazionale dell’Ordine Maria Chiara Aulisio che ha firmato una lettera di disdetta delle trattenute sindacali insieme a una decina di cronisti. “Il giorno dopo la firma dell’accordo – spiega il redattore di giudiziaria ed ex cdr Giuseppe Crimaldi – mi sarei aspettato che qualcuno dell’Assostampa si facesse vivo per spiegarci i motivi della spaccatura tra Fnsi e Napoletana da una parte e comitato di redazione dall’altra. Invece non abbiamo visto né sentito nessuno. Perciò, con l'Aulisio, Barbuto, Mainiero, Marassi, Pappalardo, Roano e altri, abbiamo deciso di dare un segnale forte per dire che non ci sentiamo rappresentati da questo sindacato”.
Rivediamo allora i dieci giorni che, come li definisce uno dei redattori che all’improvviso si è trovato ‘in pensione’, “hanno fatto del Mattino un giornale di terza fascia, con scelte disastrose sul versante sindacale e comportamenti


Luigi Roano e Giuseppe Crimaldi

vergognosi sul piano dei rapporti umani”.
Nella notte del 22 giugno (se un’intesa sindacale non si raggiunge nella notte già si capisce che non è un granché) una parte del cdr (Marco Esposito, Pietro Treccagnoli,

Nicola Battista e, “per presa d’atto”, Antonio Troise) firma l’accordo per lo stato di crisi con l’azienda e con la Federazione editori. Mettono a verbale il loro dissenso la Fnsi e le associazioni stampa di Roma e Napoli.
Per il pomeriggio del 23 il cdr convoca un’assemblea con all’ordine del giorno “illustrazione e discussione sui termini dell’accordo”. Esposito ne ripercorre i passaggi e, insieme a Treccagnoli, insiste sulla “buona fede” che li ha guidati nella trattativa, ma sull’intesa c’è il fuoco degli over cinquanta del giornale, da Gigi Di Fiore a Enzo Ciaccio, da Francesco Romanetti a Elio Scribani, ma anche di redattori più giovani come Fabio Jouakim. Si chiude con la nomina di una commissione elettorale, presieduta da Carla Di Napoli, che dovrà gestire il voto su due ordini del giorno presentati da Di Fiore e Scribani e approvati dall’assemblea. Bisogna votare in tempi stretti perché il primo luglio l’accordo diventa operativo, ma la formulazione dei quesiti, giudicata

non equilibrata, viene contestata da qualche componente del cdr in maniera pił che aggressiva. Il 26 giugno il presidente della commissione elettorale si dimette con una lettera inviata al presidente dell’Assostampa, ai


Marco Esposito e Elio Scribani

vertici della Federazione della stampa e a Maurizio Cerino, presidente dell’assemblea che ha indetto il voto. La confusione è massima, c’è un turbinìo di mail dalle quali emergono sconcerto, perplessità e critiche dure nei confronti dell’accordo. Il 27 giugno intervengono, via Ansa, la Fnsi e le associazioni stampa di Roma e Napoli: sono “preoccupate per il clima di tensione che c’è nella redazione del Mattino”; a stretto giro arriva la risposta del cdr: “il sindacato deve ascoltare le redazioni”. Ma forse l’intervento della Federazione della stampa muove qualcosa a via Chiatamone. Perde sostenitori la linea di un ostruzionismo che faccia slittare il voto a luglio quando l’accordo sarà operativo e c’è chi punta a votare e far approvare l’accordo.
Il 28 giugno il cdr, a voce e con una lettera, presenta scuse formali al presidente della commissione elettorale e chiede di andare al voto; Carla Di Napoli accetta le scuse e fissa il voto nell’ultima giornata utile, martedì 30


Enzo Ciaccio e Antonio Troise

giugno. Dalle urne viene fuori una redazione spaccata e un risultato a due facce; l’accordo è  approvato con due voti di scarto, 45 a favore, 43 contrari, tre bianche, una nulla e un voto annullato; i ‘verbali’ su straordinari e corte sono bocciati con 48 no, 40 sì, tre bianche, una nulla e uno annullato.
C’è grande disorientamento e qualcuno si affretta a firmare il

modulo dell'azienda per non perdere gli straordinari, anche se ridotti. E il comitato di redazione che fa? La mattina del primo luglio arrivano le lettere di dimissioni dei componenti del cdr e i due protagonisti dell’accordo, Esposito e Treccagnoli, non sono al giornale e saranno assenti nei giorni successivi.
Il primo luglio si fa vivo invece il direttore Mario Orfeo che rende noto l’ordine di servizio sulla riorganizzazione dei settori del giornale, a cominciare dall'ufficio del redattore capo centrale dal quale esce Armando Borriello ed entrano Titti Marrone e Nando Santonastaso, che dall'otto luglio sono in gerenza. E, quello di Orfeo, è un ordine di servizio che può apparire punitivo nei confronti di chi, per difendere i diritti della redazione, si è speso in assemblea e ha firmato documenti non allineati ai desiderata dell’azienda. Alcuni esempi. Vengono spostati due cronisti della generazione di mezzo: Fabio Jouakim e Laura Cesarano. Il primo dal 6 luglio è stato allontanato dalla redazione del mattino.it e spostato alla Grande Napoli, la seconda, che alla Grande Napoli lavorava, è stata addirittura spedita nel purgatorio della

redazione di Caserta, dove aveva già 'scontato' quattro anni. È arrivato invece in cronaca Tullio De Simone, proveniente dallo sport, che aveva più volte domandato al capo dello sport Toni Iavarone il motivo dell’improvviso azzeramento delle sue ore


Toni Iavarone e Gigi Di Fiore

di straordinario e si era ritrovato sulla scrivania una lettera dell’avvocato di Iavarone che minacciava di querelarlo se non avesse posto fine alle continue richieste di spiegazioni. E, con il capo settore che fa rispondere dal suo legale alle richieste del cronista, il Mattino probabilmente stabilisce un altro non invidiabile primato.
Le novità dell’organigramma non sono esclusiva dei ‘peones’, ma hanno toccato anche i capi. Francesco Romanetti, uno degli animatori storici della resistenza alle forzature dell’azienda e componente del cdr che diciotto mesi fa ha ottenuto la condanna di Caltagirone per attività antisindacale, non è più ‘comandante’ del settore esteri, che guidava da molti anni, ma si ritrova retrocesso a ‘sub comandante’. Orfeo ha infatti accorpato interni ed esteri affidandone la guida a Armando Borriello che per ragioni di anagrafe (sessantadue anni da compiere a dicembre) era tra i prepensionandi, ma evidentemente è stato 'salvato' dal direttore.
Nella sua storia al Mattino, giornale nel quale è entrato nel luglio '82, Borriello, che nasce cronista sportivo, ha già incrociato il settore esteri. Venti anni fa,


Armando Borriello e Francesco Romanetti

interrogato dal giudice del lavoro Filippo Ingala, l’allora direttore del Mattino Pasquale Nonno giustificò il trasferimento di Lavinia Cavalletti dalla redazione di Roma a Napoli  perché a suo giudizio era indispensabile sostituire Armando Borriello, ritenuto del tutto ‘inidoneo’ a lavorare agli esteri.
Accanto ai ‘colpiti’ ci sono i

contenti. In cronaca, anche se come redattore ‘di scrittura’, l’ormai ex cdr Treccagnoli si sentiva sprecato; con la riorganizzazione del 6 luglio Titta Fiore è il capo di cultura e spettacoli, con due responsabili di settore: Luciano Giannini per gli spettacoli e Treccagnoli per la cultura.