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“Ogni morte
di presidente”
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UNA VOLTA (ma credo ancor oggi), per indicare un evento che accadeva molto di raro si utilizzava l’espressione ‘ogni morte di papa’. Riflettendo sui miei oramai prossimi 35 anni di iscrizione all’Ordine dei giornalisti della Campania (praticante dall’ottobre del 1990 e professionista dall’ottobre del 1993), ritengo che la locuzione riferita all’inquilino più importante dei sacri palazzi potrebbe tranquillamente essere modificata nella più realistica: ‘ogni nuovo presidente dell’Ordine dei giornalisti della Campania’. Sì, perché dal lontano 1990 ho avuto modo di conoscere i nomi di tre papi (Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco), ma di due soli presidenti dell’Ordine dei giornalisti della Campania: Ermanno Corsi e Ottavio Lucarelli, che quest’anno si accinge a tagliare il traguardo dei 18 anni (commissariamento incluso) da quando nel giugno del 2007 è diventato presidente, pareggiando in |
questo modo i conti con Corsi.
Per evitare che il successore di Lucarelli possa già organizzarsi per eguagliare il primato di Giovanni Maria Mastai-Ferretti, che sul trono di |
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Benedetto XVI, Francesco e Giovanni Paolo II |
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Pietro, con il nome di Pio IX, restò seduto per 31 anni e 7 mesi (11.573 giorni consecutivi, a voler essere pignoli), non sarebbe più opportuno limitare a due soli mandati (come oggi accade per sindaci e governatori) l’incarico di presidente dell’Ordine?
Che ci sia bisogno di aria nuova all’interno di una professione che conta più disoccupati che occupati, non è certo una notizia. Anche per questo ritengo (e spero di non essere il solo) che anche a Napoli ci sia bisogno di aria nuova. E non solo di quella che si può respirare affacciandosi su via Partenope.
Difatti, varcare la soglia dei locali della Casina del Boschetto, prima, e poi di quelli di via Santa Maria a Cappella Vecchia; incrociare gli stessi volti che occupano le stesse poltrone su cui sedevano anche dieci o vent’anni prima, continua ad essere – lo confesso - come assistere ad un riepilogo delle 6.600 e passa puntate di Un posto al sole, la soap opera ambientata a Napoli, dove gli attori invecchiano assieme al personaggio che interpretano.
Attori! Attori consumati che, come diceva una vecchia canzone di Giorgio Gaber, ‘dicono la battuta e ascoltano l’effetto’.
È accaduto il 17 gennaio di due anni fa, quando l’Ordine di Napoli fu commissariato per disposizione del ministro della Giustizia Carlo Nordio, a causa delle palesi irregolarità commesse nel corso delle elezioni per il rinnovo del consiglio del 24 ottobre 2021 (formalmente denunciate dal sottoscritto e da altri venticinque giornalisti, a cui era stato impedito di votare). Elezioni ripetute, con buona pace di coloro che si erano resi responsabili di una così grave (e anche costosa, per le casse dell’Ordine) violazione.
Un preambolo che più di qualsiasi altra considerazione permette di comprendere quanto sia distopica e, sotto molteplici aspetti, poco trasparente la normativa che regola la vita dell’ente di autogoverno della professione giornalistica, che in Campania conta oltre diecimila iscritti, diversi dei quali hanno estrema difficoltà nell’esprimersi in un italiano compiuto e corretto, come ho avuto modo di verificare da componente |
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Ermanno Corsi e Ottavio Lucarelli |
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effettivo della Commissione esaminatrice per la 89° prova di idoneità professionale per giornalisti (ottobre 2006 - marzo 2007).
Comunque sia, molto più ‘illuminante’- per capire come vanno realmente le cose a |
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Napoli e anche a Roma (quartier generale dell’Ordine) - è stata l’esperienza di componente del Consiglio di disciplina territoriale, del quale ho fatto parte dal gennaio 2022 allo scorso dicembre (e, prim’ancora, nel periodo 2016-2017). Un organismo super partes, i cui nove componenti sono nominati dal presidente del tribunale, sulla scorta delle candidature (12 professionisti e 6 pubblicisti) indicate dal consiglio dell’Ordine campano. A questi giornalisti spetterebbe – il condizionale è d’obbligo – il compito di vigilare sul rispetto delle regole deontologiche, che per uno che svolge con cognizione di causa la professione di giornalista non sono proprio poche. Ma in quale modo?
È proprio rispondendo a questo quesito che emergono le contraddizioni di una professione che non risponde più alle esigenze di un mondo che è cambiato (non saprei dire se in meglio o in peggio) anche nel modo di fare informazione. Difatti, l’anacronistica normativa che attualmente disciplina l’attività del Consiglio appare più volta a rallentare che non a rendere efficiente l’attività del Disciplina. Per rendersene conto sarà sufficiente dare una scorsa alle delibere approvate il 5 settembre e il 21 novembre 2023 dall’organismo presieduto da Ottavio Lucarelli, che regolano l’attività del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei giornalisti della Campania. Ma non solo.
All’incongruenza istituzionale – chiamiamola benevolmente così - va certamente sommata l’anomalia ambientale. Nello specifico, la mancanza di spazi fisici idonei (ulteriormente ridotti dopo il trasloco dell’Ordine in via Partenope) e di una segretaria part-time, a cui affidare la custodia dei registri e la registrazione delle audizioni. Richieste minime, che avrebbero permesso il corretto svolgimento delle attività dei tre collegi e del consiglio stesso. Ma, probabilmente, ritenute troppo onerose da un Ordine che, qui in Campania, gestisce diverse centinaia di migliaia di euro l’anno.
Con queste deficienze, non c’è da stupirsi se i tempi che hanno scandito l’attività del Consiglio di disciplina si sono dilatati a dismisura. E molto peggio sarebbe andato se non fosse stato per la perseveranza di Bianca Desideri nel voler superare tutti gli ostacoli (istituzionali e ambientali) |
che, puntualmente, hanno intralciato l’attività dell’organismo, di cui era diventata presidente nel dicembre 2023.
Un esordio, quello della Desideri, condizionato da un esposto-denuncia |
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Giorgio Gaber, Carlo Nordio e Nico Pirozzi |
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(presentato dal sottoscritto nel luglio 2023), che chiamava in causa colei che l’aveva preceduta nell’incarico, nonché una componente del consiglio stesso. Le dimissioni di entrambe non chiarivano, però, le presunte omissioni (comprese una serie di incomprensibili e ingiustificate cancellature con il bianchetto dai registri di protocollo).
Questo, senza voler ricordare la singolare e alquanto bizzarra decisione del Consiglio di disciplina nazionale, che chiamato a far luce sull’increscioso episodio descritto nell’esposto-denuncia, decideva di affidare al Consiglio di disciplina ‘competente’ per territorio qualsiasi decisione in merito. Detto in altro modo, è stato come il voler affidare a un giudice il compito di giudicare sé stesso.
Oltremodo incomprensibile appare anche la decisione di ‘privare’di un componente il Consiglio di disciplina, non essendo, nell’arco di ben dodici mesi (gennaio-dicembre 2024), avvenuta la nomina per la sostituzione del consigliere dimissionario. Prova lampante di una manifesta volontà di stoppare l’attività di un organismo che, probabilmente, non piaceva a tutti.
Se, nonostante tutto, il Consiglio di disciplina ha continuato ad operare nel corso del 2024 è solo per la caparbietà della presidente Desideri (che si è fatta carico anche del ruolo di segretaria), ma anche e soprattutto per la disponibilità offerta da alcuni colleghi chiamati a svolgere un ruolo di supplenza per colmare il vuoto presente in uno dei tre collegi.
L’elenco delle incongruenze istituzionali (compresa la decisione di non dare alcuna pubblicità ai provvedimenti assunti dai singoli collegi) e di quelle ambientali, registrate nel corso di questi tre anni, non si esaurisce in questa nota, che è una doverosa testimonianza nei confronti di tanti colleghi giornalisti, le cui istanze ho cercato di rappresentare al meglio. |
Nico Pirozzi |
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