Vollaro: giudici diffamati,
per il Mattino è il terzo ko

È STATA DEPOSITATA l’otto maggio l’ordinanza della terza sezione civile della Corte di cassazione che ha confermato la condanna dell’editore del Mattino Francesco Gaetano Caltagirone e dell’ex direttore Mario Orfeo per avere diffamato con alcuni articoli i giudici della sezione Misure di prevenzione del tribunale di Napoli.
Ricapitoliamo in sintetesi la vicenda. Il 4 gennaio del 2007 il quotidiano napoletano dedica in cronaca un’intera pagina alla notizia che lo Stato deve restituire una villa di trenta stanze a San Sebastiano al Vesuvio al boss della

camorra Luigi Vollaro, detto ‘o Califfo. Nell’articolo, firmato dalla collaboratrice Amalia De Simone, si scrive di una restituzione che scatterebbe perché “la sezione misure di prevenzione dopo il sequestro non ha disposto la confisca”. È una bufala in quanto la confisca era stata invece disposta ed poi era diventata irrevocabile dopo la decisione della Cassazione del febbraio 2005. Di fronte ad un attacco così frontale e infondato tutti i

Achile Janes Carratù

giudici chiamati in causa (Giovanna Ceppaluni, Eugenia Del Balzo, Paola Faillace, Lucia La Posta, Enzo Lomonte), tranne il presidente della sezione Mario Cozzi, si limitano a chiedere al Mattino, attraverso il presidente del tribunale Carlo Alemi, la rettifica della notizia.
Qui scatta l’arroganza e l’autolesionismo dei vertici di via Chiatamone che traccheggiano, lasciano passare tre settimane per poi pubblicare una rettifica che, nella sostanza, non rettifica. Inevitabile parte l’azione civile con la richiesta di risarcimento danni affidata all’avvocato Achille Janes Carratù, mentre il Mattino è assistito da Francesco Barra Caracciolo.
Il 27 ottobre del 2009 arriva la sentenza della prima civile del tribunale di Roma; il giudice Anna Mauro condanna l’editore, il direttore e la cronista che ha scritto l’articolo a pagare ai cinque magistrati 50mila euro “per i danni morali” e i due giornalisti a versare altri diecimila “a titolo di riparazione pecuniaria". Dispone anche la cancellazione della notizia dall’archivio on line del giornale e la pubblicazione di un estratto della sentenza sulle pagine del Corriere della sera e del Tempo. La decisione del primo grado viene confermata dalla terza sezione della Corte d’appello (Giuseppe Lo Sinno, presidente e relatore, consiglieri Angelo Martinelli e Filomena Ruta), che condanna i ‘diffamatori’ a pagare anche settemila euro di spese legali. 
Serve ora una indispensabile digressione perché nella vicenda Vollaro c’è un’altra pagina buia dei dirigenti del Mattino, in questo caso non della redazione ma della società, in primis il direttore amministrativo Massimo Garzilli. Dopo la sentenza di primo grado viene notificata ad Amalia De Simone una citazione con la quale le si chiede di pagare 52mila dei 60mila

Vincenzo Lomonte

euro del risarcimento dovuto ai magistrati della Misure di prevenzione. Un tentativo che non è eccessivo definire ‘vigliacco’ di scaricare quasi per intero sulla giornalista la responsabilità della bufala.
Intendiamoci, la cronista ha sbagliato non controllando con cura la fonte che le forniva la notizia e ha diffamato i magistrati, ma le sue responsabilità sono decisamente ridotte rispetto agli altri protagonisti della vicenda. Innanzitutto i capi della cronaca,

con l’ansia dello scoop, l’avevano costretta a chiudere subito il servizio senza darle il tempo necessario per le verifiche. In secondo luogo su una materia così delicata non avevano utilizzato l’esperienza di decenni dei responsabili della giudiziaria. Ma soprattutto potevano chiudere il macroscopico errore con una pronta e adeguata rettifica, come chiesto dai magistrati.
L’incredibile contenzioso si è chiuso nel maggio del 2015 con la richiesta del Mattino di avere un contributo per le spese legali di quattromila euro, coperte con un assegno del fondo antiquerele della Federazione della stampa. Intanto Amalia De Simone è riuscita a continuare il suo lavoro sul fronte della legalità collaborando con media locali e nazionali e nel gennaio scorso era tra i quaranta cittadini premiati al Quirinale per il loro impegno dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Siamo arrivati finalmente all’ordinanza della Cassazione (presidente estensore Sergio Di Amato, consiglieri Uliana Armano, Giuseppina Luciana Barreca, Francesco Maria Cirillo, Chiara Graziosi) che ha confermato la condanna del Mattino aggiungendo altri 4500 euro di spese legali.