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funzionari pubblici, giudici tributari e politici… questo francamente no, non ce lo aspettavamo”. Aveva dimenticato stagnini, pedicuristi e elicotteristi.
Sarà l’età, pensavamo con affetto filiale. Ma la prosa era quella, vigorosa, asciutta, indignata e allo stesso tempo disperata.”C’è il dato allarmante di una radicata contiguità, complicità, correità con comportamenti ed aree di illegalità e criminalità”. C’era tutto lo sdegno genuino del partigiano, lo stesso che si dissocia quando la madre, nel ’33, chiede la grazia per lui, detenuto politico a Pianosa. “È come se la città e la società fossero un’ampia zona grigia”. Che tempra, nonostante gli anni. E che lucidità.
L’editoriale esce sul Roma, ed è il 20 marzo 2012. Allora non può essere, purtroppo, il presidente pipatore. Ma ci rassereniamo subito leggendo la firma: Giulio Di Donato. Un altro socialista, un altro garofano rosso, ”già consigliere comunale, |
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assessore e vicesindaco di Napoli, deputato per tre legislature, giornalista”, come riporta il suo sito che per mancanza di spazio non completa la biografia. Ci viene in aiuto la Repubblica del 24 gennaio 2004 che a pagina 20 completa i cenni biografici dell’uomo venuto da Calvizzano: “Confermata dalla Cassazione la condanna definitiva a tre anni e quattro mesi di reclusione per Giulio Di Donato. L' ex vicesegretario del Psi di Bettino Craxi è stato ritenuto colpevole del reato di corruzione nel processo sulle tangenti relative alla privatizzazione del servizio di nettezza urbana a Napoli”.
Con lui fu condannato l’altro florovivaista Raffaele Mastrantuono. Altri tempi, tempi bui e forcaioli, era l’epoca di Mani pulite di Antonio Di Pietro.
Ma il tempo è galantuomo e l’apparenza spesso inganna.
Ceci n’est pas une pipe, avrebbe detto René Magritte. |
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