De Gregorio non è eletto,
ma incassa diecimila voti

HA INCASSATO 9741 voti, risultando a Napoli di gran lunga il più votato tra i candidati della Democrazia cristiana, ma non ce l’ha fatta a conquistare un seggio in consiglio regionale perché il suo partito non ha raggiunto il quorum fissato al 3 per cento. Dunque una sconfitta e una vittoria per Sergio De Gregorio, personaggio dalle cento attività, tra cui giornalista, editore, manager, uomo di spettacolo e uomo d’affari. Durante la campagna elettorale il candidato della Democrazia cristiana Ha ricordato, sulle pagine del Dossier magazine, il quindicinale che edita e dirige, le sue molteplici attività con una

lunghissima biografia dall'incipit che è riduttivo definire enfatico: “Parlare del Sergio De Gregorio giornalista, è un po’ come raccontare la storia dell’ultimo quarto di secolo del millennio da poco concluso”.
Dalle urne De Gregorio esce con una sconfitta

Silvio Berlusconi e Antonio Martusciello

perché anche in questa tornata ha fallito l’obiettivo del seggio e con una vittoria perché in un partito neonato, la Dc di Gianfranco Rotondi, con una candidatura definita in chiusura di lista ha dimostrato di valere diecimila voti, bottino tutto personale, stracciando un consigliere regionale uscente come Aniello Giugliano (5153 preferenze), l'ex segretario provinciale del Cdu Ermanno Cossiga (3673 voti) e l’ex consigliere del comune di Napoli Salvatore Varriale (3579 voti).
Già alle regionali del 2000 De Gregorio era sceso in campo sotto le bandiere di Forza Italia ed era stato schierato nel listino del candidato presidente Antonio Rastrelli, ma dal voto uscì trionfatore l’altro Antonio, Bassolino. L’anno successivo, alle politiche, era deciso a riprovarci, sempre con la casacca di Forza Italia, ma si vide sbarrata la strada dall’uomo di Berlusconi in Campania, Antonio Martusciello. Cercò l’appoggio di Giuseppe Gargani, responsabile Giustizia del partito e fino all’ultimo sperò di entrare in lista. Fu deluso e ci rimase male, molto male, prendendosi subito una piccola rivincita. Sul quotidiano on line Dossier magazine, sempre da lui edito e


Ermanno Cossiga, Aniello Giugliano e Gianfranco Rotondi

diretto, firmò un fondo, dal titolo ‘Tutto secondo copione’, con un durissimo attacco ai “magistrati comunisti” che, a suo giudizio, in campagna elettorale coinvolgevano in indagini sui camorristi Antonio Martusciello, candidato della Casa delle libertà alla

poltrona di sindaco di Napoli. E la sua indignazione contro i pm lo spinse a scrivere di essere pronto, “rivendicando il proprio diritto-dovere di cronaca, a utilizzare perfino la violazione del segreto istruttorio quale strumento di difesa politica della libertà d’espressione”. Una premessa forte che gli consentì di citare nel suo articolo vari passaggi delle indagini che vedevano protagonista il candidato del Polo.
Due mesi fa De Gregorio era finalmente sicuro di essere candidato ed eletto. “Ho lavorato per un anno – racconta – per preparare il voto d’aprile. A metà febbraio le liste non erano ancora definite e sono partito con i manifesti sei metri per tre presentando la mia candidatura come presidente di ‘Italiani nel mondo’, l’associazione che ho costituito cinque anni fa, e utilizzando la grafica e i colori di Forza Italia. Poi è arrivato il via libera sul mio nome dei vertici nazionali del partito: Gianstefano Frigerio, coordinatore dei dipartimenti; il coordinatore degli Enti Locali, Mario Valducci, e il suo vice, Francesco Colucci; il coordinatore dell’Organizzazione Claudio Scajola; il vice coordinatore nazionale Fabrizio Cicchitto. A quel punto sono partito con i

manifesti sei per tre con il simbolo di Forza Italia. Il giorno della chiusura delle liste Maurizio Iapicca, primo nome di Forza Italia nel listino di Italo Bocchino, è andato a pranzo da Berlusconi, che senza alzare gli occhi dalle carte gli ha detto:’Su De Gregorio soprassediamo,


Fabrizio Cicchitto, Maurizio Iapicca e Claudio Scajola

non voglio casini a Napoli’. Ho preso atto della decisione e ho accettato la candidatura nella lista della Democrazia cristiana di Gianfranco Rotondi”.
Perché il frego blu sul suo nome se i dirigenti romani del partito erano tutti favorevoli alla candidatura? “Martusciello – spiega De Gregorio – si è presentato da Berlusconi con lettere di dimissioni firmate da lui, dal fratello Fulvio e dal alcuni sindaci di Forza Italia ponendo un aut aut: o noi o De Gregorio. E Berlusconi che lo accontenta, o forse lo accontentava, sempre ha scelto. Ho avuto i primi rapporti con Martusciello nel ’97 quando demmo vita al Giornale del sud, costola napoletana del Giornale (il quotidiano di Paolo Berlusconi, ndr), con la Edicity, una società di cui io ero presidente e Martusciello amministratore delegato. Del consiglio d’amministrazione faceva parte anche un mio amico, Valter Lavitola, presidente della società che edita L’Avanti! (quotidiano di cui De Gregorio è direttore editoriale, ndr) ”.
Da cosa nasce l’ostilità con l’ex coordinatore campano di Forza Italia? “I motivi sono due: la mia indipendenza e l’amicizia con Lavitola, impegnato da anni in un duro braccio di ferro con Martusciello. Sono una mina vagante perché non sono controllabile. Alla spalle di Fulvio Martusciello i due eletti di Forza Italia nel Napoletano sono stati Luciano Passariello e Ermanno Russo, che hanno raccolto poco meno di undicimila voti. Non è un azzardo ipotizzare che, in campo con Forza Italia, avrei raccolto almeno quindicimila voti, piazzandomi al secondo posto. In consiglio regionale, in tandem con Ermanno Russo, che a livello nazionale fa riferimento a Scajola, avremmo


Valter Lavitola, Fulvio Martusciello e Ermanno Russo

potuto organizzare gli scontenti di Martusciello, che ormai sono tantissimi, e mettere in un angolo il fratello Fulvio”.
Che cosa farà ora? “Continuerò a fare politica all’interno della Democrazia cristiana, con l’incarico di vice presidente nazionale, in

quanto responsabile di Italiani nel mondo. L’altro vice presidente della Dc, che è una federazione con varie anime, è il leader dei Verdi Verdi, Laura Scalabrini, che, candidata alla presidenza della Regione Puglia, ha contribuito alla sconfitta di Raffaele Fitto. Intanto è cominciata la migrazione verso altre sponde di esponenti di Forza Italia, che è ormai allo sbando. L’anno scorso sono stato nominato responsabile Mezzogiorno del partito di Berlusconi. Dopo la mancata candidatura, io non mi sono dimesso e nessuno fino ad oggi mi ha chiesto di farlo. Un piccolo episodio che però fa capire il livello dell’attenzione riservata al Sud. Per dirla in romanesco, a Forza Italia del Mezzogiorno non gliene può fregà de meno”.