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Mattino e cdr: rotte
le relazioni sindacali |
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ALL’INCONTRO CON il nuovo comitato di redazione, fissato per la mattina del 9 marzo, il direttore amministrativo del Mattino Massimo Garzilli, che ufficialmente è in pensione dal gennaio 2008, e il responsabile del personale Giovanni Santorelli sono arrivati impreparati. Soprattutto Garzilli, seduto nel suo ufficio, pensava di limitarsi a dettare tempi e condizioni dei contratti di solidarietà e del terzo stato di crisi, ma si sbagliava.
Ha esordito dicendo che il cdr non doveva scrivere comunicati sugli incontri con azienda e direttore. Il riferimento era alla nota con la quale il sindacato aziendale aveva richiamato con fermezza il direttore Alessandro Barbano a mettere in campo una migliore organizzazione del lavoro in linea con il “piano presentato dall'azienda improntato al risparmio e a una foliazione |
ridotta in modo da poter consentire a tutti di smaltire le ferie arretrate”. Aggiungendo che “ogni forzatura su questa materia” sarebbe stata ritenuta “dall'assemblea dei giornalisti de Il Mattino una provocazione”. Garzilli ha quindi messo |
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Alessandro Barbano e Massimo Garzilli |
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sul tavolo le sue richieste: firmare subito l’accordo per il terzo stato di crisi (il primo nel giugno 2009, il secondo nell’ottobre 2012) che dovrebbe partire tra un anno o forse due, a seconda dei fondi stanziati dal governo; creare per i contratti di solidarietà elenchi di redattori di serie A e di serie B: i componenti dell’ufficio centrale, i responsabili e i vice dei settori esentati dal taglio di quattro giorni al mese dello stipendio con il sacrificio economico scaricato per intero sui peones. E ha incassato un no fermo e documentato su tutta la linea.
Il comitato di redazione (erano presenti per la sede centrale Gerardo Ausiello, Marisa La Penna, Luigi Roano, e, per le redazioni distaccate, Adolfo Pappalardo) ha replicato che riteneva del tutto fuori luogo parlare oggi di uno stato di crisi che arriverà, se arriverà, nei prossimi anni. Ha infine definito improponibile l’ipotesi, che Garzilli sosteneva appoggiata in pieno da Barbano,
di concentrare la ‘solidarietà’ (si ipotizza un taglio della retribuzione del 20 per cento) soltanto sui redattori senza gradi e sui contratti a termine,
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Antonino Pane e Sergio Troise |
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quindi già pagati con gli stipendi più bassi.
I componenti del cdr non si sono limitati ai no; hanno anche contestato i numeri che il direttore amministrativo esibiva, mettendo in evidenza gli sprechi che vengono fatti per le collaborazioni degli esterni e dei pensionati, |
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con tagli da operare sulla quantità degli interventi e sull’importo dei compensi: i quattro, cinque e persino sei fondi che affogano la prima pagina con pezzi spesso di scarso interesse, il cui seguito occupa le ultime due pagine del giornale, mentre il Messaggero di Virman Cusenza in prima pagina pubblica la metà degli editoriali. E, come avevano già fatto nell’incontro con Barbano di qualche giorno prima, hanno ribadito la necessità di riportare all’interno del giornale alcune pagine monografiche (come la nautica, affidata al pensionato Sergio Troise) e la gestione di questioni centrali per la città come il porto (gestita dal pensionato Antonino Pane).
Di fronte al muro di no e alle puntigliose contestazioni il conte Garzilli ha perso il consueto aplomb usando parole molto ruvide. A quel punto l’incontro si è chiuso con la rottura delle relazioni sindacali e la richiesta di una convocazione a Roma da parte della Fnsi e della Fieg per riprendere la trattativa.
Il Mattino non è tra le principali preoccupazioni dell’editore Francesco Gaetano Caltagirone che ha delegato alla figlia Azzurra la gestione del declino del primo quotidiano del Mezzogiorno e in questa prospettiva l’usato |
sicuro del direttore amministrativo in pensione rappresenta una garanzia. Ma se si pensa invece a un consolidamento e a un eventuale rilancio del giornale un problema serio rischia di essere proprio Garzilli che ad agosto compie settanta anni, siede sulla poltrona di |
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Adolfo Pappalardo e Luigi Roano |
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direttore amministrativo dal 1982 (in trentatre anni ha lavorato con otto direttori) e ha sul groppone una condanna a un anno e otto mesi di reclusione per bancarotta fraudolenta che non diventerà mai definitiva e morirà, o forse è già morta, di prescrizione perché la sentenza di primo grado depositata il 21 luglio del 2011, in appello è stata assegnata alla sesta sezione penale, presidente Antonia Gallo, che però non ha ancora fissato la prima udienza. |
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