Ordine, si riapre
il caso Trevisan
IL 7 APRILE 2001, a Fuorigrotta nella sala che separa il Palapartenope dalla birreria, il rito annuale dell’approvazione del bilancio dell’Ordine dei giornalisti campani venne scosso dalla relazione dei revisori dei conti. I revisori segnalavano passaggi poco chiari del documento contabile da sottoporre al giudizio degli iscritti. Perplessità confermate da Luciano Nobili, esperto di contabilità pubblica, al quale Iustitia aveva chiesto di ‘leggere’ il bilancio consuntivo 2000. In particolare dalla relazione dei revisori dell’Ordine

emergevano quattro punti delicati.
Il primo: “Sulla voce attivo di cassa (oltre 487 milioni di lire, ndr), rileviamo come tale consistente importo non abbiamo avuto modo di verificarlo perché in realtà, dalle precisazioni fornite dal tesoriere e dal ragioniere Costantino Trevisan, nonché dalle note esplicative sulla situazione patrimoniale al 31


Silvio Campione e Mario Simeone

dicembre 2000 pervenute si tratta, in realtà, di aggregazione di più voci che indicativamente andrebbero a formare, impropriamente, l’attivo di cassa”.
Il secondo: “Ricordiamo che i versamenti agli enti previdenziali vanno effettuati nei tempi stabiliti dalla legge. Dai mandati esibiti, riguardanti – ad esempio - la retribuzione mensile corrisposta al ragioniere Costantino Trevisan, emerge che tali adempimenti vengono ancora procrastinati alla fine dell’anno solare. Tale procedura espone a gravose multe il datore di lavoro (Ordine regionale dei giornalisti) che allo stipendio mensile deve fare seguire – tempestivamente – i versamenti”.
Il terzo passaggio: “Non è stato possibile verificare la posizione assicurativa del ragioniere Trevisan, in quanto, allo stato, mancano i documenti individuali per il riscontro dell’accredito dei contributi rispetto a quelli versati per tutto il periodo per il quale corre l’obbligo assicurativo”.
Infine il quarto punto: “Per quanto riguarda il trattamento di fine rapporto (tfr), la consistenza dello stesso non si è avuto modo di verificarlo materialmente. Si evidenzia, però, come il calcolo della eventuale somma accantonata non


Vincenzo Di Vincenzo, Nunzio Ingiusto e Alfonso Ruffo

rispecchia, nella sua congruità, la effettiva entità rispetto all’anzianità di servizio maturata dal ragioniere”.
In calce alla relazione la firma di due giornalisti professionisti: Silvio Campione e Mario Simeone. Il terzo componente del collegio, il

pubblicista Nunzio Ingiusto, prese le distanze e fece una dichiarazione all’assemblea: “Il consuntivo presentato dal consiglio è migliore del precedente e abbastanza vicino al preventivo approvato l’anno scorso”. Due mesi più tardi, alle elezioni per il rinnovo degli organismi ordinistici, Ingiusto venne eletto consigliere nazionale, mentre nel collegio dei revisori Campione e Simeone furono sostituiti da Vincenzo Di Vincenzo e Alfonso Ruffo, editore e direttore del Denaro e giornalista economico che nell’assemblea dell’aprile 2001 aveva teorizzato: “Il dibattito tra giornalisti deve volare alto. Certo non può essere una fattura storta o diritta a condizionare il voto sul bilancio”. Il bilancio venne approvato con otto voti contrari, sette astenuti e un numero largo, ma imprecisato di favorevoli.
La segreteria campana di Autonomia e solidarietà, formata da Patrizia Capua, Antonio Fiore e Enzo Palmesano, appuntò la sua attenzione sulla situazione oscura di Trevisan, napoletano, sessantasei anni, dal '74 al '76 impiegato del Circolo della stampa, dal '79 dipendente di un ente pubblico come l’Ordine regionale dei giornalisti, con contributi non pagati o versati in ritardo e un tfr “incongruo”. Dal luglio 2004 Trevisan è in pensione, ma ha

conservato all'Ordine la sua scrivania e il suo lavoro; non è più dipendente, ma consulente.
Nel gennaio 2002 i segretari di Autonomia indirizzarono al direttore provinciale dell’Inps, Giuseppe Giangrande, una lettera, allegando il


Patrizia Capua, Antonio Fiore e Enzo Palmesano
bilancio e la relazione dei revisori, per invitarlo a verificare la posizione assicurativa del dipendente dell’Ordine regionale. Con una nota tre mesi più tardi segnalarono di nuovo le “gravissime carenze nella gestione dell’Ordine”, che erano state denunciate da diversi giornalisti intervenuti all’assemblea per l’approvazione del bilancio. Nel giugno del 2002 Capua, Fiore e Palmesano, assistiti dall’avvocato Giuseppe Fusco, presentarono un esposto alla procura della Repubblica di Napoli, che venne assegnato al pubblico ministero Ida Frongillo.
Un anno dopo, nell’assemblea per il bilancio 2003, Ermanno Corsi, che dal 1989 presiede l’Ordine dei giornalisti della Campania, fece un riferimento all’esposto di Autonomia e solidarietà incomprensibile per la gran parte dei giornalisti presenti.“Un contrattempo previdenziale – disse Corsi – che non meritava un esposto in procura . Una situazione comunque risolta grazie all’opera del ragioniere Russo, che ha fatto la navetta con l’Inps”. Il “contrattempo previdenziale”, secondo i dati forniti da Trevisan, è costato all’Ordine “oltre dodicimila euro, una metà per i contributi non versati e l’altra metà di multa”. Non è però chiaro chi ha pagato i dodicimila euro: se ne è fatto carico chi aveva la responsabilità dei mancati versamenti (il consulente


Francesco Bufi, Ermanno Corsi e Luciano Nobili

del lavoro? l’impiegato Trevisan? il presidente Corsi? il segretario Bufi? il tesoriere Landolfo?) o l’importo è stato scaricato sulle traballanti casse dell’Ordine regionale, da anni indebitato con l’Ordine nazionale.
Forse aveva ragione Corsi a parlare di un semplice

“contrattempo previdenziale”, o forse aveva torto. La risposta arriverà ora dalla magistratura. Il giudice delle indagini preliminari Lucio Aschettino ha infatti fissato per il prossimo primo dicembre un’udienza camerale per tagliare il nodo dell’esposto di Autonomia. Da un lato ci saranno i firmatari dell’esposto, dall’altro, nella veste di indagato, in quanto giuridicamente responsabile dell’attività dell’Ordine, il presidente Corsi, assistito dall’avvocato Domenico Ciruzzi, fino a qualche giorno fa presidente della camera penale.
Che succede il primo dicembre? “Il gip ha davanti tre strade: – chiarisce l’avvocato Fusco – decide per l’archiviazione dell’esposto; se ritiene che dagli atti emergano indizi sufficienti per una richiesta di rinvio a giudizio, ordina al pm di formulare l’imputazione; chiede al pubblico ministero di svolgere ulteriori indagini”.