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A metà degli anni Sessanta Ansaldo lascia la direzione e l’esortazione diventa ‘leggete Pacileo’. E leggevamo i resoconti sportivi di Giuseppe Pacileo e spuntavano i santi: d’incanto eravamo al San Paolo e ci sembrava di sentire l’orchestra del San Carlo che cadenzava lo spartito dei suoi articoli. E capivamo che quello significava essere giornalista. E che i consigli di nostro padre erano giusti, come al solito.
Abbiamo rigustato il San Carlo, credeteci, sabato 23 febbraio quando il Corriere del Mezzogiorno di Marco Demarco ha chiesto un commento a Pacileo per la morte di Hasse Jeppson, 87enne svedese che fu calciatore del Napoli dal 1952 al 1956, biondo, atletico, discontinuo

e sciupafemmine (si, quello dei 105 milioni e del Banco di Napoli…) acquistato da Achille Lauro che, dice Pacileo, di calcio non capiva niente e che, aggiungiamo noi, forse utilizzò Hasse in alternativa al consolidato meccanismo del paio di scarpe pre e post elettorali.
“Se ne è andato anche lui, Hasse, non ancora molto anziano” dice il neo ottantenne Pacileo. E ancora “Addio Hasse e che la terra ti sia lieve”. Sottoscriviamo, con la speranza che Pacileo possa scrivere un ricordo per quando Edinson Cavani e Marek Hamsik andranno in pensione.
Perché Pacileo ci riporta all’infanzia, alla linotype che non esiste più, alla busta di latte triangolare e alle albe umide di nostro padre in via Roma.

‘Leggete Ansaldo’. Erano rare le occasioni in cui si compiva la magia dell’incontro casuale e desiderato (lui che rientrava da piazzetta Matilde Serao con la mazzetta dei quotidiani, noi che ci affrettavamo ad uscire per andare a scuola, perché una volta dai giornali si usciva all’alba, come si vede nei film).
E dalla tipografia, dove ogni dipendente aveva diritto a una busta di latte per difendersi dal piombo della linotype, si veniva fuori mentre gli spazzini cominciavano a cancellare la notte da via Roma, e piazzetta Serao a quei tempi si chiamava ancora Vico Rotto San Carlo. Noi leggevamo poi al pomeriggio gli editoriali del direttore del Mattino, Giovanni Ansaldo, e ci capivamo ben poco.