|
 |
Pignoramento casa
per Bruno De Stefano
|
 |
IL GIORNALISTA Bruno De Stefano è stato condannato a pagare le spese legali per un giudizio che aveva promosso ma a distanza di oltre quattro anni dalla sentenza non ha ancora saldato il suo debito. Il giudice della ottava sezione civile del tribunale di Napoli Fiammetta Lo Bianco il 3 dicembre del 2020 ha respinto la richiesta di De Stefano di un risarcimento danni da diffamazione per 25mila euro nei confronti di Nello Cozzolino, direttore del settimanale online Iustitia, e di Massimiliano De Francesco, direttore del mensile Chiaia Magazine. Quattro gli articoli ritenuti ‘diffamatori’: per Iustitia “Siani, un libro a |
tempo scaduto” e “Pacco alla giuria del premio Siani”; per Chiaia Magazine “Premio Siani, un furbetto sul podio” e “Questa foto non andava pubblicata”.
In diciassette pagine la giudice |
 |
Massimiliano De Francesco e Fiammetta Lo Bianco |
|
|
Lo Bianco smonta in maniera meticolosa tutte le argomentazioni dell’autore della citazione, assistito dai legali Paolo Leone e Francesco Cristiani, accoglie le tesi di Cozzolino e De Francesco, difesi dall’avvocato Paolo de Divitiis, rigetta la domanda di risarcimento presentata da Di Stefano e lo condanna al pagamento di 9mila euro di spese legali. Ed è una sentenza importante perché costituisce un freno concreto per chi pensa di poter presentare richieste di risarcimento anche non particolarmente fondate dal momento che non si rischia niente.
Dopo anni di assicurazioni sul pagamento delle spese legali qualcosa si è mosso soltanto l’estate scorsa quando è partito il pignoramento della casa che De Stefano abita a Somma Vesuviana. Dopo il pagamento a luglio e ad agosto 2024 delle prime due tranche tutto si è fermato. Sono seguiti altri mesi di annunci a vuoto e a novembre l’avvocato de Divitiis è ripartito con il pignoramento del conto corrente dove però c’erano poche centinaia di euro, perciò si dovrà procedere per la seconda volta al pignoramento della casa.
Per chiudere è necessario un riassunto della vicenda giornalistica che risale ormai a dodici anni fa. Il 24 settembre del 2012 nel salone del Mattino a via Chiatamone viene assegnato il premio Siani da una giuria composta da tredici membri: quattro componenti dell’associazione Siani (il fratello di Giancarlo Paolo Siani, Enzo Calise, Geppino Fiorenza, Adriana Maestro), due componenti dell’Assostampa (il presidente Enzo Colimoro e il segretario Cristiano Tarsia), due membri dell’Ordine dei giornalisti (il presidente Ottavio Lucarelli e il segretario Gianfranco Coppola), due del Mattino (il direttore Virman Cusenza e Daniela Limoncelli), due della università Suor Orsola Benincasa (il rettore Lucio D’Alessandro e Guido Pocobelli Ragosta); il presidente è il magistrato Armando D’Alterio.
Nei primi giorni di settembre del 2012 Iustitia scopre che può concorrere al ‘premio per la legalità’ un libro pubblicato “entro il 20 giugno” mentre |
 |
Paolo de Divitiis e Giulio Perrone |
|
il volume di De Stefano (‘Giancarlo Siani. Passione e morte di un giornalista scomodo’) si troverà nelle librerie soltanto a fine settembre. Nonostante la clamorosa |
|
violazione del bando il 17 settembre viene inspiegabilmente ufficializzata la vittoria del libro di De Stefano.
Il volume che è faticosamente arrivato in libreria riserva una allarmante sorpresa perché si chiude con otto foto, scattate dalla polizia scientifica della esecuzione di Giancarlo Siani all’interno della sua Mehari davanti al palazzo dove abitava. E alcune sono particolarmente raccapriccianti, quindi la loro diffusione è vietata, come stabilito da sentenze della Corte di cassazione e della Corte costituzionale.
Il direttore di Iustitia informa subito alcuni componenti del premio (il presidente D’Alterio, Paolo Siani, Cusenza, Lucarelli, Coppola), che cadono dalle nuvole, e si offre di girare loro via email copia dell’immagine raccapricciante e tutti dicono di sì, con l’eccezione del magistrato Armando D’Alterio.
Tra loro soltanto Gianfranco Coppola prende atto della novità delle foto impubblicabili e propone di non consegnare l’assegno del premio a De Stefano ma prevale la linea di congelare ogni decisone in attesa di non si sa quali approfondimenti. Dopo sette mesi di grande meditazione i componenti del premio Siani per la legalità compiono un piccolo capolavoro di ipocrisia inviando una lettera datata 5 aprile a De Stefano. “La giuria all’unanimità – scrivono i membri del premio – ritiene che le foto di Giancarlo Siani immediatamente successive al delitto siano raccapriccianti. In particolare la foto a pagina VIII è ritenuta particolarmente scioccante e desta impressione e raccapriccio in un osservatore di normale emotività e ancora più quindi nei familiari e negli amici di Giancarlo”. E quindi? “La giuria conferma il premio a De Stefano”. Un mese dopo avere incassato l’assegno il vincitore del premio Siani cita in giudizio Iustitia e Chiaia Magazine.
Ma come è finita la questione delle foto raccapriccianti? Nell’autunno del 2013, assistito dal penalista Cesare Amodio, il giornalista Mario Simeone, che è stato amico di Mario Siani, il padre di Giancarlo, il quale gli chiese di seguire il figlio nei suoi primi passi professionali, presenta un esposto alla procura di Roma (il libro era stato stampato nella capitale) per denunciare le foto impubblicabili. Il 30 maggio del 2016 il |
giudice del tribunale di Roma Francesco Patrone deposita un’ordinanza con parole definitive sulla questione. La foto contenuta nel libro “lede la dignità umana del Siani il cui corpo |
 |
Cesare Amodio e Mario Simeone |
|
|
viene inutilmente esibito come res e non come persona, senza nulla aggiungere alla drammaticità dell’atto conclusivo della sua vita”. Il giudice aggiunge anche che cinque mesi prima il governo di Matteo Renzi ha depenalizzato il reato e quindi l’editore del libro Giulio Perrone e Bruno De Stefano sono punibili ora con una sanzione amministrativa pecuniaria dai 10mila ai 50mila euro. Va detto anche che l'editore esce con dignità da questa vicenda perché ha ritirato le copie del volume incriminato e ha mandato in libreria una nuova versione senza le foto del cronista ucciso dalla camorra. Quindi se non ci sono più in giro foto raccapriccianti di Giancarlo non lo si deve ai componenti della giuria del premio Siani ma a un giornalista rigoroso e determinato e a un avvocato tenace e generoso. |
 |
|