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Pubblichiamo le email ricevute da Iustitia dopo la pubblicazione della notizia della sospensione delle pubblicazioni
Caro Cozzolino, mi spiace molto che Iustitia cessi le pubblicazioni. Vi leggevo con molta attenzione anche perché mi tenevate aggiornato sulla situazione dell'informazione a Napoli, interesse che nacque quando fui caporedattore centrale del Mattino (dal giugno 2000 all’ottobre del 2002, ndr), allora vivo e vitale, prima del lento declino.
In ogni caso volevo ringraziarvi per tutto quello che Iustitia ha fatto e mandarvi un solidale abbraccio. |
Marco Guidi |
Cara Iustitia cara,
apprendo con un dispiacere non sottile della decisione del direttore di interrompere, dopo 25 anni e 1083 numeri, le uscite settimanali. La notizia mi è entrata dentro come un pugnale invisibile. Fa un male cane sapere che un guardiano dell’informazione si ritiri dal campo e lo annunci così, all’improvviso, in un numero (speriamo che non sia l’ultimo) in cui racconta una vittoria schiacciante nel caso Siani-De Stefano.
Per carità, congedarsi con la storia di una battaglia vinta è azione nobile, tipica di chi sa connettere l’eleganza con l’intelligenza come succede ai grandi tennisti che salutano il pubblico nel momento propizio, senza aspettare il vano movimento del tergicristallo all’inseguimento della pallina. Non esprimerò nessuna solidarietà
per questa inaspettata interruzione: quella la lasciamo ai burocrati dei media, ai professionisti degli “acchiappaclic”, ai pubblicisti dell’ipocrisia. Invece, tengo con tutta la passione che ancora anima le mie giornate di letture e scritture, a esternare immensa gratitudine per il lavoro svolto, che in questi anni, tanti anni, ha contribuito ad alimentare, non solo localmente, il cosiddetto "watchdogjournalism”. Per questo motivo il male è cane perché temo che Iustitia da “watchdog" diventi in un amen “ghostdog”.
Di "molossi” e non di “fantasmi” abbiamo bisogno in questo momento in cui i giornalisti non fanno più i giornalisti, i cavalieri bianchi inneggiano su puledri falsi, le testate montano marchette colossali, le illegalità sono salite di rango per divenire “prassi comune”.
Sono grato per tutto ciò che Iustitia ha scritto e fatto, anche se non sempre ne ho condiviso azioni e motivazioni. Sono grato perché è riuscita a creare, in assoluta indipendenza e senza alcun contributo politico né pubblico, un avamposto di informazione alternativa, occupandosi, con rigore e ineccepibile forza documentale, di temi, notizie e “dettagli” puntualmente tenuti fuori dalle pagine del mainstream partenopeo e nazionale. Sono grato per come ha saputo alleggerire i carichi con pezzulli di memoria longanesiana e corsivi alla Fortebraccio.
Considerazione finale. La sospensione di Iustitia mi è stata comunicata da uno |
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storico denigratore del settimanale. Ciò dimostra, caro
direttore
caro, che i tuoi più grandi lettori sono stati i tuoi più grandi nemici. Un onore, questo, senza prezzo come i libri proibiti di un tempo.
Non dirmi niente, ma sei ancora in tempo per cacciare il fantasma e ritornare in te. Capisco la fatica, il peso degli attacchi, lo spettro delle querele, ma vuoi mettere tutto questo con il gusto e la tenacia di presentarti in campo con taccuino, sigaro, biro e il tuo archivio strepitoso?
Niente male cane, niente fantasmi. Ripensaci, watchdog.
Un abbraccio |
Fausto Molosso |
Da stamattina sono amareggiato. Difficile, quasi impossibile, da spiegare. Tanti sentimenti si intrecciano. |
Ubaldo Rainer Kronesberg |
Dispiace
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Valerio Caprara |
Ho letto tutto. In bocca al lupo |
Frank Cimini |
Caro direttore,
mi spiace moltissimo per la chiusura di Iustitia.
Finisce un mito. Da oggi siamo tutti più soli.
Vorrei capire perché hai deciso questo. Avevo pronte delle cose, ma mi rimarranno nella penna. Un abbraccio |
Maurizio Coppola |
Mi dispiace. È stata una voce coraggiosa. |
Franco Barbagallo |
Ciao Nello ho letto, mi dispiace molto! Mancherà la vostra voce |
Tarquinia Colonna |
La notizia della chiusura del settimanale Iustitia mi ha riportato indietro di 15 anni. Precisamente al 2008 l’anno in cui liquidai la mia società di produzione icarowebfilm, che nel 2003 aveva prodotto il primo film sulla vicenda di Giancarlo Siani, ‘E io ti seguo’. Il motivo fu lo stesso che porta oggi alla chiusura di Iustitia. L’attacco giudiziario e mediatico che ho subito per aver realizzato il film su Siani.
Nulla in confronto a quello scatenato da alcuni in questi anni nei confronti di Iustitia.
Conosco Nello Cozzolino, il direttore del settimanale, da 35 anni. Conosco lo scrupolo nel ricostruire i fatti, soprattutto quelli del mondo mediatico e giudiziario napoletano. E, non a caso, mi rivolsi a lui per farmi aiutare a ricostruire la vicenda Siani, dal punto di vista giudiziario, della quale mi occupavo dal 1985 (anno dell’uccisione di Siani).
Quello che esce fuori da questa vicenda è lo spaccato della classe dirigente napoletana di oggi che rispecchia quella dell’Italia. Se negli anni sessanta, per dirla con Raffaele La Capria, avevamo una classe digerente oggi quella classe ha fatto passi in avanti ed è passata a classe digerita e ora in attesa, nell’ultimo tratto intestinale, pronta a essere espulsa.
Possiamo solo augurarci che ciò avvenga presto e che, come recita una celebre canzone, “dal letame nascono i fior”. |
Maurizio Fiume |
[All'interno] |
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Dopo venticinque anni, 1083 numeri e 58 Ultime notizie
il settimanale di informazione online Iustitia sospende le pubblicazioni.
Sono stati anni faticosi, con momenti difficili ma anche ricchi di notizie esclusive e di servizi divertenti. Dal 2000 al 2004 è stata pubblicata la rubrica settimanale ‘Papere e papaveri’ firmata da Josef K. Byte, un giornalista dalla scrittura smagliante e colta e dall’umorismo folgorante.
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Antonio Ghirelli |
Le Papere del 2000 sono state raccolte in un volume edito dalla Magmata di Alfonso Gargano, che ottenne recensioni positive e giudizi entusiasti, tra gli altri di Antonio Bassolino, Gerardo Marotta e Antonio Ghirelli (“Un libro assolutamente irresistibile, che fornisce un quadro agghiacciante dell’attuale giornalismo napoletano. Con un umorismo genuino e debitamente feroce. Sono fiero di non figurare nell’indice dei nomi”).
Non tutti però hanno apprezzato il lavoro puntuale e documentato svolto da Iustitia e qualcuno ha cercato di bloccarne il lavoro con iniziative giudiziarie penali e civili. L’aggressione più violenta è arrivata nel dicembre del 2007 dalla squadra di comando di Repubblica Napoli (il capo è Giustino Fabrizio, il vice Ottavio Ragone e poi Giovanni Marino, Giantomaso De Matteis, Francesco Rasulo, Edoardo Scotti).
Nel novembre 2007 Iustitia pubblica una email di una quindicina di righe con la quale si sottolinea il silenzio di Repubblica Napoli e del Mattino sullo scandaloso accordo sull’ecomostro di Alimuri in costiera sorrentina e si domanda se a Roma il direttore di Repubblica “Ezio Mauro avrebbe operato la stessa scelta”. È stato evidentemente toccato un nervo scoperto perché parte un’offensiva che mira a distruggere il settimanale: un’azione civile con la richiesta di un risarcimento danni di 600mila euro, centomila euro per ciascuno dei promotori del giudizio. E viene alla mente l’immagine di Giampaolo Pansa che ricordava a Sarajevo i carri armati sparare sulle biciclette.
Comincia una lunga vicenda giudiziaria con i sei uomini di Repubblica che puntano a una prima vittoria immediata e presentano un ‘articolo 700’ e un ‘reclamo’, in entrambi casi respinti dai magistrati del tribunale di Napoli. Il processo davanti al giudice della terza sezione civile Ettore Pastore Alinante va avanti per due anni e mezzo fino al 21 luglio del 2010 quando viene depositata la sentenza. Pastore Alinante respinge la richiesta di risarcimento e condanna i sei giornalisti di Repubblica a pagare 16.427,25 euro di spese legali. Fino alla penosa richiesta di far slittare il pagamento e di rateizzarlo stoppata immediatamente
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Ezio Mauro |
dall’avvocato di Iustitia Paolo Emilio Pagano, scomparso due anni fa.
Va anche detto che se Iustitia ha resistito venticinque anni ai numerosi assalti giudiziari lo si deve soprattutto agli straordinari avvocati amici che hanno difeso il suo direttore: sul versante penale Giuseppe Fusco, Orazio Cicatelli, Giuseppe Vacca; sul fronte civile Paolo Emilio Pagano e Paolo De Divitiis.
Diverse le battaglie vinte, anche importanti, ma spesso anche la sensazione di una voce che grida nel deserto. Penso agli articoli sulle marchette della Rai di via Marconi di una quindicina |
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Il libro del 2001 Papere e papaveri |
di anni fa, con il cardinale Crescenzio Sepe presenza quotidiana, alla troupe inviata non a seguire la strage di Castelvolturno ma una gara di go-kart ad Avellino o ai servizi raddoppiati che sono addirittura in aumento nei tg campani del servizio pubblico senza che nessuno dei redattori se ne vergogni nel totale disprezzo del telespettatore che pure paga il canone e quindi lo stipendio dei giornalisti. Penso alla gestione dei vertici dell’Ordine dei giornalisti campani che non poteva peggiorare dopo la sconfitta di Ermanno Corsi nel 2007 ma ci è andata molto vicina. Penso alla responsabilità della chiesa napoletana sulla questione dei preti pedofili sulla quale il cardinale calabrese Domenico Battaglia, loquace sempre e su tutto, non ha speso una parola così come dall'agosto 2024 tace sulla presenza della ‘ndrangheta alla Facoltà teologica di Capodimonte.
Ma la voce di Iustitia che più ha gridato nel deserto risale al 2005-2008 e riguarda un parlamentare protagonista della vita politica cittadina: Francesco Borrelli, il cui nome circola per la guida della Regione (elezioni previste per l’autunno del
2025) o per la
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Giampaolo Pansa |
poltrona di sindaco di Napoli (il voto dovrebbe esserci nella primavera del 2027).
Nell’autunno del 2005 Iustitia pubblica un’inchiesta in più puntate su una televisione locale, Telereporter, che ha mandato agli esami scritti per diventare giornalista professionista diverse decine di praticanti; tra questi Borrelli. Dalla documentazione in possesso dell’Inpgi, l’allora istituto di previdenza dei giornalisti, viene fuori che Borrelli avrebbe svolto i diciotto mesi di praticantato in una redazione nel comune di Lamezia Terme che dista 390 chilometri di autostrada da Napoli e sarebbe stato
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Francesco Borrelli |
assunto come telereporter a contribuzione zero in quanto disoccupato di lunga durata (almeno due anni).
Nella documentazione fornita all’Inpgi c’è la lettera di assunzione controfirmata da Borrelli e il modulo da lui inviato alla sezione per l’impiego di Lamezia Terme per beneficiare delle agevolazioni previste dalla legge.
Ma che fa nei diciotto mesi del praticantato a Lamezia Terme il disoccupato di ‘lunga durata’ Francesco Borrelli? Fino al giugno 2004 lavora nello staff dell’assessore all’Ambiente del comune di Napoli Casimiro Monti e dal luglio 2004 è assessore all’Agricoltura della Provincia di Napoli, la terza d’Italia, con una busta paga che supera i seimila euro mensili. Siamo davanti a un clamoroso imbroglio certificato con documenti ma nessuno scrive una riga, né il Mattino né Repubblica né il Corriere del Mezzogiorno per non parlare dei tg campani della Rai.
Come può uscire dalla voragine rappresentata dalla sua nascita come giornalista il cavaliere bianco in lotta contro tutte le forme di illegalità, grandi e piccole? C’è un solo modo: versare all’Inpgi gli anni di contributi indebitamente percepiti e restituire all’Ordine il suo tesserino di giornalista professionista. |
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