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vedi, il titolo che potrebbe giustificare una vita grigia trascorsa a fare le pulci agli altri. Lo vedi, ma non l’hai scritto tu. Perché l’ironia strepitosa, la battuta fulminante, quella che scatena applausi a scena aperta e standing ovation, sono come il coraggio di don Abbondio. O ce l’hai oppure è inutile spremerti. E tanto più è magnifica quanto più è offerta in maniera discreta dall’autore: non sparata nel titolone a nove colonne, ma nell’incipit di un articolo.
Ci riesce nella sua edizione web
del 28 settembre il Corriere del Mezzogiorno di Marco Demarco (e credeteci, non poteva essere diversamente, perché se esiste un Giudice supremo del buonumore a mezzo stampa il primato non poteva andare ad altri pur volenterosi concorrenti).
Dunque il titolo dice “Scampia, trovato corpo decomposto / E la
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gente occupa uffici municipalità”.
Fin qui nulla da ridere, anzi.
Ma è sufficiente leggere l’attacco per capire come funziona quella faccenda di don Abbondio: “Il corpo di un uomo di 48 anni in avanzato stato di decomposizione, dall'apparente età di 20 anni, è stato trovato questa mattina nei pressi della «Vela gialla» di Scampia, a Napoli”.
Tutto racchiuso in poche parole che fanno piazza pulita di corsi di scrittura, stage per sceneggiatori, master organizzati dal Bagaglino alla quotidiana ricerca di un improbabile successore di Oreste Lionello o di un emulo di Enrico Brignano.
Tre righe: esattamente quante ne bastarono a Salvatore Quasimodo per condensare milioni di saggi e studi sul mistero, i drammi e il fascino della vita. Tre righe, 82 battute, spazi e punto finale compresi.
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